Sono sopravvissuta.

Bloccare l’avvenire
richiede tutte le mie energie,
ogni brandello della forza che già non ho.
Sono esausta.
Tento di smettere. Mi chiedo e aspetto.
Penso, e spero, di non esser la sola.
Desisto, ancora e per sempre.
Resto sospesa, a mezz’aria
tra il cedere al domani e il cadere nel vuoto.
Oppongo resistenza, più forte delle altre volte.
Ma è finita.
Meno male che è finita.
Oggi è già un altro giorno.
E piove.


Lacrime di prima mattina.

Pensieri tormentano le ossa intorpidite,
il braccio formicolante,
un piede fermo ad indicare il murales jazz sulla parete.
Era un momento di svago (di sfogo?)
ed è uscito bianco e nero.
Era l’istante prima di un bacio,
il bicchiere mezzo pieno,
un cuscino stretto tra le gambe.
Era una matita colorata,
il latte e menta la sera tardi
un fiore nato per caso.

Emozioni afferrano
gli occhi bagnati,
la mano lenta,
la gamba ben stesa a spingere sulla testata,
ché si dorme al contrario.
un attimo di sfogo (di svago?)
ed era nato un amore.
il minuto prima di mentire,
la pioggia quando ancora non tocca terra,
una brusca frenata all’incrocio.
È il calzino a strisce,
il caffelatte come buongiorno,
una montagna di vetri rotti.

Sono le parole rimaste in gola
le lacrime di prima mattina.


Dov’è il desiderio?

Perdere l’entusiasmo di vedere il sole sorgere
limitarsi all’oscurità della notte,
come un fardello che si porta al collo,
ti trascini avanti
a testa bassa, a spalle curve, facendo leva sulle ginocchia.
Non reggeranno ancora molto,
non troverai sostegno in forti braccia,
ché ti lascerai andare prima di ogni sollievo.
Accontentarsi dello scorrere del tempo,
lasciare spazio al silenzio,
non fare altro se non dimenticare
perché riempire l’abisso è impossibile
e anche se ci provi con tutte le energie,
son solo palliativi.
C’è il dolore,
la malinconia, l’inerzia.
C’è l’arresa.
Perdere l’entusiasmo di vedere il sole sorgere
è l’unico modo di saperti guardare allo specchio.

Dov’è il desiderio, posso chiederlo?