A te

Siediti, cara
e la finestra apri all’aria nuova
mentre le gocce della passata pioggia
scivolano via lentamente.
Ascolta
il fuggir delle nuvole
nel cielo
mentre il sole ancora si riposa
e il vento
tentennar tra gialli fiori di mimosa.
Dimentica l’ameno strillar dei bimbi
lungo i viali domenicali,
e i pensieri galoppanti
dell’età tua abbandona.
Inascoltate lascia le chiacchiere del mondo
e sul tavolo in soggiorno
si arresti la clessidra dei ricordi umani.

All’abisso della tua anima
ritorna,
come sorgente buia
che nel folto di una foresta avvolta
tinta nei mille colori dell’autunno
custodisca, tra le placide acque del suo fondo
il segreto della vita.
Dona a quel bosco, una lacrima del tuo ego cittadino
e lascia che il vuoto si colmi di miele di roccia.

– Case come castelli di sabbia nel deserto
aprono cancelli sull’Infinito.


Oscurità

Un viale di ciottoli percorro
scalza
senza lasciare impronte.
Sulla sabbia, morirebbero al chiaro di luna
dalla marea sommerse
il cuore trasformato in astronauta.
In ginocchio, tra profumati gigli
e d’incensi il fumo intorno
un Tuo sussurro basterebbe, al mio orecchio
per ritrovare la persa esultanza.
Percorro spine di sentieri
scalza
ai lati, corolle spoglie al vento
di scoloriti petali son tinte le mie labbra.
Le mani, incatenate ai fianchi
-ascolto
ma le mie orecchie
odono solo un immensità di silenzio.


All’Italia

Riuscire comunque a provare amore
nonostante le ferite inferte
come un ruscello che puro sgorga
da un’alta fonte nascosta
tra cime di tempesta ghiacciate.
Senza rancore
oppure come il mare
che promette calma
e all’improvviso
si trasforma in alte onde
piene di furore.

Ma antiche tombe echeggiano versi
di un popolo che in guerra
ha saputo dimostrare
il suo valore e l’alto sentimento.

-Veni, vidi, vici?
Tu quoque Brute, fili mi?
Italia mia, dov’hai celato
di patriottici desii l’anima tua?
A chi assoggettasti il cuore, madre dei miei natali?
Or pugnasti, contro crociate bianche
quando dei papi sorgeva l’era.
Ora coi ghibellini
venisti a patti
e della ferrovia fu pieno il tuo bel seno.

E dopo il buio tenebroso delle masse
prostrate ai dittatori
dopo che morti furon quasi tutti i tuoi eroi
e Roma
rivide i tempi di Nerone
Tu di democrazia fosti incoronata.

Come fanciulle si rincorsero i palazzi
nella ricostruzione
come giovane sposa ti offristi in dono
alla novella scienza.
Grandi furono allora i nomi dei tuoi figli.

Ma dalla brama corrotti di potere
caddero in tanti.
E venne l’era delle manette pei polsini bianchi
e dei suicidi, dietro le sbarre.

E ora?
Dopo che l’uomo ha solcato i crateri della bianca luna
e il mondo, stanco, fiaccato dal malgoverno
soffoca nell’industria e nell’inquinamento?

Libertà vai sognando, e servo a un tempo
vuoi di novo il pensiero,
sol per cui risorgemmo
della barbarie in parte, e per cui solo
si cresce in civiltà, che sola in meglio
guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero!

Come epitaffio
titoli di giornale corrono ogni mattina
per le strade, narrando storie
che noi scriviamo con la vita.