Sembra che intorno esistano solo cose
quelle che s’appellano
anche per nome
trovarle è mestiere
esse sono in ricerca
e possono
ma dentro le finestre
o sugli usci
o nell’umore di casa
abita e si sposta e scompare al sonno
riapparendo avanti come già stato
il senso delle stesse profonde righe dei coppi
e dei comignoli e del loro fumo d’inverno
è il profumo di un vento accaduto
quando vennero gli alberi senza fiore della realtà
e se la realtà ebbe frutto
il fiore non è desto e non è dentro il sonno
ma già disciolto in un’estate passata
viene tra il cielo e piove burrasca
a vendetta della meraviglia
a dispetto della verità e a scherno della fragranza del pane
dentro il gelo di un sorriso fermo
quando riflette lo spazio e piove nell’istante dell’accordo
incommensurabile dell’ombra di una galassia
nelle mani sciolte di una danzatrice antica
rubata alla giovinezza e alla vecchiaia
a tesoro di quello che sarà.


La fine del giorno
edulcorata dal sonno
sembra sinfonica
attrae lentezza e forza
e i sogni accadendo
dilatano l’aria di questo mare
affondano le navi
bruciano le onde
e sconvolgendo ogni nube
tornano a navigare
senza che l’acqua si desti
e quando all’alba
essi svaniscono
il corpo approda al tempo
e un silenzio apre il ricordo
e spalanca le finestre
lentamente chi è desto
invita il cielo
e il cielo scaglia dell’aquila
il suo grido profondo
per una luna al finire della notte.


Cantare profondamente
il silenzio antico di comprendere
il modo di stare al mondo
e stare è come dipingere
è come ascoltare la musica lontana
di una canzone che racconta cose antiche
la guerra, la fine e la morte
il ritorno
il canto profondo a notte si fa insonnia
attesa tremore e amore
a notte fonda scompare e viene delle stelle
un sentiero una lepre e un bosco
la distanza dal sole
una notte ancora
per scendere alla vita del caffè
e di una chiacchierata in piazza
di una compravendita per un vestito
di una indagine per una prece
cantare profondamente, è questo futuro.


Dopo

taci, disse, c’è un bisbiglio strano, stanotte
scopriva la presenza del Male
di quella sottigliezza precaria e dura
quando fa sfasciare la costruzione umana
e il sogno e i pensieri e il corpo e i desideri
respirò forte, s’immolava e lo sapeva
raggiunse il Male e lo tenne come si raggruppano
tutte le morti, una ad una, e tutte, al fine
tornò in sé dopo alcuni giorni, era macilento
era stanco, afono e disaccorto
ma era tornato uomo, esisteva, come pensò
raccontava quella propria vittoria come avesse letto un libro
o una teoria di nozioni e leggi
ma poi, dopo molti scontri con le cose e il mondo
s’accorse che a casa, poteva camminare
mentre per le vie, passeggiare
e unirsi a molto e al tempo e agli orologi e alla morte
questa strana cosa, un poco bislacca
ma che gli aveva permesso, di tornare in vita
e di sentirlo nel corpo, quando su di lui si distese
il cielo.


La distanza dalla vita

quell’uomo soffriva, perché si controllava,
se tutto era quasi in ordine
allora era sereno
ma se nella casa, o al lavoro
c’era anche un particolare fuori posto
stava male
così per il sapere, le conoscenze e le persone
egli cercava un ascendente su tutto e tutti
e sulla fidanzata e sui parenti,
così era lasciato in pace, o meglio, era lasciato e basta
un giorno, usci di casa e sbagliò strada
e così tanto e tanto a lungo, da trovarsi distante,
morì dallo spavento
andarono a prendere la salma
su un foglio aveva scritto: non tollero l’esistenza,
ora che sono uscito di casa e fuori dall’abitudine consueta
sono terrorizzato dal dolore,
non sono degno di esistere, muoio esposto alla vita
così sia.


Madre

madre, quale duro compito, in tua senectute
vivere nella perdita di tuo marito
mentre ti nasceva il ricordo di me
e poi lo avresti lasciato per dirmi sono io
solo in me troverai madre sincera e vera
e poi il legame ai miei fratelli
la colloquialità col primogenito
l’obbedienza al secondo, il primo così tanto emigrato
da perdere nella memoria e nell’attualità
i vostri modi di dire
mentre riconoscevi al secondo lo spazio di rivolta, forse
quella che avevi controllato, lui adolescente,
tutto questo è stato battaglia dei nervi e del cuore
madre, che sei stata sul finale
la donna di una giornata di pioggia
su quelle poesie di noi, di Storia e d’anima
essa bruciata, involata, pregata eterna, compiuta e reale
come le tue corse profonde per essere la tua ragione
la nostra ragione e la mia casa
senza morte senza vita, slancio di vento sui monti
qui, vicini, muraglia e clamore di nubi e di cielo
di stelle, e più in là, di quello che ora sei.


Oggi sembra che si colleghino i ricordi

e tutto torni, non osservato ma preso e capito

le specie del tempo sono più ordinate

meno recondite e ostili

sarà giorno alto tra poco

il lavoro quotidiano non ritma a vanvera

e non si impone ma c’è

il mese di settembre ha un cuore grande

non è aria d’inverno né stanchezza agostana

ma quiete attenta e fresca

la fine del tempo corsa di una nube al sole

porta cieli azzurri, aria e vento

tutti qui abbiamo bisogno di tempesta

la burrasca che ci stormisca e dilati e s’arrabbi

è troppa la pazienza usata a sopravvivere

i boschi lo sanno, lo sa il fiume e la valle

un abisso, due abissi, le stelle là nell’universo

coglieranno il fiore, sapranno esistere

sulle nostre case così ermetiche e vigorose

e usciremo di casa nel sole e nella nebbia sua

quando diventerà una galassia di luce

intorno a me l’aria sembra muovere

tutti i sogni voluti o inaspettati

e li acciuffo e prendendoli sogno la vita

quello che dà e quello che porta lontano

sembra il tempo finisca

oppure si annulli in se stesso

ma davvero il tempo sogna e dorme

una saggezza insperata e fonda

è il nostro fiume e l’ansa e la primavera

è il cespo che ritrova la corrente e la riva

siamo sempre ricercati dalla nenia del ritmo

e quando ritmiamo, siamo e viviamo

perché non c’è immagine più bella

dell’arcobaleno nell’acqua in movimento

per un gabbiano quando sogna il mare.


Il sogno tornò a più riprese

e non destò dal sonno

poi colse l’uscita e la soluzione

era una soluzione semplice:

dormire nel sogno, sognandolo,

l’uomo si destò una volta sola

e disse che nel libro dei sogni

era rimasto un sognatore.


 

Vivere

vivere sembra un ricordo, quando invecchia

torna su di sé, si rischiara o si afferma

poi dorme e ci fa capire, e noi felici

ad attraversare tutta la via del giorno,

poi stanca e si impazzisce e spaventa

così riposa e s’acquieta e quando abbiamo finito

finisce, ricordandoci che era iniziato poco prima.


 

Il coro cominciò a intonarsi

sembrava fermo ma uscirono delle note

come di sogni che sottolineano un discorso

il coro ondeggiò e ristette

poi improvvisamente sognò più forte

e le immagini erano melodie e canzoni

quando la platea si svegliò,

la montagna, fuori dal teatro, era tramontata.


Indifeso

E come per dire cielo, apro gli scuri

è mattino presto, lo vedo azzurro chiaro

obbedisce ai miei sogni desti e sfugge

come sfuggono i mille pensieri asciutti

del giorno

mi fermo con le mani a definire

l’affanno,la precarietà e le voglie

ma alla fine aspetto mattino, sono indifeso.


Il cosmo è ordinato

Leggi precise, racconti e numeri

calcoli e romanzi,

dettagli,

e i sogni, le veglie d’estate,

il dolore di un giorno

per una stella che cade,

sono tutta questa vita che ci appartiene

quando il nostro pensiero

contiene l’universo e lo regala

alle nostre stanze,

scomparse in un amore.


La compagnia teatrale

Avevo dentro un mondo

di luce perfetta e di sobbalzi profondi

ma riuscii a nascere per parlare

e vedere la mia voce nei pensieri,

se sono regista e attore

dietro le quinte mi chiamano per nome,

questa compagnia recita, e l’io è già qui.


La perfezione

E’ il respiro di un bimbo

quando comincia a sognare,

lenta come il corpo

disegna il mondo e l’anima,

non è esatta, come la parabola del sole,

ma ha luce, e dentro i colori

l’ombra del cuore.


La meraviglia dei pulcini

Sembravano migliaia e migliaia

coloratissimi, vivaci e chiassosi

pronti

sembravano non finire, chiamavano,

evocavano e pigolavano forte,

saltabeccavano e si muovevano a gruppi,

sembravano migliaia e migliaia,

nell’aia, nei suoi anfratti,

dentro i sentieri e i vicoletti dei cortili:

erano i pulcini, a primavera,

primule gialle a mille sul prato in festa

coltre di piccole margherite accese e vive

sull’erba fresca, sull’umida terra nova.


Scompare

Il destino scompare

nelle parole composte

a creare poesia,

va ovunque,

come arte dell’aria

ormai canzone:

se sale e se scende

se imita la pronuncia e il volo

forse è un colore.


Pensieri

E l’aria dei pensieri,

quando turbinano

correndo,

ché tutti rincasano

guardando la pioggia,

già scompare tra i viali

e noi a seguire le foglie

dell’ippocastano

mentre vive del ramo e del cielo.

E se la neve tornasse

i pensieri sarebbero

quello che le nubi

hanno

per impigliare i capelli

e portarci a volare

oltre i prati del vento.


Vento

L’aria del vento

non è l’aria della pioggia,

ha un diverso colore,

come se portasse le nubi tra il cielo:

noi spesso tacciamo

dentro la tempesta

o nelle giornate di sole

ma è dentro il mosso

che scompaiono le cose

per il vento che cambia

ogni pensiero.


Pioggia

La pioggia spesso è fragile,

come il vetro, quando pesa la stanza

e la viene a colorare di luce.

Poi luccica e accorre,

parla una lingua nascosta

dentro la tovaglia e nelle parole.

E si chiacchiera

per dirsi del cappotto

pronti ai rovesci e alla nuova tempesta

ché non vogliamo mica ci disturbi mai.


 

Il mare dell’alba


Il giorno ha misura

e chiaro sole

sembra vivere

quasi nero

come se la notte s’aprisse

ai sogni boreali

o fosse già alba:

sogni che misurano

scansioni, tempo e il flusso del fiume

in un Dio

risorto e già dilagato

dentro la sera

del suo mare dell’alba.


 

Il rumore del fumo


La campagna d’inverno,

tace un silenzio che il fumo

comprende,

è il camino,

o la stoppia accesa

la sigaretta contadina

l’alito controluce

il rumore dell’aia.

Il sole,

sa di giacere radente e sconfitto,

sopra i tetti,

nella lontananza dei monti,

mentre l’enigma

del tempo e del freddo

sposta il giorno

in un’altra distanza,

vicina allo stesso parlare taciuto


 Grano


Come il vento, crei e vai,

nel tuo seme raccogli il colore

colore del sole, colore dell’oro,

con le voci sulla strada maestra:

non sgualcire il papavero

ma fondo va sulla distesa

sui covoni, fra l’erba e le spighe

e ridi, d’amore, lieve, felice.


Il candore

Il falco, ha storia rapace,
non domina la valle
viene dalle alture,
studia il mondo
con sete di spazio e vento.
Disegna il cielo
copre le nubi di volontà,
in orgoglio sulla preda
scompare col nibbio
nell’aquila dal volo regale.
Tace sulla burrasca
per andare via da sé
nel candore dell’aria.


La teoria del limite

Fui limitato, come un campo di viole
in giugno, poco prima della fienagione,
cercai l’azzurro cielo e volai:
andavo e andavo.
Caddi fuori dal colore viola,
violai la siepe del tempo:
fui fiume, torrente e ansa
annegai e vidi molte foreste
nel posto tra la vita e la morte.
Caddi prostrato,
il grano maturò e rosso papavero disse:
non morire, non adesso, è estate.


 

Luce

Si tace sempre ed è il silenzio
l’attesa di parole grandi
forse coperte dall’orizzonte
forse magiche soltanto
e non ci guardiamo nemmeno
ma studiamo le cose che affiorano
dal sogno o dal ricordo
oppure dagli echi di altri silenzii
per segnare l’inizio
di quell’alba del chiasso
dove tutto senza corpo avrà suono
nell’anima della luce.


La panchina

 

Il vuoto parla

col silenzio

di parole chiamate,

ha vertigine,

evoca

gli orologi del cosmo,

li prende

si siede

su di una panchina vuota.


La pagina

 

 

Il dolore, è una frase

contenuta

di un silenzio

appena mosso,

nella cartilagne

di un risveglio:

non è innocente

sulla pagina

il colore di quel bianco.


Rouge

 

Sogno rosso,

sogno che non è,

banchisa polare,

aurora,

bosco dopo l’urlo,

pasto frugale

d’acchito al profumo

di una donna bella.


 

Lo spazio

Lo spazio è un dipinto,

va al di là del tempo

conosce le vite dell’aria

e chiama le nuvole

a scendere.

Vengano, il sole e poi le stelle

col nome di un uomo

oppure del suo contrario,

quando va e trova morte,

morte che spinge le parole

dentro il corpo del mare

per vivere

quell’eterno che abbiamo:

il vento, forse

oppure l’occhio del falco

al mattino,

quando cessa

per esistere e volare soltanto.


 Conoscere

La stanza, casuale come sempre

ha luce, al mattino

s’impenna nel rumore chiaro

dove il vento, riparato dall’ombra,

conosce le meraviglie

dell’eco della fontana

roboante alla piazza che tace.

E la stanza, segue se stessa:

ricordo e nostalgia d’estate,

varcò il giorno. Ed ora pensa ,

muove il destino:

quell’aria che aveva intonato

nel cercare lo spazio dell’alba,

più non ha notte, più non ha riparo.


Vento all’ippocastano

Il vento è scomparso, tace ogni cosa,

L’aria è perfetta e conosce la pioggia,

Per noi, ancora un dolore:

La voce della fontana del paese,

Senza suono,

Nel ticchettio solenne del sole nuovo,

Quando compare il silenzio dei passeri

Pronti a chiedere pane e perfezione,

Sfiniti nella incertezza di un uomo

Quando dubita dell’immenso

Per confinare nel falco sopra di lui

Il volo che gli è rimasto per essere aria e luce.


Abitare

 

Le case volano, con l’amore

e si dipingono con le nuvole del vento

è vero che il cielo sovrasta il mondo,

ma fa parte del gioco

nel ruolo dell’aria e della terra.

Si è padroni dell’idea della vita

ma a volte ne usciamo per vivere.


 

Sorridere

 

Metà delle montagne è ad est,

pare che nascano

col sole dell’alba,

le nubi, accomiatano l’occaso,

restituiscono il cosmo

alla luce dei sogni.

Uomo, segui il sole,

ascolta la notte:

imparerai il sorriso ed il ritorno.


Capire

 

 

Nei ricordi, un sogno ritorna,

esce dalle mani

plasma la notte

riposa teatrando i sensi.

Agire, e sapere, parlare:

capire la luna,

vi siamo stati,

per questo torniamo all’alba.