In du

T’cì cun mè
in ‘sta Cisèna
ciutèda dal nóvli.

A scavidè al pscóli
a guardè se e’ zil
ancóra e’ prumét acqua
a surid dl’istés
ènca se e’ sol
u gn’è.

A sèm in dù int’e’ mì sogn.

Sogn ch’l’è un’umbrèla
ch’a arvés e ch’a ciud
senza savé e’ parchè.

In due. Sei con me / in questa Cesena / coperta dalle nuvole. // Ad evitare le pozzanghere / a guardare se il cielo / promette ancora pioggia / a sorridere ugualmente / anche se il sole / non c’è. // Siamo in due nel mio sogno. / /Sogno che è un ombrello / che apro e che chiudo / senza sapere il perché.

Cesena, novembre 2008


Mi diedero ali quando nacqui

Mi diedero ali quando nacqui
e una gabbia dentro cui rimanere.

Mi diedero le Ande i ghiacciai e il firmamento
ma in cambio si presero lo sguardo
ed il suo tocco sulla bellezza.

La vita, soprattutto la vita mi diedero
e un sepolcro dentro al quale ogni giorno
impaziente mi aspettava il destino.

08/12/05


Sogni di bambina

Credete forse che anch’io non sognassi sogni di bambina assieme alle bambole e alle altre bambine nei nostri salotti della domenica pomeriggio?
L’appuntamento più atteso della settimana!
Ci scambiavamo ricette preparavamo torte al terriccio con guarnitura di foglie, creme di bacca rossa e originale the inglese con l’acqua del fosso che lì accanto scorreva. Imparavamo ninne nanna, presentavamo a ciascuna le nuove nate, parlavamo già dei problemi che comportava l’essere piccole mamme. Chiacchieravamo per ore, dimenticandoci i libri, la scuola e tutto ciò che ogni giorno e a proprio modo ci costringeva a diventare grandi.
Non si dimenticò di esplodere una mina o una granata (mai sapemmo o ci venne detto…) che lì si trovava chissà da quando e che fino all’ultimo volemmo credere un tesoro da portare a tutti i costi alla luce.
Di noi tutte due subito passarono a miglior vita e alla sera una terza le raggiunse. Delle altre chi con il corpo o il volto e comunque la propria bellezza, ciascuna pagò il prezzo per la curiosità che ci rendeva bambine.
Da allora io per la vita costretta a sedere mi chiedo se chi lì la pose o la sganciò penso mai a tutte noi e al futuro che rappresentavamo, se mal volentieri lo fece assolvendo così ad un compito assegnatogli dall’alto o se per appagare qualche sentimento provato nei confronti del nostro popolo.
Mi chiedo se lei esplose per l’incapacità di non saper far altro o per omaggiare il tecnico e l’esperto che così perfetta la vollero, se perché stanca di aspettate colse l’attimo più propizio e distruttivo o se per invidia, lo fece, del nostro vivere così sereno e libero, lei invece nata per morire e far morire e che di tutte noi non seppe neppure essere il contrario.

Carpineta di Cesena,
febbraio – marzo 2006.