YESTERDAY

 

« …di nuovo la cena aziendale, che palle! » Fu questa, la prima reazione di Andrea, all’annuncio del capo settore.
Programmatore di una azienda informatica, leader nel settore, doveva aspettare altri tre anni, a causa della legge Fornero, prima di andare in pensione. Ciò significava altre tre cene, senza contare quella di addio per lui stesso.
Odiava, quel rituale, sempre uguale : colleghi, che si vestivano come per un matrimonio, colleghe “restaurate”per sentirsi dire, dai colleghi di altre sedi, che non erano invecchiate affatto, i plurisposati, che avrebbero fatto la ruota alle nuove arrivate e, immancabilmente, pettegolezzi a josa. Ma, cosa più mortale: si sarebbe parlato di lavoro per tutto il tempo.
Ma sarebbe andato lo stesso, perché al rientro in azienda, la sua mancanza, avrebbe dato la stura a mille ipotesi e lui, non voleva rispondere alle domande insinuanti, che spesso gli venivano rivolte.
« Come mai, non hai ancora trovato l’anima gemella? » Era un classico, sembrava una parola d’ordine.
Ma questa volta ci sarebbe stata una variazione sul tema. Andrea aveva in mente qualcosa.
Già da un mese,stava facendo le prove in casa. Si era comprato una scatola di bicchieri da flut, ed ogni sera si esercitava.
Venne l’ultimo sabato del mese. Ridendo sotto inesistenti baffi, Andrea si vestì, immaginando i suoi colleghi, tutti in “ghingheri”.
Lui aveva deciso:jeans, mocassini e polo.(almeno ci sarebbe stato un motivo, del tutto inaspettato,per aprire un nuovo argomento di discussione.
Quando la cena, era quasi al termine, mentre molti, dopo essersi rimpinzati (tanto era tutto pagato) e sorseggiavano, l’amaro, il grappino. « Sai mi aiuta a digerire ».sarebbe stata la giustificazione di Alfonso, suo collega, che a quel punto, si sarebbe allentato cintura e cravatta,per essere più libero. dopo il discorso dell’AD si sarebbero fatti i fatidici ” quattro salti”.
Andrea, bevve l’ultimo sorso, dal suo bicchiere, lasciandone un dito nel fondo. e quando, l’AD, alzandosi dalla sedia fece tintinnare il suo bicchiere, per richiamare l’attenzione dei commensali. intinse l’indice, nel suo calice, per inumidirlo, cominciò a farlo roteare sul bordo del bicchiere. L’intento, era quello di farlo arrivare ad un volume di decibel, da sfiorare gli ultrasuoni.
Prese a girare vorticosamente, con una leggerezza, come sfiorasse i capezzoli di una donna, fino a che, non sarebbe esploso.
Era questa la sua intenzione : meravigliarli e zittirli tutti, ma accadde qualcosa di incredibile: quelle vibrazioni, si tramutarono in una musica.
Yesterday ! Era proprio quella musica. Ancora non riusciva a credere alle sue orecchie. Non era possibile! Eppure, tutta la sala, si era alzata in piedi a bocca aperta. Ritrasse la mano, e subito scoppiò un applauso fragoroso.
« Bravo! Fantastico.. »
(possibile, siano talmente intontiti da non accorgersi, che non era stato lui, a produrre quel suono?)
Mentre l’AD, iniziava la sua tiritera, mostrando grafici e percentuali, Andrea, senza farsi notare, uscì.
Giunto a casa, prese un bicchiere, ci mise dell’acqua, inumidì il dito e… quel suono, si riprodusse: Yesterday….
La mente andò indietro nel tempo, quando i Beatles, l’avevano lanciata.
« Marina, dolce Marina, era la nostra canzone…..mi stai forse chiamando? Per scherzo, mi dicesti: – non troverai nessuna come me, tu mi aspetterai e quando io, ti chiamerò, tu verrai da me- ».
L.L.


 

L’ultimo istante



« Lei e’ affetta da antropofobia » , questo il responso del professore. Diagnosi, da me programmata a tavolino. Questo avrebbe supportato, la mia richiesta, in sede amministrativa.
Da quando, dopo venti anni di servizio, divenuta caposala del nosocomio di……. fui colta da emorragia cerebrale. A mio favore, gioco’ il fatto, che ero di servizio e che l’equipe medica era di eccellenza.
Tutto cominciò al mio rientro. Dopo un anno di assenza, fui accolta da un comitato di festeggiamenti, in mio onore.
Baci e abbracci, mi sommersero, e non potei fare a meno di una lacrimuccia, vedendo tanto affetto intorno a me.
Ma, quando mi abbracciò Gisella, ebbi un flash: vidi lei, appena uscita dall’ospedale, travolta da un’auto pirata.
« Accidenti >> pensai « come mi salta in mente un pensiero simile!? » 
Non so per quale alchimia o scherzo del destino, quel mio pensiero, di lì a poco, si sarebbe rivelata una tragica realtà. Salutata Gisella, stavo ancora ringraziando il professore che mi aveva operata, quando sentimmo lo schianto.
Ci affacciammo alla finestra: un corpo inerte, giaceva sull’asfalto.
Fui presa da un attacco di isteria e risi come una pazza, fin quando, il professore, mi assestò due sonori ceffoni.
Ancora non mi ero resa conto della realtà che mi aspettava in futuro. Presto ne ebbi la conferma.

Una mattina, somministrando la terapia ad una paziente, la aiutai a sollevarsi dal letto: la vidi, in quello stesso letto, la stessa notte, esanime. 
La mattina dopo, entrando in servizio, seppi che durante la notte, la paziente della “4” era deceduta. Per questo, avevo chiesto il trasferimento agli uffici amministrativi. Volevo evitare quanto più possibile, il contatto umano. Come potevo spiegare, che vedevo l’ultimo istante di vita, di alcune persone? Sarei stata presa per pazza, meglio tenermi questo segreto con tutto il suo peso.  Accettai in silenzio, la mia condanna, sperando di non essere più abbracciata, neanche per amore.
Non potevo sopportare l’idea di vedere l’ultimo istante di vita di chi mi viveva a fianco.

L.L.


 

STORIE D’ALTRI TEMPI

 

<Dai diamanti non nasce niente.
dal letame nascono i fior………>

Mariano, 17 anni, capelli corvini, occhi neri, un viso scolpito che faceva girare quante lo incrociavano. Ragazzo semplice, cresciuto in una famiglia numerosa, nel sottoproletariato, dove, 50 anni fa, se eri analfabeta, nessuno se ne curava. Anzi,era un modo per sfruttare la manodopera facendo leva sulla ignoranza. Così Mariano passava le giornate in una officina, imparando un mestiere. Cosa che gli riusciva benissimo. Era sveglio, rubava con gli occhi quanto vedeva fare da quelli già qualificati. Sognava di aprire un giorno una sua officina,
La sua vita scorreva sempre uguale, giorno dopo giorno.
Non aveva amici, tornato a casa doveva dedicarsi ai suoi fratelli più piccoli. Gli unici suoi svaghi, erano quei calendari che il padrone dell’officina affiggeva su ogni parete libera dagli attrezzi da lavoro. Le sue prima pulsioni le aveva guardando quelle figure di donne, belle, sensuali, nude. E lui si lasciava trasportare dalla fantasia…
….fino al giorno che incontrò lei: Assunta.
Aveva deciso di andare da quelle “signorine che danno l’amore a pagamento. Lui, che con le sue mani sporche sempre di grasso, sapeva che nessuna ragazza si sarebbe mai degnata di lui.
E avvenne qualcosa fuori da ogni “logica”. Lei non era una pin-up, ne donna da Play boy e per la sua età, 37, già vecchia per il più antico mestiere del mondo. Ma quando gli si presentò davanti Mariano, bello come un Dio, ma timido e impacciato, scattò in lei qualcosa di mai sentito prima.  No, non istinto materno, tutt’altro. E per la prima volta, da quando aveva perso la sua verginità, all’età di 15 anni, fece l’amore con lui. Con tenerezza, frenando l’ardore e la foga, per guidarlo al piacere. Nel rivestirsi, gli rese quel compenso che lui timidamente aveva posato su l’unica sedia presente in quella stanzetta.
Tutto quello che avvenne dopo, divenne cronaca di un giornale locale.
Assunta era legata, non per sua volontà, ad un macrò che dopo quell’incontro era uscito di prigione, che la osservava quando intratteneva i clienti. E quando tornava Mariano, lei come la prima volta, non gli faceva pagare la sua prestazione. E questo era motivo di botte da parte del suo protettore, il quale decise di affrontare quel ragazzo, minacciandolo se avesse continuato ad usufruire dei servizi della sua donna. Non aveva fatto i conti con qualcosa che era fuori dai suoi canoni : l’amore.
I due si erano innamorati. Malgrado la differenza di età, del mestiere di lei. Fuori da ogni convenzione bigotta e moralista, Mariano e Assunta, decisero di andare a vivere insieme. 
Mariano, forte del suo amore e della sua incoscienza affrontò (con in mano una chiave inglese), colui che voleva impedire questa unione. Non so se sia stata la buona sorte, la paura del magnaccia di tornare in galera o altro. Ne so cosa si siano detti quei due. L’unica cosa appurata è che quella coppia, ha vissuto insieme per tanti anni, fino alla morte di lei, lasciandolo con tre figli, ma avendo vissuto una vita come e meglio di tante famiglie. Mariano a 21 anni prese la patente, con i soli esami orali e ogni domenica, in macchina, portava la sua famiglia in gita. E alla sera lei, gli insegnava a leggere e scrivere, cosi da non vergognarsi davanti ai suoi figli, ancora oggi orgogliosi di aver avuto due genitori così.
Luigi Lucaioli.

 

BIOGRAFIA :Luigi Lucaioli nato a Roma 67 anni fa

Autodidatta da sempre appassionato di scrittura, solo dopo la mezza età ho potuto coltivare questa mia passione.

Non amo definirmi poeta: fin dall’età di 13 anni, spesso in dialetto romanesco, amavo esprimermi con piccole riflessioni.

Forse influenzato dalle letture di G.G. Belli.

Collaboro con una radio web locale, dove vivo.

Sto “tentando” di scrivere i miei primi 2 romanzi.