L’AMORE NON HA TEMPO

dicembre 2011

Come è cominciato, non so,
forse gioco, forse sfida, puntiglio?
A che serve che spieghi,
è successo, è cominciato.
Chiuso, nascosto,
avvolto nel trasparente scrigno
dei miei sentimenti di ghiaccio,
un prezioso gioiello brillava.
Qualcuna ha provato a forzarne l’apertura.
Spaventata,
accecata dal riflesso di quella luce,
è fuggita,
lasciando che un piccolo spiraglio
rimanesse aperto
per altra che avrebbe saputo
starne alla pari.
Chi sa, per gioco, per sfida, puntiglio?,
sei passata tu davanti a quello scrigno,
sconquassando quell’eterno blocco di ghiaccio
fino a scioglierne ogni sentimento
e rubarne il suo prezioso gioiello
che ora ha un nome, il tuo nome:
“amore”.
Come un quadro
che riporta un commento per chi osserva
tu ci hai scritto:
«Impara,
l’amore non ha tempo perché chiami,
l’amore è solo per chi ci crede,
spaventa chi non ne vede la purezza,
fa fuggire chi non ama ricambiarlo,
è uno scoglio per chi non sa proteggerlo,
è una porta che lascia entrare chi lo cerca
con gli occhi e il cuore di chi non vuole
che essere amata,
l’amore è un blocco di ghiaccio
che non si scioglie
se non hai calore per amare.»

L’amore non ha tempo 62

Onda che hai travolto
un così freddo scoglio
tu sola puoi custodire
questo prezioso gioiello
che ora brilla nei tuoi occhi,
e che sulle tue labbra
disegna una sola parola:
“amore”.
Alla tua onda non voglio trovare riparo,
lascia che essa sempre mi sommerga
perché io non possa più risalire
per cercare un’altra che meriti il mio amore,
per trovare un’altra che sappia più di te
dolcemente amarmi,
per credere che in qualche tempo,
in qualche spazio, in qualche luogo
possa esistere qualcun’altra che io possa chiamare:
“amore”.


 

NATALE ANNI CINQUANTA

dicembre 1990
Che ne sapete voi
del Natale di tanti anni fa
quando aranci e mandarini
carichi di frutti
ce ne portavano inconsciamente il sapore.
Alcuni alberi erano in mezzo al nostro cortile,
i frutti cadevano per il vento,
noi potevamo raccoglierli di nascosto
e mangiarli con il rischio di essere picchiati.
Erano gli Anni Cinquanta:
mezza mela e un sorso d’acqua ogni giorno,
frutta intera nei giorni di festa.
Quelle piante colorate d’arancione
erano i nostri alberi di Natale:
non sapevamo che da qualche parte
erano abeti pieni di luci.
Com’era dolce l’attesa del Natale!
Mandarini e arance erano un richiamo irresistibile
con quelle bucce da utilizzare per la tombola,
esercizi di canto per la Messa solenne,
ore ed ore a provare l’Adeste fideles
con la mente tesa al 25 dicembre.
Quello era il più bel giorno per noi:
sulla tavola imbandita di ogni ben di Dio
avevamo perfino i bicchieri per l’acqua,
sparivano posate e scodelle d’alluminio,
per una volta usavamo piatti di ceramica,
e dalla cucina provenivano profumi
riservati a noi solo una volta l’anno.
Innocenza di un’età tanto lontana!
Non era l’avidità a farci divorare in fretta
quelle desiderate leccornìe
ma la tombola a fine pranzo
e la lotta per accaparrarsi il “cartellone”.
Che ne sapete voi
di quelle antiche tombolate!

Natale anni Cinquanta 32

All’ambo si avevano due mandarini,
al terno si aggiungevano due arance,
per quaterna due formaggini di cioccolata,
alla “quintina” un bel pezzo di torrone
e alla tombola tutto raddoppiava.
Rubavamo con gli occhi tutte quelle cose.
Qualcuno di noi più fortunato
tra poco le avrebbe avute tutte per sé.
Si stringevano alleanze
con i compagni più intimi e fidati,
si scherzava su ogni numero uscito,
ognuno conosceva più di un trucco per barare
quando a turno si aveva il “cartellone”.
Cosa è rimasto più di quel Natale!
Corse pazze per l’acquisto di tante cose inutili,
buste di spesa come se ogni giorno
non fosse già Natale;
nelle case si gioca grosso, si gioca pesante,
chi conosce più il fascino della tombola!
Chissà perché ancora oggi,
quando a dicembre mandarini e arance
riempiono negozi di frutta,
solo allora io sento
l’aria del Natale che arriva.
Mi rivedo a sbucciare quei frutti
per coprire i numeri della tombola,
e mi chiedo perché tanta malinconia.
Rivado alla tristezza di quei giorni pur felici,
quando forte mi assaliva il desiderio di una casa
e la mia famiglia erano bimbi che come me
si preparavano ai canti di Natale
con il desiderio di una tavola imbandita
e un sacchetto di numeri per cui litigare.
Oggi che abeti e luci addobbano strade e case
nei miei occhi rivedo quegli alberi
colorati d’arancione,
e rimpiango il Natale di tanti anni fa.
Ma voi…, che ne potete sapere.


BASTARDO

 

agosto 2015

All’uomo,
e alla sua cattiveria

Viaggio in autostrada nella stagione delle vacanze.
Un giorno qualunque, di traffico sostenuto…
Cosa fa quell’imbecille che più avanti mi precede!
Dal finestrino della sua automobile
un cane viene spinto fuori.
Cade, rotola sull’asfalto per la velocità.
Si rialza, zoppica… mio Dio,
su tre zampe si mette in corsa.
Automobili sfrecciano di lato:
è pericoloso fermarsi.
Resto a distanza, in linea di sicurezza,
cercando di coprire la sua traiettoria.
Quanta strada percorsa così, non so:
lui fisso, diretto avanti,
io lento, dietro, a fargli da scudo.
Se rallentasse proverei a raccoglierlo.
Mi sento inerme di fronte alla disperata forza
che fa correre quel cane
verso l’imbecille che era il suo padrone.
Mi si strappa il cuore
mentre la sua vita mi scorre avanti
claudicante come la sua disperata corsa.
Misero uomo, che mi fai testimone
di tanta umana spregevole cattiveria, …
tu sia maledetto!
Maledetto per tutte le volte
che lo avrai chiamato… “bastardo”.

Bastardo lo chiamavi,
e lui il primo a salutarti al tuo risveglio.
Bastardo!,
e lui l’ultimo ad accucciarsi al tuo sonno.
Bastardo!,
e lui il solo a dispiacersi nel vederti andare via.
Bastardo!,
e lui il primo a fare festa al tuo ritorno.
Bastardo!,
e lui pronto a darti la sua vita,
Bastardo!,
e lui a ricambiarti d’amore e fedeltà.
Per te, maledetto, lui era solo un bastardo,
lui per te, il tuo migliore amico.
Un cartello segnala un vicino punto di rifornimento.
Il cane sembra seguire una traccia.
Si porta a destra, entra nell’area di sosta.
Gli sono dietro, parcheggio, lo seguo a piedi.
Annusa d’istinto, e sfinito si accascia.
Un uomo è alla portiera di un’automobile.
Sorpreso, o forse infastidito,
osserva il suo cane che pure vorrebbe fargli festa.
Non si alza, ma trova ancora forza
per un ultimo scodinzolamento di coda.
Mi sembra di udire… “bastardo!”
mentre i suoi occhi si chiudono per sempre.
Chi lo sia stato fra voi due, nemmeno a dire.
Misero uomo, che tu sia maledetto.

Luigi Brancaccio