IL LIBRO

Si alzo’ che fuori era ancora buio: Lavo’ il viso con cura dietro le orecchie e dentro, il collo, le mani,indugiando fra dito e dito, intorno alle unghie e sui polsi senza aprire mai gli occhi o guardare nello specchio. Torno’ nella stanza e rifece il letto, semplicemente tiro’ su il lenzuolo ben sotto i cuscini senza toccare mai le balze ne’ gli angoli del tessuto. Si fermo’ a lato del letto guardando i suoi piedi a lungo, sfilo’ le ciabatte e si volto’ camminando scalza sul pavimento freddo e finalmente apri’ la finestra.L’alba faceva intuire appena la sagome delle case, degli alberi nei giardini, dei lampioni dalla luce gialla. Si volto’ di nuovo e sempre scalza arrivo’ in cucina.Apri la caffettiera sporca dalla sera prima e la lavo’ con maniacale cura per riempire la caldaia di acqua fresca e nel filtro posizionare il caffe’….accese il gas e attese, immobile, fino a che il caffe’ non comincio’ a uscire con il tipico rumore dolce e piacevole con il quale gia’ assapori prima di bere.Prese una tazza e la riempi’, quasi all’orlo, lentamente.Poso’ la tazza sul tavolo e stese una piccola tovaglia da colazione e poso’ la tazza perfettamente al centro. Il barattolo dei biscotti conservava profumo e aromi, apri’ sollevando il tappo svitandolo con sorprendente lentezza ed estrasse tre biscotti, li posiziono’ a lato della tazza, a destra, uno sopra l’altro perfettamente in linea.un tovagliolo di carta rosa, un cucchiaio da the e la zuccheriera a sinistra, sollevo’ il coperchio e lo riposiziono’ in modo che restasse appena visibile lo zucchero. Si allontano’ di poco per controllare la composizione e sposto’ il cucchiaio sul tovagliolo perpendicolarmente e non contenta lo posiziono’ tre volte fino a che non fu soddisfatta. Cammino’ sempre scalza fino in bagno, ancora, e finalmente guardo’ nello specchio.Due occhi azzurro cielo e una pelle chiara quasi trasparente che dolcemente accarezzo’ come farebbe un amante.Dal mento alle orecchie da enrambe i lati fino ad arrivare ai capelli stranamente neri corvini che lego’ in una stretta, strettissima coda che attorciglio’ poi su se stessa formando un ciuffo .Il caffe’, dimenticato, smetteva di fumare quell’aroma delicato mentre lei abbassava lo sguardo sul seno nudo, sul ventre, sul pube e le ginocchia.Si volto’ di lato e con un dito socchiuse la porta per prendere la veste appesa dietro e la indosso’ sul corpo nudo e freddo. Un dito sullo specchio come per salutare la sua immagine e si diresse alla scarpiera . Apri’ l’anta ed indosso’ le scarpe..bianche come la veste, come la pelle.Passo’ vicino al tavolo, un ultimo sguardo sulla tovaglia e si diresse alla porta. Vi sosto’ dvanti un tempo interminabile, le gambe dritte, le braccia parallele al corpo, immobile.Uno sguardo alla parete, l’orologio segnava le sei e ventitre’, era l’ora. Poso’ la mano alla maniglia e apri’.Davanti a lei un’altra “lei” del tutto “lei”che le differiva nel colore della veste,grigio verde, come le scarpe, come la pelle.Le poso’ le mani sulle spalle e le sorrise lasciandola sulla soglia mentre traballante si andava a sedere al tavolo. Beveva il caffe’ e mangiava i biscotti mentre gli occhi cerchiati di nero stentavano a rimanere aperti.Una usci’ finalmente chiudendo la porta mentre l’altra presa da un forte dolore si piego’ su se stessa alzandosi di scatto correndo in bagno a gettare nel water caffe’ e biscotti.Corse in camera e apri’ l’armadio e si sdraio’ sul letto mettendo sugli occhi una sorta di occhiale da saldatore collegandolo alla presa di corrende e rivide l’altra mentre entrava nel parcheggio del suo ufficio, si sedeva alla scrivania ed iniziava a scrivere alla macchina, si quelle macchine da scrivere che pochi ancora adoperano, i nostalgici.Una pensava e l’altra scriveva fino a che , esausta, la pensatrice premette un bottone giallo sul lato destro degli occhiali e l’operatrice si immobilizzo’, gli occhi vitrei, da bambola fissi nel vuoto, nella sua veste bianca, come le scarpe, come la pelle.Minuti eterni poi una porta si apri’, un uomo vestito di grigio entro’ e si avvicino’ all’immobile e con un gesto veloce e forte le prese i capelli con una mano ed il mento con l’altra e tiro’ verso se’, ma cosi’ forte che sopra la fronte dell’immobile si apri’ una fessura nera. Gli occhi sempre fissi e vitrei.L’uomo scavo’ con due dita nel varco fra fronte e capelli e ne estrasse una piccola scheda, si, come quelle di un normale cellulare e la inseri’ in un minuscolo telecomando tascabile. digito’ qualcosa nella tastiera minuscola ed estrasse di nuovo la scheda posizionandola di nuovo tra i capelli dell’immobile figura alla scrivania. Punto’ il telecomando svogliatamente premendo il tasto verde proprio in mezzo a quegli occhi da bambola.”BUON LAVORO RAGAZZA MIA” urlo’ quasi. “UN’ALTRO BELLISSIMO CAPITOLO DEL TUO NUOVO LIBRO”….. ” GRAZIE” sussurro’ la grigia “lei” distesa sul letto mentre gambe e braccia le duolevano ormai in modo assurdo “CI HO LAVORATO TUTTA LA NOTTE, L’HO VISSUTO TUTTA LA NOTTE”. ” LO SO TESORO, ORA RIPOSA”.L’uomo in grigio prese la mano della bianca bambola alla scrivania premette il polso e chiuse gli occhi forte, fino a che le immagini gli entrarono nel cervello in un’esplosione folle di colori, odori, sensazioni. si, un nuovo capitolo era terminato, il libro era quasi finito. La scrittrice era ancora l’unico lavoro che dava forti impulsi, dove i sensi si potevano tramandare.Solo il libro era cambiato, ne carta ne pagine…..ma due occhi azzurro cielo e una pella bianca, come le scarpe, come la veste.


SARA’ DOMANI

Lo avevo capito,si..ma come mai non riuscivo a dimenticare quella sensazione di agro dolce nel palato?Come mai quando qualcuno mi passava accanto sentivo nettamente l’impulso di fermarlo e toccare la sua mano?ormai erano giorni (quanti? ) che sfiorando la mano di qualcuno vedevo ,proprio come una visione la sua vita, passato, presente e futuro.avevo provato terrore la prima volta..una mamma con passeggino a seguito.BUONGIORNO TERESA COME STAI? SALUTAMI A CASA TUTTI QUANTI E……Il grido in sala parto le lacrime di gioia e una culla bianca: Poi freddo, tanto freddo e quel fagottino azzurro era grigio di morte . Sarebbe morto il suo bambino! Quando? come? Che potevo fare?E cosa avevo visto? e perche’? Ma ero cosi’ sicura….e mori’ quel piccolo ,morte bianca la chiamarono. Ricordo bene ed ero una fanciulla quando quel mago (da strapazzo?) mi fermo’ sulla porta di casa sua dove eravamo andate (io e la mamma di un compagno di scuola) a far togliere il malocchio a colui che poi divento’ mio marito. SEI SENSITIVA,MA COSI’ FORTEMEMTE CHE NE HO PAURA IO STESSO. Una risata spensierata dalla mia bocca, mai avrei creduto che……La seconda volta ebbi la prova che non ero pazza . Il ragazzo era a terra.La bicicletta sull’asfalto…Gli presi la mano e….dopo prati e strade in salita, un’auto, rossa, e lui a terra con il cranio aperto.CHE RIDICOLA CADUTA..GRAZIE SIGNORA MA STO BENE. RIPARTO.due pedalate all’incrocio e….. mori’ sul colpo davanti ai miei occhi che gia’ avevano visto tutto.Altre volte e nuove immagini, solo una volta una grossa vincita ad un giovane studente.Poi morte, solo morte.Camminavo il piu’ possibile vicino al muro. O arrivavo a meta in auto sempre indecisa se scendere o no: Banditi dalla mia vita supermercati o strette di mano amichevoli. Mai potesse ancora succedere di sfiorare qualcuno per caso…..Avevo paura a toccare i miei figli o mio marito, ma nulla mi giunse da loro.Ora dovevo solo capire se potevo intervenire, fare qualcosa o modificare il futuro.Certo quel giorno ne ebbi l’occasione.Un testimone di Geova suono’ alla mia porta e non feci in tempo neppure a parlare, la sua mano era nella mia.Cadeva dalle scale proprio mentre io richiudevo la porta.NON VOGLIO NULLA DA LEI, SOLO CHE LEGGA QUESTO OPUSCOLO, RIPASSERO’ PER SAPERE LE SUE IMPRESSIONI.Non presi nulla in modo che non tornasse mai piu’ e tenni la porta aperta fino a che non sentii il portone del palazzo richiudersi alle sue spalle. Non cadde. avevo variato il corso del suo destino, con un semplice gesto. Ed ora sentivo il peso di tale responsabilita’..potevo….. potevo salvare la vita anche a quel ragazzo in bicicletta, bastava aspettare che l’auto rossa transitasse prima che lui risalisse in sella.comunque il testimone di Geova non si spezzo’ il collo sulle scale di casa mia.Ne avevo timore ,ma lo desideravo. Volevo toccare la mano del vigile sulle strisce pedonali, alla farmacista, al salumiere, al professore di filosofia di mia figlia.Volevo, e mi facevo violenza a tornare a casa di corsa, ad indossare guanti di lana.Ormai evitavo anche di parlare con la gente, solo in casa stavo bene e ormai non uscivo quasi piu’.Ma se ho questo “dono” pensai, una ragione ci sara’,Cosi’ mi feci coraggio e uscii. Pioveva come non mai quel giorno e neppure l’ombrello serviva, ero completamente bagnata, vestiti, scarpe e capelli ma continuai a camminare. Entrai in un bar affollato,. tutti cercavano un riparo e un lampo squarcio’ il cielo. BUONGIORNO LUISA una voce dietro di me. BUONGIORNO DOTTORE. Il medico di famiglia..Porsi io per prima la mano destra e lui sorrise sringendola forte. I lampi all’esterno non erano luminosi come la mia visione.LEI STA PARTENDO PER L’AFRICA….. Non era una domanda ma un’affermazione. Spalanco’ gli occhi sorpreso CI STO PENSANDO, MA ANCORA NON HO DECISO..MEDICI SENZA FRONTIERE UN VIAGGIO UMANITARIO..I BAMBINI ,LA FAME,I VACCINI…MA LEI COME…..? Non vada, non la prossima settimana,ritardi un poco, anche un giorno….(potevo dire) VOGLIO VENIRE CON LEI (risposi invece).MA…..CHE SIGNIFICA ?i suoi occhi erano sempre piu’ aperti in una domanda silenziosa.VERRO’ A FAR VISITA ALLA SUA FAMIGLIA DOMANI STESSO SE POSSO.VOGLIO CONTROLLARE LE ANALISI DI SUO MARITO E I RAGAZZI..NE PARLEREMO INSIEMESTARO’ VIA UN MESE.A CHE TITOLO PENSA DI PARTIRE CON ME?mi guardo’ dritta negli occhi.SONO IFERMIERA LA POTREI ASSISTERE, VOGLIO AIUTARE….mentii.Tornai a casa e lasciai sul pavimento del bagno i miei fradici indumenti. Mi immersi in un bagno di schiuma profumata e chiusi gli occhi.Restai sdraiata nella vasca fino a che l’acqua, ormai fredda divento’ fastidiosa sulla pella e mi asciugai lentamente.Abbracciai i miei figli e baciai mio marito…a lungo…Che avremmo detto domani davanti al dottore e che avrebbero detto loro a me?Come avrei fatto a spiegare che era proprio in Africa che quel dottore mi avrebbe parlato francamente? come potevo dire che proprio li avrei saputo che il mio cancro al cervello era ormai cosi grande da non poter essere operato? come potevo parlare sapendo che le ramificazioni del tumore avevano svegliato quella capacita’ di vedere il futuro?

E’ qui quindi che moriro’, sotto quest’albero in Africa,ma non so quando…..Continuo a venire qui, ogni giorno ,e ritorno lentamente indietro pensando…sara’ domani, lo sento, sara’ domani……


Se credevo di riuscire a convivere con questo peso sbagliavo.Avevo visto tutto, avevo visto chi..e non mi ero mossa.Aspettavo mio figlio che la sera si allenava alla palestra in centro. Aveva voluto fare quel corso di arti marziali a tutti i costi ed io nel mio egoismo glielo avevo sempre negato.Andare la sera a prenderlo passando minuti interminabili in auto sapendo che a casa c’era da far cena o da stirare o da attendere mio marito che tornava dal lavoro. Fino a che avevo acconsentito..mio malgrado come dono di compleanno , che lo maledissi poi e’ un’altra storia.Leggevo un libro ma spensi subito la luce interna dell’auto appena sentii gridare aiuto.nessuno mi avrebbe visto. La strada era poco illuminata e se mi stendevo un poco, cosi, ancora piu’ sotto nessuno avrebbe visto una sagoma nell’auto. Ma io si, io potevo vedere.la ragazza correva e arrivo’ all’albero alla mia destra e due ragazzi giunsero di corsa. Uno le prese le braccia e le strinse in modo da porre le mani della giovane proprio sotto le sue stesse scapole e l’altro la schiaffeggio’.due secondi e la ragazza era a terra.uno le teneva sempre le braccia e l’altro le alzava la gonna. quello che successe dopo fu un turbinio di violenza inaudita.Mentre cercava di abusare di lei il ragazzo le tappava la bocca ed io con la vista appannata dalle mie stesse lacrime sussurravo SMETTILA TI PREGO..ESCO..NON ESCO…CHIAMO LA POLIZIA…DEVO DIRE IL MIO NOME..PERCHE’ NON SEI INTERVENUTA? O MIO DIO CHE FACCIO? MI ACCOCCOLO QUI, MI TURO LE ORECCHIE E CHIUDO FORTE GLI OCCHI…NON ESCE NESSUNO DALLA PALESTRA?NON PASSA NESSUNO PER STRADA? buio.Il cellulare bruciava tra le mani…SE MI VEDONO? SE MI TIRANO FUORI DALL’AUTO? buio, silenzio.SE NE ANDRANNO E QUELLA RAGAZZA RIMARRA’ A TERRA.ALLORA USCIRO’ DALL’AUTO E LA AIUTERO’. A FARE COSA?AD ANDARE IN OSPEDALE?DA QUANTO TEMPO ERI LI?COSA HAI VISTO? PERCHE’ NON HAI CHIAMATO LA POLIZIA…PERCHE’ PERCHE’ PERCHE’……buio, silenzio. Certo che se ora esce mio figlio dalla palestra li vede, lo vedono…LO CHIAMO. GLI DICO DI NON USCIRE..PERCHE’ MAMMA, DA QUANTO TEMPO ERI LI?PERCHE’ NON HAI FATTO NULLA ?lascio il telefono, lo riprendo, compongo un numero…quello di mio figlio…spengo.riprendo il telefono e chiamo mio marito AMORE ASCOLTA…. RITARDO UN POCO ..NO NON E’ ANCORA USCITO DALLA PALESTRA….SCUSA…A DOPO. Non ho detto nulla , perche’?CHE HAI FATTO?HAI CHIAMATO ME INVECE DELLA POLIZIA?immaginavo le mille domande.Lostomaco mi si contorceva, come le gambe della ragazza che scalciava ,si dimenava cercando di sottrarsi.Riusci girando la faccia a liberare la bocca e urlo’ di nuovo, con un fil di voce..no no lasciatemi…aiuto, aiuto, aiuto……AIUTO gridai io accendendo i fanali AIUTO, AIUTO AIUTO…..accesi il motore e in quel mentre i ragazzi fuggirono uscii dall’auto. Lei mi guardo’ ma non so se mi vide davvero. sali’ sullo scooter dietro l’albero e parti’, di corsa. Rimasi sola nella strada, in piedi davanti all’auto accesa e mio figlio usci’ dalla palestra.Le lacrime mi rigavano le guance, e mio figlio mi guardo’….. salimmo in macchina CHE HAI MAMMA?Non ero intervenuta subito, avevo dovuto pensare, troppo e poteva succedere l’inevitabile….avevo pensato a me, solo a me.Certo che se credevo di riuscire a convivere con questo peso, mi sbagliavo.