Come artigli protesi

Come artigli protesi
nel cielo gelido
le tue mani
sono rami spogli
che ondeggiano
nel mio burrascoso mare.
Ed un grido
verso la ritmica luce del faro
squarcia il gemente affogare
del respiro.
Statue immobili
cadiamo sul fondo
dell’eternità
mentre le correnti dell’incoscienza
uniscono le nostre labbra
sull’arena di un’umida spiaggia.

 

 

 

È un bacio

È un bacio
che al desio
mio
dona l’abbraccio,
come lo spicchio
di una corona d’arancio,
e d’un soffio,
sopra le nuvole,
compare la Luna
di labbra tue
a far desiderare
le maree del cuore.

 

 

 

Il gabbiano

Hai l’aria assorta
con le ciglia ammainate
e la brezza del tuo respiro
che alle membra dona
un melanconico sciabordio.
L’ancora non hai gettato
e le maree del cuore
i tuoi pensieri portano alla deriva
come una barca
senza il conforto della costa.
Liquida vita ti sfiora
i morbidi polpastrelli
ma le ali non hai spiegato
ignorando il Sole e il suo calore.
Senza il suo Eolo dominatore
un vento di tempesta
soffia nemico tentatore
sulla scialuppa del tuo ardore.
Resto di guardia,
gabbiano osservatore,
senza osare un richiamo.
Solo le onde di luce si odono
e dipinta nei miei occhi neri
riempi il vuoto di un’anima
con tratti di pura bellezza.