Il nido vuoto

Autrice: Irene Pussetto

 

Ho posato il telefono lentamente, non c’è più fretta. Mia madre, dopo un definitivo “fa’ come ti dico!” ha messo giù.

Non la richiamerò; che le resti il dubbio di una mia possibile disubbidienza, lei che sa sempre che cosa bisogna fare e dire, in ogni situazione, con chiunque….che conosce a memoria le regole del bon ton, che mi ha dato la vita per poi rendermela impossibile.

La mia mamma premurosa, che si vanta di me con le amiche, anche se per lei non sono mai brava abbastanza, bella abbastanza, disponibile abbastanza. La mia mamma con la quale andiamo a fare shopping, lei con una taglia 42, io con una taglia fluttuante, oggi 40, tra un mese 46, instabile e incerta, dice lei,  come il mio comportamento, come me.

Noi, le uniche donne della famiglia, che ci scambiamo i vestiti, le scarpe. Lei sempre perfetta, io che non riuscirò mai ad essere come lei, come lei mi vuole.

Sono sola in casa, nel mio piccolo nuovo alloggetto, nel mio nido sicuro, dove trovo un pezzetto di pace, con il mio studio, il mio lavoro, e Gian che amo alla pazzia; oggi è in giro per le sue ricerche ornitologiche, è partito stamattina che ancora dormivo, con il  binocolo e il cannocchiale nello zaino, un panino e via; se fosse qui con me forse starei meglio…lo chiamo sul cellulare, non c’è campo, lui almeno può difendersi dalle telefonate moleste!!!

Siamo soli in casa, il mio barattolo di miele e io. Ne compro sempre un vaso da un chilo, come faccio con la Nutella, perché non si sa mai, un momento di relax tra amiche, un bisogno improvviso di recuperare energie, una dolce sicurezza in mezzo a tutta questa amara  incertezza.

Faccio mente locale per recuperare qualche rapporto significativo di pronto soccorso: Marta è al cinema con il suo ragazzo, Gabry tra due giorni ha un esame, Sandro deve occuparsi del bambino che ha poco più di un mese…..mi restano il miele e la Nutella.

Prendo il barattolo, lo apro, ci affondo il cucchiaio mentre mi trasferisco in soggiorno. Accendo il televisore.

Il divano l’ho comprato da poco con il mio primo vero stipendio: mi accoglie nel suo ventre caldo e nero, e mi ci appallottolo lasciando fuori dal bozzolo solo la bocca.

In questa posizione mi sento al sicuro: proteggo quella parte fragile di me che sta proprio lì, al centro del mio corpo minuto, dietro l’ombelico. Un piercing smaltato color verde smeraldo con pagliuzze d’oro mi ricorda il mio lato debole, la mia immagine concentrata in questo piccolo punto.

Ora il cucchiaio preleva il nettare dal vaso e lo riversa nella mia avida bocca, le papille si attivano, la bocca si fa sempre più vorace…. ma non è la fame, né è il piacere che mi spinge a ingollare miele con ritmi sempre più frenetici;  è il gran vuoto che sento dentro, un vuoto immenso che sto cercando di colmare.

Questa sostanza cremosa che si scioglie a contatto col calore del corpo, che scivola velocemente nello stomaco, senza darmi il tempo di godere appieno della sua dolcezza… e rimpiazzo con un’altra cucchiaiata e un’altra ancora… e mi perdo in questo barattolo infinito.

Davanti a me sullo schermo del televisore intanto scorrono sempre uguali e distaccati corpi di ragazze, veline, a cui non riesco ad essere indifferente;  i miei modelli con cui vorrei fondermi per ritrovarmi finalmente a posto: perfetta.

Ma la vista quasi si annebbia, al diavolo la glicemia!, e in quel vuoto, proprio lì, dietro l’ombelico, un sogno, un desiderio, una paura …..non c’è più  il miele ma mia madre, lei che ho sempre avuto il timore di perdere e che ora, per magia,  è dentro di me; è lei la fonte della dolcezza che ora mi invade, che mi fa sentire appagata, sazia. So che questa è l’energia che mi serve per vivere e adesso è mia.

Ma nel mio corpo non c’è pace, mai, e la vedo passare nello stomaco in mezzo ad acidi potentissimi e poi scivolare più giù verso il piloro. Esce dalla cistifellea, un liquido verde smeraldo screziato di giallo, ha un colore intenso, freddo come i suoi occhi, amaro come i suoi giudizi, “non sono io che ti ho schizzato addosso questo fiele, mamma, adesso ti salverò”….. e ingurgito altro miele, miele che la  possa coprire, che formi su di lei un manto impermeabile. Ma di nuovo l’impotenza si para davanti a me, e vedo il verde confondersi con l’oro e lei che annaspa e chiede aiuto e ancora una volta mi sento incapace ed ho paura e so che tocca a me, che io sola posso salvarla.

Mi sento sempre peggio, in preda al panico, torna il senso di colpa e torna il terrore di perderla….la dolcezza svanisce, il sogno si disperde e la rabbia cresce insieme alla nausea;  non ho altro modo per metterla in salvo: due dita in fondo alla gola,  ed è libera, fuori di me, ma mai indipendente.

 

Sul pavimento non resta che l’acido rigurgito del mio ultimo tentativo di difenderla dall’amarezza, una  inutile cucchiaiata di miele liquido e puzzolente.

Passano pochi minuti o un’ora, mi sono appisolata; è ormai sera.  Arriva Gian con la sua aria trasognata, dal corridoio urla: -Ciao pulce, stasera ti preparo il risotto con le fragole…- si affaccia dalla porta del salotto, mi vede sul divano e capisce… . Posa lo zaino , pulisce il pavimento, stacca il telefono poi si siede vicino e racconta: – Quest’anno, a causa del gran freddo, molti nidi sono rimasti vuoti e si vedono volare in cielo coppie di adulti seguiti ancora dagli immaturi, senza prede per i piccoli.

Speriamo che il prossimo anno il tempo sia più clemente con le giovani aquile.-