Miscela

Gazzaladra, mi hai tolto la vista,

salsedine, mi hai rubato il tatto,

acquaragia, mi hai inebriato l’olfatto,

bollente chai, mi hai annullato il gusto,

respiro, mi hai dirottato l’udito,

stella, mi hai accecato nei sogni,

selva, mi hai puntellato il corpo,

spiffero, mi hai sorriso nella folla,

affresco liberty, mi hai rinnovato i sapori,

frequenze alte e distorte, mi hanno azzerato nel capo,

etere, hai aperto l’occhio pineale.


Statue

Nella sala degli specchi

muovo, nudo e immobile,

i miei fantasmi.

Denudato muovo albe di un nuovo mondo,

coi piedi scalzi e assetati.

Illusione.

Immersione.

Violento il mio ego, le mie vergogne,

i miei pensierosi segreti.

Amo così tanto che arrivo dove non arriva il corpo:

ho già camminato , plumbeo, sulla Luna,

e ho corso, assetato di sangue, nella savana paglierina,

ho sorvolato aquilino i castelli della Loira,

e mi sono mosso nelle loro crepe formicolanti,

nelle increspature di travertino,

umido come un acaro.

Le paure sono padrone,

amo così tanto che ricerco l’immobilità.

Come le auree società vogliono i loro simboli,

sono imperatori viziati che reclamano monumenti,

sono oro che ricerca la sua Atena crisoelefantina,

sono marmo in cerca di uno scalpello,

in bilico sulle scogliere mediterranee, sul blu dell’oblio,

necessito l’immortalità.

E ho paura della folla che fugge,

del buffering, del busy, del processo.

Mi sciolgo su di te,

senza forma prendo forma nei tuoi vuoti

e solidifico

ceramico

o uno

oppure in frantumi.

 

Ma eterno è il fallimento

nella ricerca dell’eternità

ciò che resta tra l’uno e il tutto

ciò che modella il marmo

da pietra a icona

è l’urto

e la frattura.

Chi ama, come chi scrive,

scolpisce, eterna, la rottura.


Il passaggio

Fuori dagli esplorati spazi da ormai troppo tempo,

sul limite della tavola terrestre

dove i migratori persi e solitari vanno a morire,

dove i fiumi cercatori si lanciano nel vuoto.

Io, lì, in bilico, gioco sul precipizio

tra verità e falsità,

immanenza e trascendenza

senza paura del perimetro,

rotto.

 

Fluttuo tra i vapori di saturazione

sulla superficie della pece,

vivo dello strato limite,

turbolenze non completamente sviluppate,

strati viscosi ordinano e dissipano,

ma esplode la potenza in me e dovunque dilaga!

 

Il grande mostro,

la piovra dalle mille braccia si insinua ovunque

su per le rive dei grandi boschi,

nelle rumorose steppe solitarie.

Il mostro che trafigge tutti di vita ci sta chiamando,

il precipizio ti chiama.

 

Vola! Liberati ovunque!

La morte è esplosione

Ovunque metterai piede

quando il tuo carbonio sarà tornato in terra,

e nei più remoti aggregati stellari del profondo cielo

danzerà il tuo idrogeno,

il tuo siero curerà tutti i rigagnoli del nostro mondo.

Viviamo nella morte altrui

moriremo per la vita altrui.