Poesie
LO SPECCHIO
Un mostro mi possiede
Il rovescio e la medaglia,
la luce è la regista,
s’infila nella faglia
Adesso che son vecchio
E mando la moviola,
vedo una donna dolce
Che piega le lenzuola
Ma quando le piegava
Io ero occupato altrove
A stropicciar lenzuola con tante e in ogni dove.
La sogno nelle notti di un letto freddo e vecchio
Il futuro è già passato
Goccia a goccia dentro a un secchio
Mi sveglio, vado in bagno.
Il mostro è nello specchio.
PININ
Il mio nome era Pinin,
scendendo da un vagone
fui diviso dalla mamma,
E privato del mio nome.
Un numero sul braccio
Per ricordare al mondo
Che non ero nessuno ma solamente un “pezzo”.
La mia mamma lavorava con le donne come schiava,
Anch’ella con un numero
ma per me restava Bruna.
La mattina mi cercava
oltre quel filo spinato,
Un bacio tenero mi mandava
nemmeno i mortali watt
Lo avrebbero fermato.
Era il giorno del mio compleanno
con le donne della baracca
preparò una scodella
con pochissime verdure
mi cercò ma non mi vide
Chiese a tutti i miei compagni che le dissero
“Pinin kaput”
Lei sapeva il mio destino
già segnato da un camino,
mi chiamò e mi richiamò
finché non mi trascinai a fatica
e la vidi dietro al filo.
Forte forte mi abbraccio’,
in un attimo decise
che sarei nato di nuovo
non più numeri tatuati
ma due nomi e stelle in cielo :
Ti ho creato
Ti ho salvato
Per due volte sei rinato
Non pensare che ti ho ucciso
Era il solo modo giusto
Per non essere diviso
“mamma e figlio
Bruna e Pinin”.
L’OMERTÀ
Anche l’essere umano è un animale.
Spesso l’animale è più “umano”.
Questa è l’omertà. Quella consuetudinaria legge del silenzio in cui si condensa tutto il timore di parlare e di esprimersi liberamente su fatti di reato verificatisi nella comunità. È il piombo che grava sulle spalle di piccoli paesi come questo, schiacciati dall’ingente peso di un mutismo ostinato.
È l’ignoranza il carburante che da secoli alimenta questo motore, la mancanza di conoscenza, l’inconsapevolezza di esser liberi di manifestare alla luce del sole il proprio dissenso, senza che questo debba essere forzosamente nascosto dietro un complice “nun sacciu nenti“.
Grandissimi sono ancora i passi da compiere e numerose le strade da percorrere affinché ignominiosi fatti come questo riescano a suscitare uno scalpore tale da smuovere le coscienze di interi paesini, arroccati spesso in cima a montagne di miseria, povertà d’animo, vergogna e chiusura mentale.
L’omertà è una macchia d’olio che si espande rendendo viscose le coscienze, una ragnatela che intrappola nella sua trama la libertà di biasimo e di rimprovero.
Ed è quando persino le comunità religiose vengono sopite da questo vento silenzioso che probabilmente si giunge a toccare il fondo, preferendo esse tacere piuttosto che farsi educatrici della comunità.
Dietro episodi violenti come questo si celano spesso storie di violenza, soprusi, abusi e malesseri sociali, e non v’è bisogno alcuno di ergersi a convinti animalisti per condividere il pensiero di Gandhi, secondo il quale “la civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali“.
In fin dei conti, la domanda è sempre una: “finché l’uomo non si dimostrerà in grado di trattare dignitosamente i suoi pari, come ci si può aspettare che decorosamente si comporti con esseri indifesi quali gli animali?“.