La chiave

Nella cassa armonica

d’una chitarra

trovo una chiave.

Come sia finita lì dentro,

non è certo.

Probabilmente non sa

come aprire un concerto.

Neppure lega la fronte

alla sirma, s’evince

dalle qualità della

rima.

Eureka!

È la parola che t’avevo

dato, quel giorno,

e che m’hai restituito,

quell’altro:

amore.


 

Posizionamenti

Dove ti metterei, anima mia?

In un vaso, con la primula e il croco,

per vedere le tue fluorescenze infinite,

il tuo odore di vite;

in una gabbia dorata,

appesa al chiodo del crocifisso,

tra la fonovaligia e l’asse da stiro

saresti una nuova fantasmagoria;

nel becco di un airone di montagna

sentiresti come soffiano i venti

e all’eterna giovinezza,

preferiresti la mia;

in un film di Buñuel:

sei già là, angelo sterminatore,

nella borsetta da signora bene,

che alle volte mostri due zampette

di gallina;

nel letto di Procuste:

accetterebbe le tue scommesse,

allungherebbe le tue menzogne

di gambe troppo corte.

Nel taschino del cappotto:

al calduccio, forse,

ripenseresti ai nostri bagni di sole.

Dove ti metto, anima mia?

Nello spazio-tempo sempiterno

che tu sei la chimera di cui scrivo

ed io, bidella al tuo servizio,

alterata vivo,

costretta, in sgabuzzino.


 

Destinazioni

So di un posto

dove cadono piume,

è una terra emersa

un attimo fa.

È già diventata

la stazione centrale

degli angeli

di passaggio

ma non c’è mai chiasso:

silentemente si corre

al treno-destino,

dove una lettera argentata

spiega gli imprevisti

di giornata.

Gli angeli ancora più

lesti verso il mondo

vanno:

ben sanno che tra

un Ave e un’Eva

il margine d’errore

è minimo.