Poesie
Gennaio (di un anno qualunque)
C’è la tristezza giusta per scrivere due righe
e la catturo prima che mi scappi
come gennaio, che annunciato dagli scoppi
se n’è già andato via quasi in sordina,
e si è portato le promesse fatte
e poi non mantenute come un ladro
fugge stringendo le sue chiavi finte.
Mi lascia un’ex regina della strada
che porta fieri i segni delle prove
ed un ultimo oltraggio alla fiancata
Nel quotidiano campo di battaglia
c’è poca truppa fresca e grane nuove.
Il cielo è sempre nuvolo e non piove.
La prima notte di quiete
Mi volto a guardare i presenti
ma c’è soltanto lei
Ha un’essenza di sogno evaporato
Mi guarda ma non parla
A domanda risponde ma non dice
Ha uno sguardo autunnale
e nel suo viale di alberi secchi
mi trovo dolcemente a passeggiare
Per me non ha sorrisi
neanche un raggio di sole
solo un silenzio
appena punteggiato di parole
e poi il mistero e la malinconia
che i suoi occhi disegnano assai meglio
di un quadro di De Chirico
dentro ci sono io
per niente stanco dell’umano vizio
di amare quello che ci dà dolore.
L’indefinito (2014) 24
Non teme il tempo e la lontananza
spira più forte all’ora dell’assenza,
ma non è privazione, dona pace,
alleggerisce il tono dei colori
non vuole possedere ma soltanto
non deludere mai.
E’ delicato, sfugge la passione
conosce il suo binario e lo percorre,
non si dichiara ma semplicemente
non ne ha bisogno, per non disturbare
anche la gelosia che pure ascolta
nella sua casa va in punta di piedi.
La gente che lo osserva può scambiarlo
per un banale amore,
amore freddo, amore in bianco e nero
amore senza olio e senza sale
comodo diversivo al tempo grigio
che non si può cambiare.
Ma non è questo, viene da lontano
erano i giorni dell’isolamento
bella di sacrificio e tradimento
di nobiltà e di malinconia
sola nella penombra di una sala
lo attendeva una misera regina.
Un piccolo dono
Un piccolo dono
come se fosse l’ultimo
anche se fosse l’ultimo
per la teca dei ricordi
per la cripta dei sentimenti
per il museo a metà strada
tra le nostre case
dove sta scritto da qualche parte
“Piccolo dono
(forse di marinaio greco),
posseduto da nobile etrusca”.
Il vento
Di notte il vento gira di sovente
rabbioso intorno al muro che protegge
effimera la mia quiete. Inquietante,
e sempre più vicino alle mie stanze
adesso avverto il suo richiamo: – Adesso
facciamo i conti, adesso vengo a prenderti
e non mi fermerà fragile il sonno
che ti accompagna, ormai l’ora è venuta. –
L’ora, la più recente, la più ignota,
l’ora sospesa del tempo presente,
l’ora più tarda, quella in cui più nulla,
quella in cui tutto può ancora accadere.
Così rabbioso si racconta il vento,
come agli attori stanchi delle storie
che sembravano chiuse e li attendeva
ignari il sangue dell’ultimo atto.
Canto di una libellula
Danzo e mi sfogo, un demone tra gli altri
mi porge la sua mano ed io lo seguo,
mi trasformo in baccante, e mentre il mondo
prende a girarmi intorno, più non penso
a quel che sono e sono stata, a cosa
sarà di me, domani è un altro giorno.
Libera finalmente di volare,
libera finalmente di sognare,
libera di fermarmi e ripartire,
libera di cadere e farmi male,
di farmi prendere per poi scappare,
libera di morire, perché è un gioco
in cui si muore per resuscitare.
Danzo e mi sfogo, sono mia soltanto
e dell’amico demone che niente
chiede al mio corpo, niente alla mia mente
se non che di danzare, ed io mi perdo
nel vortice che avvolge il cielo e il mare.
E quando smetto perché sono stanca
si fa da parte e mi lascia andare.
La mano del destino
La mano del destino, la memoria
raccolta, delicatamente chiusa
e imbalsamata in un telefonino,
mausoleo di feticci, le chiamate
involontarie e mute, le mancate
risposte ai tuoi richiami che il mistero
ha privato del suono, le parole
da te scritte di timida protesta,
la mia risposta anonima di scuse
per l’errore di un tocco, per la colpa
grave di una memoria, per il dolo
di catturarla e non lasciarla andare.
La tua porta che infine si richiude
ora e per sempre.