Da “Canto per il Vajont”

 

Andiamo verso la tomba universale,

bendiamo i corpi,

ungendoli d’olio profumato

ché alla resurrezione di un

autunno dolce io penso

e non alle bare del legno

dei nostri boschi.

Né penso agli occhi dei bimbi

che non sanno più piangere.

Penso alle loro lacrime mute

che accendono il sole

davanti a quel campo di grano

che culla sconosciute anime,

al tiepido ventre di terra

che accolse in un abbraccio

i cari corpi induriti e freddi,

che gli occhi sbarrati di un Dio

davanti a tanto martirio

più non sanno pregare.


Da “Bivacco notturno”

 

Poeti,

perché cantate?

Non avete sentito

che le campane

sono mute

e le nuvole

soffocano le notti

di freddo silenzio?

Poeti

perché latrate uggiosi?

Non sentite le dolci voci

delle carezze

e il tepore del corpo

che scalda l’animo?

Poeti perché mai

la vostra voce

è così suadente

come il sonno

del primo aprile

che avvizzisce

i germogli non ancora nati?

 

Poeti

la vostra parola

è sole, è grandine, è tempesta

d’estate

……….

È autunno che avanza.


Da “Lettere dall’Ignoto”

 

Se ne va via la neve

bianca dea

e il fango calloso

risucchia il passo

che pesa come l’animo

che prega

e lo contorce e lo sprofonda

e i piedi feriti

mordono la terra

che invade

il corpo freddo

d’oscurità.

L’erba inselvatichita

e secca e impoverita

traccia uno spazio infinito

e il fluttuare del vento

rende la parola stanca.

Come siamo tenui sepolcri,

famiglie lontane,

esistenze grame,

grembi di terra

che posano leggeri

la guancia sull’ombra.

Come siamo ricordi

svaniti,

sorrisi incerti che il tempo

ha sepolto.

Il tuo viso mi appare

nel profumo del ricordo,

e sbiadito

rabbercia

il più disperato pensiero.

La sera acquieta il passo

e il cielo rabbrividisce

di febbrili nuvole spente

si spasma, si svuota,

espande luce, si oscura,

dimena il suo alitare

come serpente

e tutto all’improvviso tace.

Pioggia fine, pioggia torva,

pioggia nera

d’un anelito che slava

anche il sorso d’un sorriso.