Storie d’immigrazione

“ I TRISAVOLI”

2 novembre 2016

Appartamento venduto. Cantina da svuotare. Nonno Attilio e i suoi tre fratelli fanno il loro ingresso nella cantina del modesto appartamento del “condominio dei maestri”: sessanta anni fa fu il primo condominio della cooperativa di un gruppo di maestri elementari.

Anche i nipotini partecipano all’evento…per loro è come entrare in un mondo incantato: bauli, una culla, dondoli, cavallucci, antichi giocattoli in legno. Il nonno e gli zii, “i prozii” per la precisione, cominciano ad aprire il primo baule…un nodo li prende alla gola: ci sono tutti i loro “camicini”, i “triangolini” di cotone…(eh sì, perché a quei tempi non esistevano i comodi “pannolini” usa e getta), gli abitini di lana e stoffa…tutta opera della mamma di nonno Attilio, la bisnonna Fiorina…in casa entrava solo lo stipendio del bisnonno Italo, maestro elementare e anche maestro di musica, essendosi diplomato al Conservatorio Santa Cecilia. Dagli album affiorano foto della loro prima infanzia, fanciullezza, gioventù, pagelle, quaderni, libri…Mamma Fiorina ha conservato tutto dei suoi quattro figli.

Si apre il secondo grande baule: rotoli di stoffa per materassi, lenzuola ricamate a mano con le iniziali dei bisnonni  “F.I.”, camicie da notte in pizzo finemente ricamate…il corredo da sposa della bisnonna Fiorina.

Si apre il terzo baule…ma è un baule particolare: sul coperchio, un’etichetta: da New York – Gaetano Ciavattone – 1925; all’interno un scatoletta vuota in alluminio di sapone da barba, un pennello da barba, un cappello nero “a bombetta” e la  foto di due coniugi con le loro due bambine…

– Nonno, chi sono? – domandano incuriositi i nipotini.

– Sono i nonni di nonno: i vostri trisavoli e queste bambine sono la vostra bisnonna Fiorina e sua sorella Eleonora…Ma questa foto racchiude una storia di tanti anni fa… –

– Dai nonno Attilio, ce la racconti? –

– Va bene, ve la racconto volentieri: questa è anche la storia della nostra famiglia –

Anno 1922

La Grande Guerra è finita da quattro anni.

Gaetano e Mattiuzza sono due giovani sposi con due bambine: Eleonora di tre anni e Fiorina di un anno. Sono contadini…ma la terra rende poco. Gaetano sogna un futuro senza preoccupazioni per le sue bambine e la sua giovane sposa. Anche i suoi amici più cari, Sergio e Panfilo, sono nelle stesse condizioni.

In città c’è un nobile signore che ama i suoi concittadini, soprattutto i più poveri…decide di aiutarli a costruirsi un avvenire dignitoso: anticipa loro il denaro del viaggio verso le Americhe, denaro che essi restituiranno a poco a poco dopo aver trovato lavoro nella nuova terra.

E’ una decisione molto dolorosa quella di Gaetano, Sergio e Panfilo: decidono di afferrare l’occasione offerta da Don Celidonio…andranno in America.

Mattiuzza all’inizio non vuole accettare questa scelta…ma poi è costretta ad accettare…ma prima vanno nello studio del fotografo D’Alessandro, il più bravo della città, indossando gli abiti “della festa”. La foto la porterà con sé Gaetano, per avere l’illusione, quando sarà lontano, della vicinanza e del calore della sua famiglia.

La partenza

21 marzo 1922-Porto di Napoli.

E’ una bella mattina di primavera quando, dopo un lungo viaggio in treno, nel vagone di terza classe, Gaetano, Sergio e Panfilo, con le rispettive famiglie, giungono al porto di Napoli dove li attende la grande nave che li porterà in America, dove saranno accolti dalla grande “Statua della Libertà”.

Dio mio! Una fiumana umana affolla la banchina…una fiumana di Italiani che si accinge a lasciare l’amata, ma povera Italia, per donare un futuro migliore ai propri cari…Le poche cose raccolte in vecchie valige di cartone e nei fazzolettoni…Le note di una fisarmonica e un coro di voci di diffondono nell’aria, quasi a mitigare la tristezza dell’addio…

Il suono lacerante della sirena della nave…è ora di salire! Abbracci e baci tra le lacrime…poi il distacco…Ma Mattiuzza e le sue amiche si fanno forza…si asciugano le lacrime e sorridono mentre sventolano il fazzoletto bianco…vogliono regalare il loro sorriso ai loro uomini…sorriso che essi porteranno sempre nei loro cuori.

La nave parte…tutti la seguono con lo sguardo sino a quando non diventa un puntino lontano…

America! America!

30 aprile 1922.

Dopo un lungo viaggio di quaranta giorni…ecco “ La Statua della Libertà”!

– America! America! – gridano i nostri emigranti.

Sbarcati nel porto del fiume Hudson, al centro della baia di Manhattan, sulla rocciosa Liberty Island, i nostri italiani vengono sottoposti ad una severa visita medica…anche i denti gli guardano…come i cavalli.

Finalmente, Gaetano, Sergio e Panfilo sono liberi di immergersi nella grande New York. All’uscita del  porto, vengono accolti dal Comitato degli Italiani, perché il nobile Don Celidonio ha pensato proprio a tutto!

Nel giro di pochi giorni, i tre amici trovano lavoro come muratori…e anche con una buona paga, perché sono bravi, laboriosi, educati e rispettosi.

Per risparmiare, abitano nelle baracche dove manca di tutto…ma non importa…possono mandare ogni mese una discreta sommetta a casa.

Anche per Mattiuzza inizia una nuova vita: i soldi sono sufficienti anche per acquistare qualche pezzo di terra.

La vita scorre…malinconica, ma tranquilla…Le bambine crescono sane e belle…

Venerdì Santo 1925

Mattiuzza e le bambine si stanno preparando per recarsi ad assistere all’antica tradizione della “Processione del Cristo Morto”…

Un bussare discreto alla porta…Mattiuzza va ad aprire convinta che siano le sue amiche con le figiuole…

Don Pasquale, il parroco, e il Maresciallo sono sull’uscio. Un nodo alla gola stringe Mattiuzza…

– Fiorina, Eleonora andate a casa delle vostre amichette, tra poco vi raggiungo –

Uscite le bambine, Mattiuzza viene invitata a sedersi…

– Signora Mattiuzza…purtroppo non abbiamo buone notizie… –

– E’ successa una disgrazia al cantiere –

-E’ crollata l’impalcatura…Gaetano è precipitato… –

– Non c’è stato niente da fare…è morto sul colpo –

Un silenzio assordante scende nella stanza…Mattiuzza è immobile, come sospesa nell’aria. I due signori si guardano preoccupati…

– Grazie di essere venuti…Per adesso non dirò nulla alle bambine. Voglio che trascorrano una Pasqua serena…dopo vedrò –

– Signora Mattiuzza, per qualunque cosa, siamo a vostra disposizione –

– Grazie, lo terrò a mente –

Disperazione…

Un urlo nel silenzio assordante del suo cuore… Mattiuzza corre disperata verso il ponte…

– Dio mio, come faccio da sola a crescere le mie due creature? No…no Dio, non lo dovevi permettere! –

Si affaccia sul parapetto…l’acqua del fiume scorre tranquilla…la luna riflette la sua immagine…è come un invito…un dolce invito…

– Mattiuzza… –

Lei si volta verso la voce…

– Gaetà…ma allora non sei morto! –

– Sì, Mattiuzza mia, purtroppo sì…ma il buon Dio mi ha concesso “una licenza” e mi ha detto: “ Gaetano, corri dalla tua Mattiuzza, corri…è disperata! –

– Proprio Dio ti ha detto questo? –

– Sì, proprio Lui –

– Nooo, Dio è cattivo! Non doveva permettere questo! –

– Non piangere, non piangere più Mattiuzza mia…non farmi soffrire…Piuttosto prega…prega per me…Lo sai? Al camposanto non posso riposare se tu piangi, ti disperi e bestemmi –

– Gaetano mio, non voglio vivere senza di te, vita mia… —

– E alle bambine non pensi? Che ne sarà di loro se tu ti ammazzi? –

Un pianto liberatorio…Gaetano l’abbraccia forte forte… Il nostro Eterno Padre è veramente buono, compassionevole, misericordioso.

– Porterò con me i tuoi baci, la tua voce, il tuo canto…Abbraccia forte forte le bambine e dì loro che il papà è sempre vicino, anche se non lo vedono…Sono sempre con voi…non sono morto…sono solo nella stanza accanto –

L’ultimo struggente bacio…

Dopo quasi un mese arriva un baule dall’America: la foto tutti insieme scattata nello studio del fotografo D’Alessandro, un cappello a bombetta, una scatoletta grigia d’alluminio con il sapone da barba, il rasoio. Mattiuzza ripone tutto nel baule e lo sistema in cantina.

13 dicembre 1943

Quanti anni sono trascorsi da quella lontana sera del Venerdì Santo del 1925! Mattiuzza, aiutata dai suoi anziani genitori, Nazzarena e Cosimo, con il duro lavoro dei campi, è riuscita ad allevare e a far crescere le sue bambine. Eleonora ha sposato Giacomo, un maresciallo grosso e robusto che le vuole tanto bene. Fiorina è fidanzata con Italo, un giovane maestro di musica che ha iniziato da poco la carriera di insegnante nella scuola elementare.

Ma Mattiuzza non vedrà né il matrimonio di Fiorina e nemmeno i figli di Eleonora: morirà a quarantadue anni, vittima del suo cuore malato…finalmente ricongiunta al suo Gaetano.

E sempre nonna Nazzarena aiuterà Fiorina a sposarsi e vedrà i pronipoti crescere.

Scoppia la Seconda Guerra Mondiale.

Sotto le bombe viene alla luce il primogenito di Fiorina e Italo…cioè io.

– Tu, nonno? –

– Sì, io. Mamma Fiorina e papà Italo, i vostri bisnonni, quel 13 dicembre 1943 non avevano niente per lavare il bambino appena nato…I bombardamenti continui non permettevano di uscire a comprare il sapone alla borsa nera. Fiorina si ricorda del baule verde in cantina che mamma Mattiuzza un giorno le aveva fatto vedere…e anche la scatolina con il sapone da barba…Manda Italo a prenderla…e con il sapone da barba di nonno Gaetano mi lavarono appena nato… –

-E poi nonno? E poi? – incalzano i bambini

– E poi, dopo nonno Attilio, siamo nati noi… –

– Voi? I nostri prozii –

– Sì, i vostri prozii: Sandro, Enrico e MariaGrazia –

– Con grandi sacrifici hanno cresciuto quattro figli… Siamo cresciuti, abbiamo studiato, ci siamo sposati…e siete nati voi –

– Purtroppo il nostro papà Italo non è riuscito a partecipare a nessuno dei nostri matrimoni, è morto nel 1976, un mese prima di sposarmi con chicca Antonietta…e da noi è nata Valeria, la vostra mamma. Nonna Fiorina è andata in cielo quando voi eravate molto piccoli –

– Evviva! Evviva! Che bella la storia della nostra famiglia! –

Strane sensazioni…

Attilio e i fratelli si guardano negli occhi…c’è una strana atmosfera nella cantina…E’ come se non fossero soli…

Enrico prende la parola: – Ma perché la dobbiamo vendere questa casa? E’ la casa che mamma e papà hanno comprato con tanti sacrifici, dove io e Mariagrazia siamo nati e dove siamo cresciuti tutti! –

– Ma sì, non la vendiamo…in questa casa, con il baule, ci sono anche Nonna Mattiuzza e nonno Gaetano…Ricordate che mamma ci raccontava sempre la sera del Venerdì Santo del 1922, quando nonna Mattiuzza dalla disperazione voleva buttarsi dal ponte? –

– E’ vero! E che nonno Gaetano le apparve, grazie alla “licenza” concessa dal buon Dio per convincerla a non fare quel gesto disperato? –

– Pensate, se avesse fatto quel gesto…forse noi non saremmo qui –

– Però che brutta cosa è la miseria! Che brutta cosa dover lasciare il proprio paese e i propri cari per andare lontano! –

– Forse, se non fosse stato costretto a partire, il nostro bis-bis nonno Gaetano non sarebbe morto così giovane! –

– Le cose, purtroppo, sono andate così…niente può cambiare il passato…ma noi siamo qui adesso, tutti insieme…Questo è quello che conta! –

– Questa casa rimarrà sempre con noi…In questa casa ci sono le nostre radici! –

Notte Fonda…

E ‘ notte fonda quando i quattro fratelli con i nipotini lasciano la casa per tornare nella loro…

Nel cielo stellato brilla BiancaLuna…

Nel piccolo giardino del “condominio dei maestri”, tra platani e cespugli di rose e more, si erge Compare Ulivo, i cui frutti sono raccolti e utilizzati da tutto i condomini.

Come per magia…dalla cantina escono Mattiuzza e Gaetano, con le loro figlie Fiorina e Eleonora e i rispettivi mariti, Italo e Giacomo, seguito dai nonni Nazzarena e Cosimo.

– Compare Ulivo, come siamo contenti! La casa non sarà venduta…E noi potremo starci per sempre… –

Compare Ulivo:  Avete visto che bella famiglia avete generato? –

Mattiuccia e Gaetano:  Sì, le nostre sono state proprio delle brave figiuole… –

Fiorina e Eleonora:  Grazie, nonna Nazzarena e nonno Cosimo di aver aiutato mamma a crescerci dopo la morte di papà e anche dopo la morte di mamma –

Comare BiancaLuna:  Cara Mattiuzza, ricordi quella sera di Venerdì Santo del 1922 che volevi buttarti nel fiume? –

Mattiuzza: – E come posso dimenticarla! C’eri anche tu, BiancaLuna, che illuminavi la mia immagine riflessa nell’acqua…-

Gaetano: – Per fortuna che il buon Dio mi concesse “la licenza”

Da lontano si sentono 12 rintocchi della Grande Campana…

BiancaLuna: E’ il Grande Custode che vi invita a tornare nelle vostre dimore…

Tutti: Addio Comare BiancaLuna, addio Compare Ulivo!

BiancaLuna e Compare Ulivo: Non addio…ma arrivederci al prossimo 2 novembre…Buon riposo!


Storie della “ruota”

Giuseppina

La casa di riposo “Dolcefiore” è in festa: una delle ospiti, la signora Giuseppina, maestra in pensione, compie 92 anni. Non si è mai sposata: la sua famiglia, per quarantacinque anni, è stata la scuola, i piccoli alunni, i figli che non ha mai potuto avere.

Sono venti anni che è ospite della sua nuova casa, appunto “Casa Dolcefiore”, come il nome del piccolo paese in cui si trova.

Ma è un compleanno speciale questo: lei non lo sa, ma dall’America e dall’Australia sono tornati Ettore, Manlio, Luciano e Aldo, suoi ex alunni che, appresa la notizia che la loro maestra era ancora vivente, hanno deciso di farle una sorpresa con le rispettive famiglie…

La sala “della televisione” è addobbata con palloncini colorati e un lungo striscione con tanti cuoricini “ Buon Compleanno, Giuseppina!”

Ma chi è Giuseppina?

1918…

La Grande Guerra si è appena conclusa.

Franz e Guglielmina sono nel loro “angolo di paradiso”, un vecchio fienile abbandonato. Guglielmina ha una sorpresa da comunicare al suo Franz, il giovane soldato austriaco alloggiato con la sua guarnigione nella piccola frazione Colle San Giorgio…Anche Franz ha qualcosa da dire a Guglielmina…

Franz: Domani partiamo…torniamo in Austria…dalle nostre famiglie.

Guglielmina: Franz…aspetto un bambino…un bambino nostro.

Franz: Mi dispiace Guglielmina, ma sono sposato e ho due bambini che mi aspettano.

Guglielmina ha solo quindici anni, ma la guerra l’ha fatta maturare presto…E’ orgogliosa e dignitosa…Si alza e, guardandolo fisso negli occhi, lo saluta: – Buona fortuna Franz –

– Guglielmina aspetta… –

Ma lei è già fuori. Guglielmina torna a casa: la tavola apparecchiata…i suoi cinque fratellini e la sua mamma la stanno aspettando…Guarda il suo viso stanco: vedova e con sei bocche da sfamare…Guglielmina non ha il coraggio di confessarle il suo fardello. Il giorno dopo prende la sua decisione.

– Mamma, voglio andare nella Capitale, a servizio. Sono grande ormai ed è ora di contribuire anche io alla famiglia –

– Figlia mia, hai solo quindici anni, non sei mai uscita di casa, la capitale è grande, è pericolosa! – cerca di dissuaderla la madre.

– Non ti preoccupare mamma, andrò dalle Suore della Dottrina Cristiana e poi, con il loro aiuto, troverò a servizio presso una brava famiglia e vi manderò un po’ di soldi –

La mamma abbraccia forte forte quella sua figliuola tanto giovane, ma tanto testarda.

Guglielmina si reca dal parroco Don Liborio e gli spiega la sua situazione, pregandolo di voler rispettare il suo segreto. Il buon don Liborio le dà l’indirizzo della Casa Madre della Dottrina Cristiana, con una lettera di presentazione.

Nella Capitale…

La Madre Superiora trova a Guglielmina una coppia di nobili anziani che l’accettano volentieri con la sua situazione.

Tutto procede tranquillamente.

Un giorno torna dall’estero uno dei nipoti della coppia e resta colpito dalla genuina bellezza di Guglielmina e, nonostante l’avanzato stato di gravidanza, comincia farle una corte serrata…ma il rifiuto della giovane donna non fa altro che incattivire il viziato ragazzo…

La Vigilia di Natale, i due nobili sono invitati ad una importante festa. Prima di uscire, al momento di indossare i preziosi gioielli, la nobildonna non li trova al solito posto. Subito iniziano le perquisizioni nelle stanze della servitù e gli ori, sfortunatamente, vengono trovati nella stanza di Guglielmina…A nulla valgono le sue difese e le sue lacrime: viene sbattuta fuori con le sue povere cose.

Manca un mese alla nascita del bambino…che fare? Dalle suore non può tornare perché non sarebbe creduta, a casa nemmeno, per non darle un  altro dispiacere…  comincia a vivere per strada  chiedendo l’elemosina.

Una notte, nell’androne di un portone, Guglielmina dà alla luce il suo bambino, anzi la sua bambina…Poco distante c’è una chiesa…All’epoca, in ogni chiesa c’era “la ruota” dove venivano depositati i bambini che, per diverse ragioni, non potevano essere cresciuti dalle mamme. Prima di lasciarla, all’interno del camicino, Guglielmina mette un biglietto: “GIUSEPPINA. 30 gennaio 1924”

Passa un anno…

Una coppia non più tanto giovane decide di adottare un bambino per cercare di colmare il vuoto affettivo lasciato dalla perdita del loro unico figlio caduto al fronte durante la Grande Guerra. Argia e Giuseppe si recano al brefotrofio. La Madre Superiora li accompagna nel refettorio, essendo ora di pranzo…un pianto dirotto attira l’attenzione di Argia: una bimbetta, tra le braccia di una suora, si rifiuta di mangiare…Argia le si avvicina, subito la bimba cessa di piangere e le tende le braccine…

Sedici anni dopo…

Argia è morta da qualche anno e papà Giuseppe ha ormai sessanta anni.

Giuseppina è una bella ragazza, studia e frequenta con successo il 1°magistrale. Papà Giuseppe, però, dopo un incidente al cantiere, resta zoppo e nessuno lo prende più a lavorare…Giuseppina è  molto brava a scuola e non è giusto farle lasciare gli studi…ma i soldi per comprarle i libri e pagare le tasse scolastiche proprio non ci sono… Prende una grande decisione: scriverà al Duce…ha sentito dire che vuole bene al suo popolo…

“ Duce nostro amatissimo,

prima di cominciare la mia umile supplica, la saluto Romanamente…

La prego di perdonarmi se ho avuto l’ardire di scriverLe queste povere righe, ma non potevo chiedere ad altro ciò che posso chiedere al “Padre della Patria e Capo del Governo”.

Sedici anni fa, io e mia moglie Argia, deceduta per malattia da qualche anno, per colmare il grande dolore lasciato dalla morte del nostro unico figlio, caduto per la Patria durante la Grande Guerra, decidemmo di adottare un’orfanella. Giuseppina, questo è il suo nome, aveva appena un anno. Io e mia moglie l’abbiamo educata e mandata a scuola…adesso è arrivata al 1°Magistrale Superiore, ma io non ho più i mezzi per mandarla avanti, essendo io un modesto muratore, rimasto invalido ad una gamba in seguito ad un incidente sul cantiere. Sarei andato volentieri in “Africa Orientale”, ma non mi prendono perché ho sessanta anni. Dunque ora non ho più come fare. Sono arrivato sin qui e ritirarla dalla scuola sarebbe un grandissimo peccato, avendo lei buona volontà di studiare. Essa è ora capo-squadra e tra breve, se Dio vuole, darà gli esami per capo-manipolo. Dopo le feste di Natale, rientrando a scuola, devo pagare la II rata per la tassa e libri, 500 lire annue per l’Istituto Magistrale. Non avrei disturbato Lei se avessi avuto un lavoro, perché ho ancora buone braccia per lavorare…Se si fosse trattato solamente di me avrei patito la fame e le privazioni, ma trattandosi di lei il cuore mi sanguina solamente pensando che più tardi si troverebbe in mezzo ad una strada…come si dice in parole povere. Perciò, La prego, mi dia Lei un aiuto e non mi dimentichi…e si ricordi che è un padre che l’implora. Non altro Le dico, non mi dimentichi, mi scusi e mi perdoni. Nuovamente saluto Romanamente.

Il Fascista

Giovanni Dirisio

30 dicembre 1935 “

Roma, gennaio 1936

Il Duce e Donna Rachele stanno sfogliando la numerosa corrispondenza che il segretario ha appena portato. La lettera di Giuseppe attira l’attenzione di Donna Rachele che, come madre, resta colpita dalla storia di Giuseppina, prima orfana perché abbandonata e poi nuovamente orfana per la morte della madre adottiva, e la sottopone all’attenzione del Duce. Anche il Duce resta colpito: non è la solita supplica per un sussidio, ma è una supplica per far continuare gli studi ad una giovane e brava fascista.

– Hai ragione, questa lettera merita accoglimento. Gli manderemo 2000 lire per finire tutti gli studi e un sussidio al padre per permettergli di vivere dignitosamente –

Giuseppina si diploma col massimo dei voti e inizia la sua carriera di maestra elementare…Si fidanza con Alberto , anche lui giovane maestro elementare…Tutto sembra procedere tranquillamente…ma il Destino è in agguato…

1943…siamo nuovamente in guerra…la Seconda Guerra Mondiale

I due giovani stanno passeggiando nel parco, quando vengono sorpresi da un violento bombardamento

Alberto viene colpito in pieno e muore sul colpo, lei al basso ventre…viene operata, ma non potrà avere mai bambini.

Anche questa guerra, per fortuna, volge al termine…L’Italia è un cumulo di macerie, come un cumulo di macerie è il cuore di Giuseppina…ma lei è forte e decide che la scuola sarà la sua famiglia e i suoi piccoli alunni i figli che non potrà mai avere. Dopo la morte dell’anziano padre, decide di trasferirsi nel piccolo paese di Dolcefiore, lontana dal frastuono della grande città…Ben presto la maestra Giuseppina entra nel cuore di tutti gli abitanti e adottata dalla piccola comunità…

45 anni dopo…

Trascorrono quarantacinque anni…la maestra Giuseppina va in pensione e, quando si rende conto di non avere più le forze per vivere da sola, decide di andare ad abitare nella casa di riposo che porta lo stesso nome del paese “ Casa Dolcefiore”

Oggi, 30 gennaio 2016, Giuseppina compie novantadue anni…tutto è in festa! Mentre la sua nuova famiglia è intorno a lei e l’orchestrina suona…lo squillo del campanello della porta d’ingresso…

– E’ qui la festa? Possiamo entrare? –

Quattro giovanottoni, seguiti dalle rispettive mogli e figli, le si avvicinano…

Giuseppina li scruta…Ma non possono essere loro…

Come non riconoscere la rossa capigliatura di Ettore, “l’irlandese”, come veniva chiamato dai compagni…come non riconoscere i grandi occhi azzurri e la nera e folta capigliatura riccioluta di Manlio…come non riconoscere l’occhio bianco di Luciano, perso durante una “battaglia”con le fionde nel cortile della scuola…

– Allora, maestra Giuseppina… i verbi transitivi sono quelli che passano o non passano? –

– Aldo…povera me, sempre alle prese con questo dilemma per tutti gli anni delle elementari! –

Il momento è davvero commovente: i quattro “ragazzi” presentano alla loro maestra le rispettive famiglie…ed è tutto un vociare allegro e chiassoso nella piccola casa di Dolcefiore.

Arriva la torta…con 92 candeline accese…Tutti invitano Giuseppina a fare “il discorso”…

– Avrei molto da dire e da raccontare…ma non voglio annoiarvi e dirò solo poche cose. La mia vita non è stata “ una scala di cristallo”: ci sono stati angoli bui da affrontare e da aggirare…ma la mia fede in Dio mi ha aiutata ad andare avanti…Devo ringraziare anche la mia vera madre che mi ha abbandonata, perché mi ha dato un dono prezioso: la VITA, un dono meraviglioso che vale sempre la pena di essere vissuta. Ringrazio i miei genitori adottivi che mi hanno cresciuta con tanto amore …Ringrazio papà Giuseppe che scrisse la lettera al Duce quando non aveva più soldi per farmi studiare…e ringrazio anche il Duce per averlo ascoltato e avermi dato la possibilità di continuare a studiare…lo so che il periodo fascista è stato buio per la libertà e la democrazia…e che il Duce ci ha trascinati nella disastrosa guerra che noi anziani abbiamo vissuto sulla nostra pelle, ma se non ci fossero state le 2000 lire e il sussidio per papà Giuseppe io non sarei certamente qui…Ringrazio la meravigliosa famiglia della Scuola che ha colmato il grande dolore lasciato dalla morte del mio amato Alberto e dalla grande ferita inflittami dalle bombe…Ringrazio la mia nuova famiglia “Dolcefiore” che mi permette di vivere serenamente i miei ultimi anni …W la Vita…anche se spesso non è “una scala di cristallo”!

E mentre tutti ridono…ballano e cantano…

Biancaluna: Compare Ulivo…tu vuoi proprio essere tagliato e bruciato!…E’ pericoloso parlare bene del fascismo…

Compare Ulivo: Ma perché non raccontare anche un po’ di bene che ha fatto? Guarda, che la maggior parte dei benefici di cui godono oggi gli italiani è frutto di Mussolini: i contributi ai lavoratori, il sabato libero, le visite mediche gratuite nelle scuole, le colonie estive per i bambini poveri…

BiancaLuna: Ma devi dire anche altre cose che non andavano: olio di ricino e bastonate ai dissidenti…prigione, esilio…E perché non dici il vero motivo che impedì a Giuseppe e a tanti altri italiani di andare a lavorare in Africa?

Compare Ulivo: Perché non avevano voluto fare l’iscrizione al partito Fascista…Tanto è vero che Giuseppe, consigliato dal parroco, prima di spedire la lettera si iscrisse al partito…

BiancaLuna: Adesso va un po’ meglio…

Compare Ulivo: Cara Comare BiancaLuna…un popolo affamato e vittima di ingiustizie…prima o poi ricomincia a desiderare una persona che venga incontro alle primarie esigenze…

BiancaLuna: Per fortuna che c’è la nostra amata Costituzione a difendere tutti i cittadini…Speriamo che per la miopia di qualcuno non venga stravolta e “adattata”alle “esigenze” del momento…

Compare Ulivo: Non dovrebbe accadere, gli Italiani sono istruiti, studiano, vanno all’università…Ma non si può mai sapere…Buonanotte Comare Luna

BiancaLuna: Buonanotte Compare Ulivo…Per adesso siamo ancora qui, muti e vigili testimoni della storia passata, presente e, speriamo, anche futura!


LA SARTINA

Corre l’anno 1937… tanti anni fa.

Maria Pia è una giovane sartina di sedici anni, orfana di padre, vive con la madre e i suoi due fratelli in una modestissima casa di due stanze  e fratelli. Il maggiore, Alfonsino, di diciotto anni, convive da due anni con  una pericolosa tubercolosi e per questo non riesce più a trovare lavoro. Guglielmino, di quattordici anni, lavora come muratore, quando capita. Mamma Donatella si arrangia come può, lavando i panni ai “signori”, ma i lavori delle donne e dei ragazzini sono malpagati e  riescono a malapena a  far fronte alle più elementari necessità della famiglia.

Maria Pia è una brava sartina, ma la sua macchina da cucire, lasciatale in eredità  dalla nonna prima di morire, è troppo vecchia e non funziona più…

Sono diversi giorni che un’idea le si affaccia nella mente…finché quel 30 giugno prende coraggio, va dalla sua vicina e si fa prestare una penna e un calamaio, e dalla signora Giacinta, la tabaccaia, un foglio e una busta…

“ Eccellenza,

io sono una Sulmontina di 16 anni, orfana di padre da tanti anni…Da allora io e la mia mamma siamo le sole in grado di lavorare, con il mio fratello minore Guglielmino di 14 anni che fa il manovale come muratore.  Alfonsino, il fratello maggiore di 18 anni da due anni non riesce a trovare lavoro a causa di una brutta tubercolosi…Si sa, i lavori delle donne e dei ragazzi sono sottopagati…

Io sono una giovane sartina e mi chiamo Maria Pia. Fino all’anno scorso lavoravo con la mia macchina da cucire lasciatami da mia nonna…ma essa era già vecchia e consumata e si è rotta più volte…e adesso non è più riparabile…La mia amica Concettina per un periodo mi ha prestato la sua, ma la macchina serve anche a lei, anche lei è orfana e di entrambi i genitori morti di tisi e deve mandare avanti la casa con gli anziani nonni ciechi e i suoi cinque fratellini…

Ora non so più risolvermi…

Per questo, oh Grande Duce, mi azzardo a fare appello alla Sua magnanimità, non disperando in una Sua benevola considerazione. Ho tanta fede in Sua Eccellenza e perciò ardisco a sperare di poter essere un numero di più alle Sue beneficate incontabili.

Con la più profonda gratitudine e devozione pregherò tanto per la Sua gloria e che Dio La preservi da ogni male.

Sua umilissima

Maria Pia  “

…Ma dove spedire la lettera?

Maria Pia corre trafelata dal parroco, Don Fernando…

Don Fernando legge la lettera e guarda questa coraggiosa e giovane sartina. Conosce bene la sua famiglia: nonostante i gravi problemi, sono sempre presenti alla Messa Domenicale…

  • Non ti preoccupare Maria Pia, penserò io a spedire la tua lettera al giusto indirizzo…Abbi fede e prega –

Maria Pia gli  bacia le mani e fiduciosa torna a casa.

Passano i giorni…passa un mese.

E’ l’alba quando bussano alla porta…tutti si alzano…

Davanti a loro il Podestà con due funzionari e un grande pacco…

  • Questo da parte del nostro amato Padre della Patria, Sommo Benefattore, il Grande Duce Benito Mussolini –

I funzionari con il Podestà entrano in casa e aprono il pacco…Merviglia! Una fiammante, nuovissima di fabbrica “SINGER”, accompagnata da un biglietto…

“ Cara Maria Pia, piccola grande figlia della Nostra Amata Italia, con l’augurio di prosperità e tanta fortuna.

Il Vostro Duce

Benito Mussolini “

Sapete i primi lavori che esegue con la nuova “SINGER” la piccola Maria Pia? Una sciarpa ricamata per il Duce e uno scialle ricamato per Donna Rachele…Sempre tramite Don Fernando, anche questi giungono a destinazione.

Quindici giorni dopo una macchina si ferma davanti alla povera casa e, con il Podestà e i suoi due funzionari, scende anche un signore molto distinto…E’ il primario di un illustre sanatorio privato del Nord, dove vanno a curarsi “ i signori”, “la gente che conta”.

  • Per la magnanimità del Nostro Amato Duce, sono venuto a prendere suo fratello Alfonsino per curarlo nella mia clinica –

Mamma Donatella e Maria Pia si inginocchiano ai piedi dell’illustre medico…

  • Non è me che dovete ringraziare, ma il nostro Padre della Patria, il nostro amato Duce… E adesso vostro fratello Alfonsino verrà con me-

La mamma e Maria Pia mettono le poche cose di Alfonsino in  una vecchia e piccola valigia di cartone, lo abbracciano e lo salutano finché la macchina non scompare.

Pochi giorni dopo Don Fernando bussa alla loro porta…

  • Sapete? E’ venuto a trovarmi Gilberto Capodicasa, il maestro di scuola di Guglielmino, e parlando del più e del meno abbiamo parlato anche di voi e della vostra storia. Il maestro Gilberto mi ha detto che Guglielmino era un alunno molto intelligente e studioso  e gli dispiacque tanto quando si ritirò…Che dite se gli facciamo riprendere gli studi? Ho già parlato con il Vescovo ed è d’accordo…Lo facciamo entrare in Seminario così può riprendere a studiare –

…E così Guglielmino entra in Seminario.

La vita prende a scorrere nel modo giusto per Maria Pia e la sua mamma…Gli affari vanno bene…sempre più “signore” della buona società si rivolgono alla giovane sartina…

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  • …Ma i venti di guerra si diffusero nel mondo…e sconvolsero il corso della storia, con le conseguenze che tutti conosciamo: la sconfitta e la caduta del Fascismo…e quella del Duce…Mia cara comare BiancaLuna, io e te siamo silenziosi testimoni della storia della nostra amata Italia… -
  • Eh compare Ulivo… quante ne abbiamo viste! Ma adesso non è pericoloso raccontare questa storia? Possiamo essere tacciati di “fascisti”…A me non possono fare nulla…ma a te possono anche tagliarti, toglierti di mezzo…sei un “testimone scomodo”… -
  • Comare BiancaLuna…bisogna correre il rischio…I giovani devono conoscere anche questo aspetto del Fascismo e capire che ogni governo ha avuto e avrà sempre un lato negativo e un lato positivo…-
  • Hai ragione compare Ulivo…i governi sono fatti da uomini e “gli uomini sono esseri imperfetti”…cioè una medaglia con due facce: una buona e una cattiva…Ma a proposito, vogliamo raccontare come andò a finire la storia della sartina Maria Pia? –
  • Non andò a finire, perché continua ancora…Vedi dove sono adesso? Prima ero nel piccolo orto di casa di Maria Pia…adesso sono nel grande giardino di “VILLA MARIA PIA”…EH sì, durante la guerra Maria Pia confezionava le divise militari, dopo la guerra riprese il suo antico mestiere, diventando una bravissima e famosissima sarta…Restaurò la vecchia e piccola casa…i suoi figli la ingrandirono…e adesso i suoi pronipoti ne hanno fatto una splendida villa…Anzi le sue nipoti e pronipoti hanno continuato l’opera della loro nonna e trisavola Maria Pia. Adesso è una grande casa di moda “CASA DI MODA MARIA PIA”, in onore della loro coraggiosa e intraprendente bis-bisnonna –
  • Invece Guglielmino e Alfonsino, i fratelli di Maria Pia? –
  • Alfonsino guarì dalla sua brutta malattia. Andò a lavorare prima come commesso in un negozio di calzature e poi si mise in proprio. Aprì un negozio tutto suo…ma in seguito aprì anche un piccolo laboratorio di calzature… -
  • Eh, sì, compare Ulivo…i suoi figli, nipoti e pronipoti hanno continuato la sua opera e adesso il marchio “ALFONSINO” è l’orgoglio del nostro paese…i suoi negozi sono dappertutto, in tutto il mondo. In quanto a Guglielmino… -
  • Guglielmino uscì dal Seminario e abbracciò la vita sacerdotale, prendendo successivamente il posto di Don Fernando quando questi volò in cielo. Aprì un laboratorio di arti e mestieri prima per gli orfani e poi per “i ragazzi di strada”, ripercorrendo il progetto di Don Bosco, tanto per capirci. Poi andò in africa e in india dove conobbe Madre Teresa di Calcutta e, incoraggiato da lei, fondò anche in questi paesi laboratori e scuole di arti e mestieri…Ma anche se lui è volato in cielo diversi anni fa, la sua opera continua, grazie alle nuove generazioni di sacerdoti e missionari… -
  • Che bella storia è questa, compare Ulivo…Ma la senti questa musica? Da dove viene? –
  • Comare BiancaLuna, mi sa tanto che devi cominciare a metterti gli occhiali…Non vedi? Viene da “VILLA MARIA PIA”. C’è la nuova sfilata primavera-estate 2016… -
  • E’ vero compare Ulivo…adesso chiamiamo il nostro inviato speciale Eolo e lo mandiamo lì dentro…e poi ci farà un bel servizio giornalistico, aggiornandoci sullo svolgimento della festa… -
  • Ben detto, compare Ulivo…siamo in attesa…che bella nottata! –