Grazie, o mamma

Fine e delicata
dedita alla famiglia e all’arte
una signora nata.
Amavi la natura
la musica e la pittura
e ritraevi i paesaggi
che in note trasformavi.
Nei tuoi quadri e nelle tue melodie
si sentiva in dolce chiaroscuro
il calore del sole
la luminosità della luce
e fra gli esseri umani l’amore.
In te univi oltre alla dolcezza
una forza morale
fatta di silenzi e pazienza
veramente eccezionale.
Oggi io, la tua figlia primogenita,
son diventata poetessa
ma con certezza da te, o mamma,
sgorga nella mia anima
questa vena poetica.
Grazie, o mamma,
per tutto quello che mi hai dato
per il tuo esempio di roccia salda
e per il tuo amore alla bellezza e all’arte.


Fratello poeta

Imprevedibilmente
son diventata poetessa
e mi son ritrovata
tra tanti poeti
quasi tra tanti fratelli.
Una nuova famiglia,
uomini donne,
tutti accomunati
da ispirazione poetica.
Me li sento vicini tutti,
ciascuno con la propria vena,
tutti simili e tutti diversi
ciascuno con la sua stella


Amore cosmico

Non sono parte
del sole né della luna
né della stella
ma sono nata
nel pianeta Terra.
Il cielo è il mio tetto
l’erba il mio letto.
Ho tanti fratelli
si chiaman Terrestri.
La mia casa era bella
ma or non è più quella.
Ma spero che un giorno
ritorni ad essere
e ne sono certa
com’era prima
anzi più bella.
Pulita limpida e leggiadra
con la freschezza della rugiada.
E anche i miei fratelli
sian più uniti
radiosi e felici
e pur se lontani
si sentan vicini;
non solo ai contemporanei
in senso orizzontale
ma anche ai trapassati
in senso verticale
e sian sempre responsabili
verso quelli che verranno.
Pianeta Terra,
dove anche
animali e piante
vivano al riparo
e nemmeno il più piccolo
fuscello d’erba
sia calpestato
né si senta mai escluso
o dimenticato.


Passa il tempo

Passa il tempo veloce
eppur non sembra
e par che debba esser
sempre attuale
il tempo presente.
Inesorabilmente gli affetti
da presenti si fanno assenti.
I parenti diventano estranei
e gli estranei invece parenti.
Si ribaltano le situazioni
mutano le condizioni.
La vita è come un libro
ogni periodo è un capitolo.
Chiusa una pagina
se ne apre un’altra
e ogni tramonto
ha la sua alba.
Passa il tempo cambia la scena
ma in ognuno in questa vita frale
c’è in segreto riposta
l’ansia di diventare immortale:
c’è chi la persegue nei figli chi nell’opera.
E’ un monumento che si costruisce
pietra su pietra l’umanità intera.
Passa il tempo cambia la scena
passa il tempo come un fiume in piena.
Ma fervida una preghiera
o Signore io ti levo:
che possa vedere ogni madre
il proprio figlio invecchiare.


La prima ruga sul tuo viso

Che tenerezza
la prima ruga
sul tuo viso!
Della fatica del vivere
segno
e del trascorso tempo.
E’ un solco profondo
sulla fronte
che dice
delle tue ansie e timori
delle lotte e preoccupazioni.
Non sarà un segno
di splendore
ma lì è racchiuso
tutto l’amore.


Cuore di rubino

Corniola pirite
ametista lapislazzulo…
non sono nomi strani
ma sono minerali.
Pietre non come le altre
ma pietre speciali
trasparenti luccicanti
dai colori smaglianti
e dalle forme più bizzarre.
Pietre cristalline
in cui il divino Creatore
si è sbizzarrito con la fantasia
a creare capolavori artistici
con somma maestria.
E perciò anche le pietre
cui si paragonano in genere
le persone dure e spietate
nei minerali invece assumono
una mirabile bellezza rara.
E così anche il cuore di pietra
sarebbe ricco di luce e di calore
come quello dell’artefice divino
se fosse invero un cuore di rubino
E perciò anche le pietre
cui si paragonano in genere
le persone dure e spietate
nei minerali invece assumono
una mirabile bellezza rara.
E così anche il cuore di pietra
sarebbe ricco di luce e di calore
come quello dell’artefice divino
se fosse invero un cuore di rubino


Una casetta nel cuore

Gesù fammi una casetta
nel profondo del tuo cuore
dove possa ripararmi
dalle mancanze d’amore.
Dove non mi giunga
il veleno dell’incomprensione
dell’ironia
dell’ignoranza e della presunzione;
dove io non senta
il veleno dell’indifferenza
dell’ingratitudine
del vilipendio e della solitudine;
dove non mi arrivi
né l’asprezza o la durezza
ma neanche la falsa dolcezza
della furbizia e dell’ipocrisia,
dove non avverta
il pungiglione della gelosia.
Gesù fammi una casetta così
nel fondo più profondo del tuo cuore
perché io possa ripararmi
all’abbondanza del tuo amore


Incanto

La felicità è l’amore
e senza dubbio in assoluto
a questo spetta il posto di onore
nella graduatoria degli affetti.
Ma c’è una sorta di felicità
diversa ma non meno intensa:
è la contemplazione della bellezza.
Risiede essa nella natura
nel mare nel monte nel cielo
e in ogni elemento del Creato
che ci delizia col suo paesaggio.
Ma risiede anche nella cultura:
ogni scritto sublime sia prosa o poesia
ci porta in estasi in una sfera pura
e senti la tua anima innalzarsi
lassù dove labile diventa il confine
tra la terra e il cielo, l’umano e il divino.
E’ questa una felicità diversa
il cui vertice si erge supremo
nell’ulteriore contemplazione
di quella speciale bellezza
che è della santità la vera essenza


Il germe della contemplazione

Non dimenticherò mai
il noto fisico Enrico Medi
quando dopo la Messa
all’uscita dal Santuario
a Gibilmanna
fermo ritto sostava
con lo sguardo rivolto
al mare e alla campagna.
Assorto e trasognato
così a lungo rimaneva
e nella casetta di fronte
io bambina mi chiedeva
il perché di quella sosta lì.
E mentre egli contemplava
estasiato il paesaggio
io ero rapita dal suo sguardo.
E questo gesto
che tornava sempre uguale
ogni giorno in continuazione
chissà forse ha inculcato in me
il germe della contemplazione


Tenerezze

Quand’ero piccola
ero uscita con la mamma
una mattina.
Eravamo passate
per la vetrina
del gelataio,
alla nostra casa
poco vicina.
Avevo visto
una pupa di zucchero
come si usano fare
per i morti da noi
qui in Sicilia.
L’avevo ammirata
ma poi tranquilla
con la mamma
a casa ero tornata.
Ma nel cuore della notte
mi svegliai di soprassalto.
L’avevo sognata:
l’avevo vista
ma non toccata.
Piangevo disperata
di questo strano inganno
della nottata.
La mamma svegliatasi
mi cercava di consolare
e per distrarmi
non sapeva più
che cosa escogitare.
Nel frattempo
dal mio lettino
vedo papà alzarsi
sedersi sulla sponda
del letto grande
e prendere i vestiti
che cominciava
a indossare
sullo stesso pigiama.
La mamma gridava:
“Dove vai a quest’ora di notte?
E’pericoloso. Non c’è nessuno per la strada!”
Ma papà imperterrito continuava.
E andò per la strada.
Solo, a piedi, al buio
(ed erano gli anni Quaranta!)
nella fredda notte di novembre
per andare a bussare
alla porta del gelataio.
Questi si svegliò d’improvviso
e, riconosciuta la voce, gridò:
“Professore, cosa c’è? Come mai?
Cosa vuole a quest’ora di notte?”
E subito si precipitò ad aprire.
Poco dopo dal mio lettino
ho visto arrivare il mio papà,
ancora insonnolito, spettinato,
a mala pena vestito,
che teneva in braccio la pupa di zucchero.
La mia pupa bella!
E la portava come un vincitore
che torna dalla battaglia
col suo trofeo di guerra.
Al ricordo sempre mi commuovo
nel pensare a quest’uomo
le cui parole a me bambina
tante volte risultavano strette
ma che era capace anche
di grandi tenerezze.


Ritorno

Coi capelli grigi e un poco stanca
ritorno per un caso fortuito
nei luoghi che hanno raccolto
frammenti della mia infanzia.
E’ la collina con la sua campagna,
e verde e bruna e gialla;
su questo sfondo dai vari colori
si stende il cielo sconfinato
che, se altrove è un vago ricordo,
qui all’imbrunire è cielo stellato.
Campagna coi suoi cari rumori:
il canto del gallo che ti sveglia al mattino,
il mulo che passa col suo calpestio,
e dove tutt’a un tratto ti sorprende
il belar delle pecorelle.
Campagna,
dove si faceva colazione
con la frutta da noi raccolta,
dove si andava a prender l’acqua
alla fontana con la brocca;
e provvedere alle necessità
era sempre un giuoco divertente.
Insieme intrecciavamo canestri
e insieme, oltre che a piedi,
facevamo passeggiate equestri.
Allora sparsi per la campagna
ci apparivan davanti
i rustici casolari
coi comignoli fumanti;
e passavamo pure
per i viali fiancheggiati
da alti cipressi
allineati in filari;
un pino ad ombrello
talora li spezzava
su cui libero e fluttuante
svolazzava qualche uccello.
E poi ci dirigevamo contenti
all’abbeveratoio di pietra
che dava freschezza
con le sue acque correnti.
E per tutta la campagna
ci deliziava l’odore
della selvatica menta.
Dolce campagna,
dove la serenità del luogo
si fondeva con la pace familiare!
Ritorno, ma più non vedo
i volti tanto amati;
ritorno, ma più non odo
la voce argentina
del canto nella sera


Bocciolo di fiore

Chiuso e impercettibile
ti confondi tra le foglie
prima che tu germogli.
Bocciolo di fiore,
racchiudi in te splendore
meraviglie di colore.
Ma quando d’un tratto
tu smagliante ti apri,
sei il tripudio della vita,
dell’essere il trionfo.
E così è l’uomo
quando la sua natura
dapprima oscurata
sbalza fuori pura
nella sua vera essenza
di contro all’esistenza


Mare

O mare,
liquido azzurro
scintillante
sempre in moto
e presso gli scogli
spumeggiante.
Sei l’immagine
della vita
sempre antica
e sempre nuova
sempre la stessa
ma che continuamente
si rinnova


Dinanzi al mare di San Leone

O mare mare!
Celeste distesa di acque
che sconfini in lontananza nel cielo!
In te ringrazio il Creatore
che ti fece immagine di sé.
In te in Lui mi immergo,
nella tua trasparenza, nel tuo refrigerio;
in te Lui contemplo,
inebriandomi della tua infinità
e cullandomi al suono del tuo sciacquio
quasi sussurro dell’eterno Dio


Amicizia

Io soffro.
E una lacrima scende
sul suo viso.
Io gioisco.
E un sorriso si apre
sul suo viso


 

Una voce nel deserto

In questo deserto
di umana follia
una voce sembra
levarsi: è la poesia.
Ma troverà chi l’ascolti?
O essa è nata già morta?
Finchè però ci sarà
un cuore sensibile
che l’ascolterà
c’è la speranza
che il deserto
in oasi si trasformerà.


Bellezza dell’età dell’argento

Non avrei mai pensato
che l’età dell’argento
fosse così bella:
la libertà di spirito
che diventa libertà di parola,
la serenità che è giusto distacco,
il tesoro della salute recuperata,
la naturalezza e la semplicità.


Scienza e fede

Come si può pensare
che lo scienziato,
sia egli fisico o matematico,
geologo o botanico,
sia lontano da Dio
o addirittura ateo?
Il vero scienziato crede.
Un esempio è il fisico
Enrico Medi,
Servo di Dio
eletto dalla Chiesa.