Non Avere Paura

Resisti piccolo fiore.

Sei sbocciato al primo impaziente tepore invernale

e ora il gelo cerca di estirparti la vita.

Non ha colpa l’inverno se tu lentamente muori

ma tanta crudeltà ti sgomenta

ancor prima di annientarti.

Tieni duro

anima mia.

Non avere più paura

del lupo, di non riuscire, di non essere abbastanza,

di vivere!

Ti darò la mano

ogni volta che sentirai venir meno la tua essenza

e urlerai nel cuscino il tuo strazio

per non turbare il sonno del tuo aguzzino.

La mia mano esiste per sostenere te

anima mia

quando la delusione verrà per calpestarti

e l’insicurezza tenterà di fiaccarti.

La mia mano ti accarezzerà fino a che l’ultimo tuo tremito sarà dissolto

anima mia.

Non temere nessuna battaglia

perchè la mia mano reggerà la tua spada

finchè l’ultima fibra del mio corpo avrà un guizzo di vita.

La mia mano

come coltre di neve

ti proteggerà, piccolo fiore.

Nessun inverno avrà ragione di te.

A primavera ti schiuderai baciata dal sole giusto

e ti giuro che il tuo profumo non avrà eguali

anima mia.


 

Araba Fenice

E’ successo di nuovo

mi sono smarrita.

La testa mi gira

una flaccida mollezza mi fà impotente

e dubbi veloci diffondono per tutta me

cacciano le mie certezze

scoloriscono il fatto e il da farsi.

Solo un attimo fa

il percorso era nitido

lì davanti

come un fiume d’argento

scolpito sul fondovalle.

Non mi dava pensiero seguire il suo corso

le tappe impresse a fuoco sulla mia pelle.

Meglio sostare

prendere tempo, capire.

C’era una falla nella struttura del mezzo

o forse io pecco di presuntuosa incoerenza?

Il dubbio mi è quasi fatale.

Improvviso un sospiro m’attraversa le viscere

e carne e mente rimpasta facendosi strada.

E sì, io risorgo! Nuova vita mi inebria

dacchè quella vecchia oramai mi ha mutata.

Del mio andare comprendo il senso profondo.

Non perseguo una quiete sicura e uggiosa

ma nuovo entusiasmo e un nuovo destino

obliando la paura e non certo la meta

cui posso adire per infiniti orizzonti.

Riparto, la sosta è finita

ancora una via si mostra ben chiara.

Un sorriso che nasce mi increspa le labbra.

Le orecchie son tese gli occhi guizzanti

il vecchio torpore è un ricordo sbiadito.

Che cosa offrirà il prossimo attracco?

Forse proprio lì mi accomoderò meglio.


 

Carletto il castoro senza ristoro

Questa è la storia di un piccolo castoro di nome Carlo che viveva sulla cima di una montagna molto alta.

Il nostro amico era un tipo curioso ed intraprendente e tutti i giorni realizzava una nuova fantastica idea creando ogni genere di marchingegno come il termometro per misurare la febbre alle farfalle, il contapeli per la lingua o il trovaaghi in un pagliaio.

Ordunque bambini, fate bene attenzione

leggete e imparate questa nuova lezione

affinchè il Tempo sappiate apprezzare

e la vostra mente apprendiate ad usare.

Sulla cima di un monte vicino al ruscello

viveva un castoro vivace e assai bello.

Il passare del tempo non lo turbava

-Di tempo ne ho tanto!- l’ingenuo pensava.

Ingenuo, ho detto, non sciocco o banale

ma piuttosto distante dalla vita reale

preso com’era ad inventare ogni giorno

strumenti, impianti e ricette da forno.

Carletto aveva una grande aspirazione: creare un’opera imponente, straordinaria e diventare molto famoso; egli desiderava essere ammirato e lodato da tutti per la sua bravura.

Ma quale idea poteva essere la migliore da realizzare? Cosa poteva costruire il nostro ambizioso amico per soddisfare il proprio desiderio di celebrità?

La risposta arrivò in un batter d’occhio.

-Ma certo! Costruirò una diga grandiosa e tutti mi faranno i complimenti, anzi, probabilmente sarò eletto Re dei Castori!-

Una volta deciso cosa fare Carletto non perse tempo e, dal momento che era abituato a progettare e a pianificare ogni genere di impresa, cominciò a riflettere sui dettagli principali.

-Dunque, visto che il bosco si trova qui vicino procurarsi il legno è molto semplice, io sono robusto e forte come un elefante e i miei denti incisivi sono più affilati degli incisivi di tutti i castori della foresta!-

Le premesse erano molto buone e realizzare il progetto della diga sembrava facile come bere un bicchiere d’acqua.

Con grande efficienza Carletto prese le misure di tutto quello che c’era nei dintorni: la larghezza del fiume, la profondità dell’acqua, la forza della corrente e la resistenza del legno.

Non ancora soddisfatto, continuò a misurare: la lunghezza dei propri incisivi, la velocità con cui crescevano e la loro resistenza all’usura; poi inventò il coefficiente di disgregazione, lo moltiplicò per la massa di smalto totale e finalmente gli sembrò di avere la situazione sotto controllo e di poter incominciare i lavori con l’animo tranquillo.

Nella sua mente echeggiava di continuo lo stesso pensiero:

-Non posso lasciare alcunchè all’approssimazione perchè il mio progetto potrebbe fallire e io voglio essere certo che ciò non accada!-

Credeva Carletto -Oh, pia illusione!-

che il Fato potesse, per qualche ragione,

a lui non far caso ed oltre passare,

ne’ allarme ne’ affanno a lui generare.

Attenti bambini: non si tratta di guerra,

piuttosto di quello che accade qui in Terra

ovvero che quando un progetto incominci

è raro che tutto al meglio avvenga, perdinci!

Oggi è un prurito, domani un malanno

il tempo che cambia a volte fa danno.

Un guaio col capo, un cavillo legale,

un’astuzia maligna, una storta…che male!

Una cosa è pur certa, miei cari ragazzi,

mollare l’impresa è cosa da pazzi!

Ognuno di noi ha sogni e speranza

a cui dedicare la propria costanza.

E se questo, ahimè, non dovesse avvenire

come una fioca candela verrebbe a svanire

il sonno, la gioia, la forza del braccio

l’ardore, la vita, che triste pasticcio!

Poichè il nostro castoro si fidava esclusivamente delle proprie capacità non permise ad alcuno di aiutarlo.

-Tutti diranno che sono molto abile e forte!- pensava fiero e impettito mentre lavorava.

Un bel giorno, mentre così impettito tagliava e legava i tronchi che avrebbe usato per formare lo sbarramento, gli si presentò alla mente una nuova, e, a suo parere, grandiosa idea.

-Invece di utilizzare gli alberi di questa montagna mi procurerò alberi che crescono vicino al mare perchè, ora che ci penso, l’aria salmastra rende il legno molto più durevole!-

Scommetto che avete già capito che per Carletto questa miglioria era fondamentale così il suo lavoro si fece mille volte più pesante.

Passarono molti mesi e finalmente la diga poteva dirsi terminata ma, ancora una volta, ahimè, Carletto volle perfezionare la propria opera.

Egli pregustava già le congratulazioni e le onoreficenze che sarebbero fioccate dopo aver installato un sistema elettronico che avrebbe permesso di aprire, chiudere nonchè regolare il flusso dell’acqua.

Questa variante comportava che venisse smontato il lavoro fino a lì eseguito e si ricominciasse daccapo ma il nostro castoro sembrava non sentire la fatica e riprese a lavorare con rinnovato entusiasmo.

Nel Paese dei Castori oramai si moltiplicavano le scommesse ed erano rimasti ben pochi coloro che nutrivano ancora qualche fioca speranza di vedere la diga finita.

Passò il tempo e, di modifica in modifica, per Carletto venne meno la possibilità di realizzare ogni altro proposito, ogni altro sogno…e sì che un tempo ne aveva avuti molti.

Ancora oggi, se passate sulla cima della montagna, nei pressi del torrente trovate un castorino canuto e coi denti lisi che continuamente si domanda come fare per migliorare il proprio progetto poichè non può pensarlo meno che perfetto.

Attenti ragazzi a mettere a fuoco

il punto, la via e il senso del “gioco”!

Non ciò che è perfetto dev’esser la meta

ma ciò che funziona e la vita completa.

La Vita! ho detto, proclamo e ripeto

La Vita, ch’è torrente e non lago cheto.

Sogni e talenti sono il nostro tesoro

e guai a chi spreca! Il tempo è oro!

Nè fama, nè gloria siano i vostri padroni

piuttosto: attenzione a questi ladroni!

Serve soltanto un po’ di coraggio

per fuggir la paura che ci tiene in ostaggio.

Paura di cosa? E’ subito detto

che ciò che facciamo sia men che perfetto!