Dalla silloge “come di seta l’inchiostro” (stilo 2012)

I poeti

Dentro alle vite sospese
nei soffitti di destini intermittenti
altalenanti e timidi
contando gli aquiloni.
I poeti guardano il cielo

Nelle pieghe dei ricordi
nei corridoi del tempo
attraverso le solitudini
appesi come drappi alle finestre.
I poeti guardano il cielo

Correndo insieme ai sogni
che sono solo un attimo
sorpresi per un debole sorriso
indovinato appena.
I poeti guardano il cielo

Per descrivere la solita luna
il passo delle stagioni
il lamento della risacca
l’involucro dell’anima
silenziosa e fragile.

Dentro al pressante divenire
I poeti guardano il cielo
restituendo l’orizzonte
la storia dei tramonti
e gli attimi dell’alba.


Dall’Antologia “ Tra sogno e realtà” (Wip 2013)

La Puglia dei campi

Storie di sole, ebbre di caldo,
narrate sotto al fico,
gustato a morsi,
che fa venire la voce dolce.
Storie impregnate di antiche usanze
e i bambini a ridere, felici.
Storie di case fresche e bianche
corrugate dal tempo.
Finestre di palpebre candide
con sguardi di occhi socchiusi,
ove si attenua il fuoco del sole.
Storie di terra dai tratti rossi,
gerani vermigli e ondeggianti trafori,
di tramonti preziosi nel cielo cangiante.
Storie di muretti a secco,
di viottoli tortuosi
per inseguirsi fin dentro alla vigna,
ai frutteti pregni e odorosi
mentre concertano le cicale.
Storie di anime millenarie,
lamento struggente
di ulivi nodosi, ritorti e cavi,
solcati dal maestrale.
Storie di grano, bionde, copiose
che partoriscono il pane
cotto nel forno a legna.
La scorza, bruna e ruvida
l’interno, morbido e pallido.
Storie di mani accorte
che impastano focaccia sapida,
abbrustolita bene,
rosmarino, pomodoro e sogni.
Storie attaccate a dorsi di colline,
a conche digradanti
che sempre, in lontananza,
volgono gli occhi al mare.
Storie lente di anguria e vino,
di notti incantate dal respiro salmastro
feconde, sotto il manto lunare.
Il vento sparge ogni profumo, qui,
dalle nostre parti.


Lo sbarco

Il vento andava disperdendosi con l’universo alle sue spalle, tempo inquieto ed austero.
Tutto era buio, silenzio e pioggia d’agosto. Lui abitava l’orlo della collina, all’apice del dirupo.
Alla fine di ogni notte vedeva lo scambio del buio con la luce e, in lontananza, scrutava il mare. Spesso scendeva per camminare lungo la costa o per sentire da vicino il suo rumore e chiedergli un destino.
Deriva, la nave era alla deriva, le onde tumultuose urlavano nella pancia del golfo, anime vagavano senza approdo.
Le mani di lei sporgevano aggrappate e sanguinanti dal legno dell’imbarcazione mentre sentiva sopraggiungere il freddo soggiogante. Intuiva facilmente la sua sconfitta. Custodiva un domani senza speranze, comunicava dolore e solitudine, aveva una storia sfiancante, una ferita aperta, un sogno infranto.
Sbarcata, come gli altri, lei veniva dal mare, dalla gola oscura della notte.
Intirizzita dal freddo, batteva i denti, rabbrividiva. S’arrampicava, gettando occhiate disperate verso l’alto, e lo scoprì, quella notte, dentro a un’ombra scura e imponente.
Lui la teneva stretta con lo sguardo, l’avvolgeva, l’aspettava.
Eccoli: occhi negli occhi, scambio di mondi, di domande, di possibilità e rinunce.
La raccolse, sfinita. I denti tremanti di lei furono accanto al suo sguardo. Il tremito divenne un accenno di sorriso sulle labbra livide e disseccate dalla salsedine. Lui la portava già in braccio. L’adagiò per farla riposare, fece sostare i suoi pensieri cullandola dolcemente.
Il sonno discese cupo e agitato.
All’alba s’incontrarono ancora, si dissero senza parlare, si compresero. Ancora sorrisero. Solo un lento sciabordio appariva ogni tanto ad interrompere il silenzio.
Non si chiesero nulla di ciò che non era più sotto i loro occhi, non trattennero la vita che debolmente palpitava dopo i cadaveri risucchiati dalla tempesta.
Frammenti di tempo venuti a sciogliere nodi.
Un orizzonte azzardato dentro alla foschia del mattino.
Come i riflessi del sole sul mare appena increspato di certe mattine d’estate, nello sguardo di entrambi si percepiva il luccichio di brevi bagliori di quiete.