Poesie
ABORTO
Le stratificazioni del cuore
sono sempre proporzionalmente opposte
a quelle dell’albero.
Violentando il volere dell’universo karmico,
troppo cedevoli a cause ambientali,
noi emozioni siamo governate da smog, cinismo ed egoismo.
Radi, fuggevoli germogli di verde vita
stentano a farsi strada fra il rancore e la ragione,
schiudendo le palpebre volgono la loro vulnerabilità
all’accecante, opprimente fiamma dell’esperienza,
che,
inesorabilmente, li atrofizza.
Spegnendosi gemono
Ponendo domande di rinata speranza
si lasciano morire tra le braccia del cieco ghigno
di madre desolazione e
padre cinismo.
INFIBULAZIONE
Quando l’esasperazione prende il sopravvento
si smarrisce il vero senso,
lo scopo unico e reale,
ciò che ti è d’ispirazione ti viene strappato dalle mani,
e non puoi fare altro che rimanere immobile, vuota,
attendendo il fallimento.
Con appiccicato addosso un diverso scopo
vieni costretta alla statica perdita d’identità,
obbligata a subire, senza poter intervenire
e t’affievolisci sempre più e ti lasci atrofizzare le ali
bloccate, incatenate, appiccicate a quella schiena troppo rachitica ormai,
per sopportare il peso d’un nuovo vincolo tanto indesiderato quanto
inatteso.
Voi,
insensibili, inaccusabili, estranei, inpalpabili angeli della morte
avete strappato alla protezione dell’oscura inaccessibilità la mia intimità
e sbattendomi per le vie,
sulle labbra del vostro chiacchiericcio il mio segreto avete usurpato,
mi avete reso nuda e indifesa,
indifendibile
dalle acute frecce della critica,
che ora lacerano la mia nudità impura.
Di nuovo,
sola e oppressa dal dolore della vergogna,
non posso far altro che rimpiangere.
Rimpiangere di non aver infibulato prima la mia fantasia,
quando ancora ero in tempo, quando ancora potevo salvarla.
Avrei dovuto proteggere la mia più profonda intimità,
prima che venisse da voi tutti osservata e pubblicizzata,
quando tale folla di parole vuote e sterili giudizi
ancora non s’era accalcata sotto la mia finestra sul mondo,
solo per commentare,
come si farebbe d’un grande dipinto al Louvre,
un semplice candido lenzuolo macchiato delle mie impurità.
Inginocchiata, annientata,
il sapore delle lacrime m’accarezza il viso,
incapace di consolarmi,
giaccio a terra, inerme,
dolorante per la perdita della mia verginità emozionale.
ULTIMA ISTANZA
E fu nella notte,
avvolta nel chiarore surreale di una colma luna,
che due lampi mi colpirono,
ed un sussurro spettrale mi fece rabbrividire:
“saresti stata sua”.
Il terrore s’impossessò di me per l’attimo fuggevole d’un brivido,
il clima divenne algido,
un battito di ciglia bastò a fami investire dai suoi occhi,
e a spogliarmi di loro in un solo istante;
la sua espressione percorse migliaia di miglia ed epoche
prima di riposarsi su me
familiare e glaciale come solo lui sai fare…
il sangue riprese a scorrermi nelle vene,
confortante fu la sensazione di fluida vita in me.
Non diedi adito alla miriade di macabri spettri
che si prospettarono nella mia mente,
intenta ad osservare i millesimali movimenti
che espressioni cupe crearono sul suo volto,
e che, corrugandogli il viso,
mostrarono la maniacale attività cerebrale retrostante.
Rinfrancata dalla sua ripresa di coscienza l’abbracciai,
inconsolabile spirito appartenente all’universo errato,
disperso, rassegnato a non trovarsi mai
e a doversi dominare sempre.
Nel grande gioco pirotecnico di piccoli soli,
che sempre si rincorrono l’un l’altro ciclicamente,
riconosce la sua metafisica chimera
tre stelle a destra dalla luna,
che l’attende.
Dall’artide all’antartide
solo la visione prospettica viene modificata,
ma i suoi sogni l’ osservano sempre da lassù,
quando Crono glielo concederà
li potrà carpire e possedere,
ed io li guarderò fiera introiettarli e realizzarli,
assimilandoli in lui.
Furono i suoi silenzi a ledere il mio orgoglio,
furono le sue mani attorcigliate a me come edera
a lenire il mio dolore,
furono i suoi occhi a pugnalarmi come lame.
Così mi attanaglia ignaro il desiderio
di essere il Marco Polo della sua misteriosa anima…
il Charles Darwin indagatore delle sue radicali trasformazioni emotive,
che gli calcificano addosso maschere che non è solito indossare.
Ora, con famelica alchimia,
strappami da me
e inglobami in te.