marco-di-giovanniSono un bambino, con un grosso capoccione e tante speranze nel cuore. Guardo le nuvole e vi scorgo immagini animate, che il vento ridisegna attimo dopo attimo. Scruto colei che dei miei sogni è regina, e si muove sinuosa nelle mie fantasie, scorrazzando lungo una distesa verde, qua e là colorata dal bianco delle margherite. Cambio lavoro come cambio umore, prima presidente, poi avvocato, infine cantante, e si ricomincia da capo, all’oscuro di una società che mi priva del diritto di esprimere me stesso.

Sono un adulto, la mia vita passeggia scomoda per le vie di un paese di provincia, attenta a non driblare le regole, lavativa, perché procrastinante, ma solo finché si può. Ho imparato a schiacciare i sogni sul fondo di un cassetto, tirandoli fuori solo ogni tanto, quando il sole è stanco e se ne va a dormire. Lì ci gioco, mi ci diverto, li coltivo all’oscuro di tutti, mi prendo cura di loro. Chi lo sa, magari un giorno troverò quella sfrontata energia, e strapperò le catene che la responsabilità mi impone… un giorno… Un giorno che, in poche parole, vuol dire mai.

Sono un vecchio. Ma non sto seduto ad un tavolino, con tre carte in mano, tre amici in cerchio e un calice di vino. Le mie mani non s’incrociano dietro la schiena, dandomi quel discreto equilibrio per osservare gli operai distruggere quel poco che resta dei miei ricordi. I miei sorrisi non si sprecano la domenica a pranzo, nella pacca sulla spalla dei figli, nei falsi sorrisi di un nipote di fronte ai quei pochi spiccioli strappati con una dolce amarezza dalla mia pensione. Io non aspetto la morte a braccia aperte.

Io sono quell’uomo, che quel giorno ha cambiato le cose, prendendo casa nell’incertezza, gettandosi tra le grinfie del mondo, scegliendo la vita come amante, quella vita che rivive nelle parole della gente che non si è ancora stancata di farsi chiamare bambina. Questa è la mia vita, ed io l’amerò, fino a che esalerò l’ultimo respiro.