A’m’arcord

Mi ricordo,
era stato anche l’anno della molta neve
era il mese di maggio quasi giugno
l’aria profumata di primavera non ancora estate era dolce,
noi ci spassavamo a rubare dagli alberi le ciliegie che erano d’un rosso …
e poi ci rincoravamo e ci sputacchiavamo i noccioli.
La campagna soleggiata era una tavolozza di colori
da offrire felice nella sua arte qualunque pittore,
il cielo lindo dalle nuvole della notte prima era zeppo di rondini
ritornate ai tetti dell’altro anno,
noi distesi su i né caldi né freddi coppi del deposito degli arnesi
incantati volgevamo lo sguardo di innamorati al tramonto.
La ruota appisolata del mulino nella frescura del ruscello
d’ogni tanto si destava e come in una nenia bisbigliava il suo cigolio,
nel canneto appena scosso dagli ultimi sospiri del giorno
le rane in un coro orchestrato da chissà chi provavano il notturno.
Il grano nei campi fatti era ormai color d’oro.
Complici noi nel gioco della trasgressione, imprigionati nella tentazione,
nascosti dietro un covone stretti nella passione,
con il fieno tra i capelli e dappertutto, con il batticuore della prima volta,
facemmo l’amore.


L’ovest.

E le orme svaniscono
che ad ogni passo
le onde cancellano,
ferite che si rimarginano
molto può la mente
che più non dolorano.
Percorso non segnato
cammino senza passato,
il passato è nei ricordi
del cammino percorso.
Osservo il mare, ascolto il mio blues
e percorro il mio cammino
verso ovest.


L’amore.

Il dolore è morto
se ne è andato come il vento
scomparso con il tempo;
Non ne sono certo l’animo è in tormento
non soffrire è non amare.
Poco importa della poesia
la vita ha cambiato anche il suono della parola “amore”.