“Il mal sottile”
( a tutte le donne che non sono riuscite a farcela)

Ci sono mali che uccidono
più di qualsiasi acclarata malattia.
Sono i mali che, subdoli, strisciano lentamente nelle menti
Sono quei mali che a poco a poco si impossessano dei pensieri
dell’individuale capacità di comprensione
di gestione delle proprie opinioni, delle proprie convinzioni
della propria volontà.
Sono quei mali che non iniziano all’improvviso
ma si fanno lentamente spazio nell’incomprensione di chi intorno
non ne considera la gravità.
Accade spesso, sempre più spesso.
Sono quei mali che nascono, crescono e deflagrano dalla solitudine interiore
dal sentirsi sempre inadeguati, mai all’altezza.
Dal riconoscere il proprio stato di sudditanza
sapendo di non aver più possibilità di riscatto.
Dal pensare che, in fondo, hanno ragione gli altri
l’apparente e dovuta gratitudine è peggiore dell’ingratitudine
Dal ritenere che ogni cosa danneggi se stessi è giusta punizione
per aver involontariamente fallito
per non aver saputo cogliere quanto con estrema generosità
la vita ha dispensato e riservato.
Il realizzare, intimamente, che tutte queste cose
messe opportunamente insieme
non potranno che portare ad una dipartita prematura ma giusta.
Non conta quanto intorno accade
non contano i salvagenti che, da fuori, qualcuno tenta di lanciare
perché nota il mutare costante dei tratti del viso, del corpo
dello sguardo sempre più assente e spento
Non conta quanto è sempre stato un interesse primario.
Nulla conta
La tristezza, conta
Il sapersi nullità, conta
Il vedere il mondo con occhi vitrei, conta
Il non sentire più la vita che scorre nelle vene, conta
E nulla al mondo può risvegliare da questo stato
Proseguire conta, nel cammino tracciato ed obbligato
godendo dei pochi momenti regalati da chi è passato attraverso
da chi amerà per sempre pur non comprendendo
da chi, puoi aver sbagliato tutto
ma sarai sempre la parte più importante del suo esistere
Contano i pochi momenti che si ritagliano
tra disperazione ed incapacità di resistere
i momenti in cui riuscirebbe possibile trafiggere il cielo
con un grido liberatorio
sbriciolandolo in infiniti frammenti che
ricadendo lievi sulle teste di chi
oramai troppo speso
ti vede, senza accorgersi del tuo esistere
di chi sente ma non ascolta
e, incessanti, riecheggiassero nel loro pensiero
il tuo inconfessato bisogno d’aiuto
d’amore.


“Eri, qui”

Eri, qui
trecentosessantacinque giorni fa
Occhio nero
caduta accidentale
demenza momentanea
Eri, qui
trecentosessantacinque giorni fa
seduta al tuo solito posto
quello che sarebbe stato tuo a lungo
a spiluccare con parsimonia
quanto, con infinito amore, ti veniva offerto
preoccupazione comune
non volessi più nutrire il tuo corpo e la tua mente
conscia di non essere stata te stessa per qualche
interminabile
giorno
…ed invece eri, e sei rimasta
per lungo, meraviglioso, lungo tempo
Eri….eri qui,
trecentosessantacinque giorni fa……


“Ai miei occhi”

Ai miei occhi appaiono
in un agglomerato di emozioni
visioni straordinarie
di un universo mondo da salvare
Ai miei occhi, stanchi
appaiono atrocità che non vorrebbero vedere
di coltelli che tagliano gole
di fuochi che inceneriscono corpi
di uomini gettati dai terrazzi
di palazzi ridotti a colabrodo
e, a terra ancor vivi
umiliati dal lanciare di pietre
monito per tutti
che il nascere diversi non ha diritto di esistenza
Ai miei occhi appaiono
le atrocità di un popolo
quello tutto, nel suo disperato insieme
di bambini morenti di fame e stenti
di donne private della libertà d’essere
tutti figli di un dio da lungo tempo distratto
Ai miei occhi, appannati dal non comprendere
appaiono uomini
che in nome di quello stesso dio
chiunque esso sia, qualunque il suo nome
vorrebbero imporsi ai simili
e non importa se il verbo è differente
l’uomo può, laddove dio non può
Ai miei occhi, chiusi
dio non appare
appaiono immagini bellissime
di paesaggi meravigliosi
che domani non esisteranno più
Amara eredità da lasciare a quanti
dopo di noi
derideranno la nostra umana stupità.


  LA SCELTA

Nascono dal silenzio
di solitudini inconfessate
crescono nei sorrisi di facciata
sfoderati per strada
ad eludere allusive domande
mai intente a risollevare
sempre indagatrici di voci sospese
mai propositive di salvataggio
sempre destinate al gioire di malesseri altrui
gli altri, quelli che intimamente si considerano i meritevoli
i predestinati
Nascono nel buio di notti insonni
vissute a vergare parole, lanciate nell’etere
di bassezze pubbliche
per non pensare a quello che, dentro, ribolle
come fagioli cotti lentamente in una pentola di coccio
Crescono, lentamente, nell’incapacità di essere
ciò che si vorrebbe essere
convinti sia troppo alta la pretesa
appiattendo ogni personale desiderio
doveroso senso di gratitudine
verso chi, in fondo, non ha fatto che l’altra metà
di un lavoro certosino poco, e male, riconosciutoci
Scoppiano, all’improvviso di un giorno speciale
prese di coscienza di se e del proprio valere
di quel diritto sacrosanto di sentirsi vivi
di guardare il mondo con occhi nuovi, aperti
di sentire il profumo della fierezza dell’io assoluto
Sono le scelte
difficili, tormentate, di mille dubbi intrise
affrontate, infine
coraggio e determinazione del non voler sopravvivere
del poter dirsi, allo specchio
io sono


STRAORDINARIE VISIONI

Urla il mare
stanotte
sotto un cielo illuminato
di lampi lontani
e migliaia di stelle
incuranti dell’arrivo
imminente
del temporale
Urla questo mare infinito
sbattendo la schiuma
densa
di onde grosse e violente
sugli arenili
deserti di giovanili esuberanze
spazzati da un vento caldo
denso d’umidità ed estate
Urla il mare
facendo da naturale sottofondo
a notti e sogni e pensieri
accogliendo
generoso
le nuvole nere e foriere di pioggia
che ora, veloci
si allungano sopra di esso
disegnando orizzonti straordinari
e metafisici.


E GIORNO FU

La foschia che tutto avvolge
incupì
il roseo timido affacciarsi dell’aurora
Una linea spessa
perfettamente disegnata
confuse, inesorabile
l’orizzonte
Lento, lo scorrere del tempo
definì
i contorni delle montagne
Poi
indifferibile accadere
la luce dell’alba
squarciò la densa coltre
E
prepotenza della natura
esigendo il dovuto
giorno fu.