all’ARMONIA

Figlia di Marte e Venere leggiadra,

madre d’ogni piacer, d’ogni peccato

che i sensi dell’olfatto e dell’udito

posson carpir nell’aura senza volto,

Musica è la tua figlia prediletta

che su infinite note ci conduce

dalle onde del mar fin su la terra,

dove i sogni son veri e la natura

canta di mille voci a Dio l’esser felice.

Emozioni, dolori e dolci amori,

solitudini immense e folle

d’incantati discepoli a concerto,

ella trasporta nell’eterna corsa

di chi afferrarla non può, ma sol sentirla.

Ma, frutto delle stesse tue note celesti,

che dell’essere son parte divina,

da mille fiori e piante e d’ogni cosa,

che con voce diversa manifesta

il suo essere presente in questo mondo,

nasce il profumo,

della vita complice compagno e messaggero.

E quasi usando le stesse melodie

di violini, di arpe e mandolini,

in capolavori d’arte sopraffina,

del genio uman sa raccontar la storia,

che nell’aria lentamente si scolora

nel trasportar a Dio la sua preghiera.


Un arco racconta

Un arco racconta: c’era una volta un re.

Severe file di prigionieri, uomini d’arme e dignitari

posano per la foto di pietra. Il re ha vinto.

Questo nobile stemma ha visto

dame, cavalli, spade e cortigiani;

carri di fieno, musici, artisti e giocolieri.

Un arco racconta: lassù c’è Dio! Ma non

ha il tuo volto. Le sue parole sono intricati merletti

che salgono verso il cielo.

La mia porta è il tempo

con gioie, ansie e dolori; ma, se saprai cercare, scoprirai

che la felicità non era in fondo.

Un arco racconta: ho visto l’amore,

aveva sedici anni, anzi vent’anni, forse eran trenta

o forse già settanta, o forse proprio non aveva età.

La mia voce è il vento,

ma non aver paura, passa e vedrai: oltre di me

non sarai mai solo.

Un arco grida

Non demolirmi. Con me

cancellerai te stesso.


Una bambina vestita di rosso

Piccoli passi, veloci e allegri

di una bambina vestita di rosso

risuonano tra i vicoli stretti di pietra,

tra case millenarie di cui ben poco resta.

E’ un sito famoso battezzato Unesco

tra i più antichi di Cipro e io

ancora una volta faccio da Cicerone

a finti e veri studenti,

per disegnare a parole

immagini rubate dal tempo.

E tu sei lì ad aspettarmi curiosa.

Mi corri incontro e poi ti nascondi.

E la fantasia ricostruisce le case,

con l’affaccendarsi del villaggio antico,

mentre i passi e i volti scompaiono

tra i petali agitati dal vento

di un tenero papavero rosso.