Teatro

Odore di polvere stantio
si mescola ai battiti del mio petto
come erba ipnotica.
Rosso sipario mi infiammi.
Magia del teatro, irresistibile per me
euforia tra le quinte
echi di applausi lontani.
Palcoscenico sei mio complice
divento Medea, Beate, animale, Dio.
Angeli dai loggioni guardinghi,
mi osservano.
Fantasmi dal passato leggendario danzano
sfiorandomi benevoli.
In fondo, nel penombra
ti scorgo come d’incanto
antico pianoforte.
Mille anni lontano
accanto a rose sfiorite del sofà
a tendaggi d’oro strappati dal tempo.
Mi attrai come allora
e mi sussurri,
finalmente sei ritornata.


Il mare che non ho

Provo rabbia infinita
ti devo lasciare ancora mare mio,
ancora
e ancora.
Ti osservo per l’ultima volta
è settembre
ladro spietato di gioia.
Onde ritornano,
sento il loro richiamo,
cristalli di candida schiuma mi invitano.
Mi immergo, come consacrazione.
Faccio parte di quel mistero blù, da sempre familiare.
Verdi alghe sui piedi feriti dai sassi
mi trattengono.
Non lasciarmi ad altre vite
voglio stare con te mare mio,
qui, adesso, con i tuoi profondi abissi.
Quando finirà
questa lunga scia di nebbia?
Valli, colline
mi portano lontano
dal tuo spazio infinito.
Autostrada di cemento e acciaio
come barriera,
perché lavi la salsedine dal mio volto?


Libertà del cuore

Lo spazio del mio cuore
è infinito
immenso, nella mia prigione.
Raggiunge luoghi isolati della mente,
cerca nei meandri di una vita,
nell’anima ormai stremata.
Lo spazio del mio cuore
è come neve sciolta
nelle mani stanche e gelide
ma ancora calde di passione.
Lo spazio del mio cuore
è libero di andare
ritrova dita mai sfiorate
incontri mai vissuti.
Incrocia treni
ormai lontani, vuoti, persi,
abbandonati.