Angeli svogliati

Sorveglio da lontano il tuo silenzio
ammantato di occhi tiepidi
assenti
bagnati di pudore da cullare.
I miei pensieri
assonnati
invocano il tempo volato via
dove le stelle si spengono
assorte.
A forza di ricordi
ricamo striature di rovere
su mani incrostate
schive
memori di spine riarse.
Sono graffi imbrattati di porpora
singulti di pianti risorti
tra tenebre grevi di brume.
Non ho preteso da Iride alata
lo sfoggio caduco del suo incedere
variopinto.
Né rifuggito da Eris spietata
l’incanto sgomento di notti scaltre
maligne.
Un po’ di cobalto sarebbe bastato
per sfogliare le attese immani
patetiche
e soccombere alla vertigine
di emozioni ritrovate
invano
pallide, ruvide, moribonde.


Livida notte di luna

Luna piena striata di mare
sei acqua che sgorga sull’ebbrezza ferita
tra palmi insanguinati di vetri offuscati,
ombra di un’onda dalla schiuma chiara
che soffoca le labbra sulla sabbia livida.
Luna odorosa di gemiti sospesi
sei sale di pianti e di flutti spezzati.
Il tuo profumo, imbrigliato tra ceneri,
riveste ogni scorcio del tuo svanire
come un miraggio disatteso, sconfinato.
Luna d’avorio scalfita nel buio
sei un dolore ammantato di stelle,
un orizzonte in cui arenare le ore,
traforato di rosso vermiglio, crudele
che è ricordo aspro e incompiuto.
Luna sbiadita dal volto a lutto
hai passi stanchi impregnati di sogni,
ventre caldo e riflessi sazi di vento.
Cieca t’inabissi come specchio incandescente
in un addio che è ritorno alla vita.


Redenta mente

Ho firmato la mia redenzione
un patto di lucidi inganni
giurato tra spoglie di cieli
nudi d’incanti.
Ho trasceso pene e rimpianti
in bilico tra sciabordii di sospiri
e cadenze intrecciate di rami lacrimevoli
di rugiade svanite.
È uno sparger promesse e prodigi
di misteri che perdurano
al di là di febbrili penosi tormenti.
Per me sgretolerà il suo effluvio
l’egemonia dei profumi d’autunno
quando nembi di piogge sabbiose
occulteranno il corallo rappreso
delle vane attese.
Che giunga allora a cullarmi
un canto ondeggiante di stelle sfiorite.
Mi basterà sfiorarle, una ad una,
per risuscitare gli strascichi erranti
di questa vita carcassa grumosa
mentre il mio grido convulso
infurierà fatiscente
tra sarabande storpiate di voci e di pianti
in un perpetuo vano svanire
di miasmi sospesi
tra punti e virgole
di orizzonti imbrattati.