Poesie
L’appello
Mi trovavo in una distesa brulla
e camminavo
lungo una strada
sinuosa come
un serpente giallo.
Mi venne incontro.
una sagoma scura
che fluttuava
nel nero d’un mantello.
Non aveva volto,
non aveva corpo.
Era un’ombra di nulla.
Mi chiamò per nome
a voce alta,
con tono deciso.
Io non risposi,
ma compresi che
quell’ombra di passaggio
mi aveva preso il nome
per segnarlo
nel suo fatale appello.
Tragici abissi
Tragici abissi senza confini,
bui ed ignoti dirupi marini,
diàfane, pallide tombe fluttuanti
d’esangui corpi d’ignoti migranti.
Progetti e speranze come sparse conchiglie
spezzate e svuotate nel sabbioso fondale.
Annaspanti bocche annegate di mare
che affiorano ancora per l’estremo respiro.
Disperati occhi bruciati dal sale,
rivolti a questo lido lontano,
a queste spiagge tanto sognate,
prima di scendere,
piano,
nel nulla d’azzurro e d’infinito silenzio.
Distesa sulla sabbia
Eterno, dolce appassire del tramonto
sulla madreperla tremolante del mare.
Mi stendo sulla sabbia, a braccia aperte,
per sentirmi una cosa con la Terra.
Per sentirmi insieme alle Vite passate
che si sono spente nella Terra.
Per sentirmi insieme alle Vite future
che, s’accenderanno, per un istante,
per veder la luce delle stesse stelle.
Mi sono stesa sulla sabbia a braccia aperte,
per sentirmi una cosa con la Terra.
E ho viaggiato con lei a velocità straordinarie.
E mi sono lasciata portare nel vuoto dell’Immenso,
vorticando fra gli astri, in ellissi ed in spirali
apparentemente senza senso.
Ho viaggiato in un lembo d’Universo,
stupita del mio effimero, inspiegabile Presente.
E ho ruotato con questa nostra folle giostra,
dove s’accalcano gli umani e s’ammucchiano i rifiuti.
E ho sentito perdersi fra gli astri
le grida e gli scoppi della guerra.
O Terra, mia Terra violentata e guasta,
O Terra, mia Terra, perché mai facciamo questo viaggio?
Intanto, lontani, profili d’acuminati monti
addentano, con i morsi ormai scuri della notte,
le acque inquiete del profondo.
Mentre io, stesa sulla sabbia,
ancora ruoto nei vortici dei mondi.