A TRE PASSI

Erano esili i passi
che indugiavano nella notte,
tra cabale di foglie imprigionati
e voli di lucciola
tra rigagnoli d’acqua settembrina.
Erano esili
come esili erano i sogni,
di chi della fertile terra
aveva calcato il ventre,
e adunato l’immenso mare in onda
e mietuto il cielo in manciate d’ombra.
… e lei era lì
tra l’eterna irriverenza d’aria
che scuote
e s’alza d’un niente,
tra orpelli sperduti
d’un fremito di sangue
a strappar trita paura tra le fronde.

 

… lei era lì
cinta d’eco,
a seguir lo stormir di nuvole dissolte
d’una barbina notte imbavagliata,
a tre passi d’un pomolo d’ottone
su l’uscio d’un sorriso.


SPERSA

E niente di te oramai mi parla,
ed è tutto così lontanamente perfetto
che il tempo si piega a quel che del corpo permane
sfinito da quell’urlo di madre, che azzittisce la prole.

E niente di te mi sfiora,
non ha più occhi che vegliano sull’agonia del cuore,
né pagine di cielo che s’ergono a dimora dei cirri,
mostri il palmo alla genie che t’ha percorsa,
spersa,
come si sperde la luce quando il buio spinge
sui tramonti dalle cime insanguinate.


 

E MI PERSI

… e mi persi,
mi persi nel viale alberato della vita,
con le sue piogge
la sua ghiaia e i suoi sassi,
tra le fronde di parole
che non vorresti mai udire
e il suo refolo di tristezza
che si tramuta in sorriso
anche se accennato.

… e mi persi
nell’acuirsi d’un abbaglio,
tra petali e fiordalisi
d’ un sogno da fiaba,
tra ciechi pensieri
e una goccia di sangue
che non si asciuga,

è lì che mi persi
e mi perdesti.