Cuore femminile

Cuore femminile di un poema struggente

Qualche attesa,qualche strada,

qualche angolo perso nella vita.

Un colore,un odore,un sapore.

I sensi nascosti del dolore

l’urlo e godimento di schiuma

mani sulla pelle stessa del ricordo.

Sei tornata con la luna piena

a dissotterrare lacrime di cristallo.

I pensieri sono cavalli che prendono il volo.

Poesia di un desiderio

che abbraccia un’orizzonte impossibile.

Parlare è ferire il silenzio.

La scrittura è un gioco fatale

un labirinto che ti trascina

un corpo che agonizza

quando trova il suono profondo

dell’impotenza.

Ma l’amore

l’amore è il fuoco che percorre le tue vene

vicoli sepolti di meraviglie.


Saudade

Gridava-salvami

dalle umide e malate nature morte

dalla stanchezza della terra

che diventa gialla e vecchia per l’autunno,

dagli alberi storti

che mi fanno paura nel buio -.

Dappertutto era ode all’erba bagnata

a quella donna acquosa.

-Via voglio portarti-

donna viziosa dell’incubo

seni di muschio e terra bruciata

perduta nel miele della dolcezza

sola abitante dei meandri di pietra.

Non è giusto il sogno della vita

la stanchezza dei giorni

la ferita del vuoto

il continuo naufragio di piacevoli corpi

i cerimoniali della tristezza.

Donna viziosa dell’incubo

-via voglio portarti-

alla solitudine sonora

fatta d’archi e rumori di pioggia

di finestre sul porto

di navi al molo

avvolta di reti e pesci preziosi

vestita di mare e di nostalgia

-via voglio portarti-

dove la noia diventa saudade

malinconia.


PAROLE NON DETTE

Lasciate stare la notte
per il tempo dell’amore muto,
quando si sprofondava
in odori muffati d’inchiostro
e la carta era una pelle nuova
dove reinventare la vita.
Lasciatela stare
dopo il tempo delle gole tagliate,
più nessuno che sappia incantare
noi cresciuti
ingoiando parole come cibi squisiti
innaffiati di risa e canzoni.
Oh i pensieri i pensieri!
Se non si da loro una voce
rischiano di perdersi
SEMPRE.


I HELLADA MOU

Terra amata

degli anni più veri,

perso ho i fili

che legano le estati.

Belli i visi dei tuoi figli,

dai nomi fieri d’immortalità.

Da dietro l’angolo emerge il ricordo.

Vestita di indizi sottili

fai rivivere la nostalgia.

Dico distratta che cerco

pareti d’azzurro e

tutto luccichii uno sguardo

getta addosso polvere d’oro.

E’ tardi quegli occhi

hanno già bruciato il sole.

Oh se mai venisse il tempo

di isolarmi su una sperduta spiaggia,

a colmare i vuoti della vita,

la voce dell’eterno tuo mare arriverà!

Arriverà con la schiuma delle onde

con la sostanza della pioggia o del vento,

perchè il sogno della felicità ancora m’ acceca.


 GABBIANI ARDITI

Lasciateli vivere

quei gabbiani arditi

che in lungo e in largo

attraversano

il mare in mezzo alle terre.

Cercano le loro anime,

cercano viaggiando

sopra legni marini imputriditi,

da porto a porto.

Laggiù tra paesi decimati

su promontori sguarniti

o in fondo a distese

aride di scirocco,

nessuno accoglierà i loro corpi

sulle porte di case sventrate.

Nessuno asciugherà il mare

per ritrovarli,

e passano le ore,e soli e lune.

Nel Mediterraneo affogano

quei gabbiani arditi,

nel Mediterraneo restano.


ERA QUESTO IL TEMPO

Era questo il tempo

contapassi dei tuoi giorni.

Le feste coi parenti

finalmente andate.

Delle visite obbligate

la stanchezza.

Anni di silenzi e sguardi,

dove anche il bisognoso amore

mancava alla vita.

Ora ad ogni incontro

resta l’infanzia.

La paura del fiume in piena.

Le scale di casa

che ripide portavano

fiori finti all’acqua,

aspettando quelli della primavera.

Poi al suo arrivo,

la macina del mulino

che tutto accoglieva.

Di tua moglie i panni da lavare.

Degli zingari il rame da battere.

Dei sassi scagliati il tonfo.

Dei ragazzi i tuffi audaci

ingordi di anguille da svestire.

 

Ma si,lo so,

tutto accadeva più tardi,

nell’anno nuovo,

perché solo questi erano i giorni

contapassi del tuo tempo.


a mia mamma

LA RICCIA

Che ne è stato

della riccia occhi da gatta

verde screziato,

di quel sorriso lieve vestita?

Che ne è stato di te

– madre mia-

col passare del tempo

solo la paura t’assale?

Di svegliarti pensavo

dal torpore degli anni,

dalle ferite del cuore.

Per l’affetto sconsolato

il cuore mi spinse

a riprendere il cammino.

– Siete partiti tutti e adesso

me ne sto qui a pensare,

navi passano gabbiani atterrano,

guarda bene -dici-

non sempre si può fuggire,

l’ignoto sta in agguato.

Verrà forse mai,verrà l’ora?

Poso le mani sulle tue ginocchia

Devo andare -rispondo- andare.

Che ne è stato

della riccia occhi da gatta

verde screziato,

di quel sorriso lieve vestita?

Quella ragazza -ti prego- ricorda,

fiori tra i capelli,

la mano in tasca stringeva tesori,

pietruzze conchiglie pezzi di vetro

La mano in tasca ora

non trova più niente,

eppure si , se vorrai.

Di tenera bellezza il gesto tuo.

-Rimani ancora-c’è scritto negli occhi

-S’è fatta sera ,non partire –

A strati nell’anima

raccolgo i  tuoi sospiri,

unici indizi di un rapporto segreto.

Qualcosa d’ aspro mi sale alla gola.

La stupida paura,mio dio,

di perderti.

-Rimani ancora -ripeti nel sonno,

-Rimani ancora.-


a Riccardo

IN UN ATTIMO DI UN GIORNO

In un attimo di un giorno,

cancellato dalla mente,

strappo nel cuore

-ricordo-

Quella Madre pregai.

Io che madre non sono,

la mia vita scambiai

per la tua.

Non perché votata al dolore

-credimi-

o al disprezzo,

ma alla giustizia d’amore.

Ancora mi è dato

-bene mio-

accompagnarti

lungo strade dovute,

aggirando gli ostacoli,

nell’attesa di onorare

il mio pegno.


…a Vittorio

TRAVERSATA

Se di questa terra

trasporto greve il pensiero

di abbandono o di mancanza,

è perché fermi sono i giorni

come al tempo amato

della preziosa gioventù.

-Non mi ascolti?-

Il capo chino reclini.

Serrati gli occhi,

affondi nell’urgenza

di annientare subito

ciò che fa male.

In questo siamo uguali

-ragazzo caro-

Che le radici

sono le stesse.

Acqua cercano profonde

e non terra per crescere.

Acqua che disseta l’arsura.

L’Arsura ci dilania

-cuore mio-.                                                                                      Mercoledi 14 Ottobre 2015

Minoan Lines ore 13,15


IL SENTIERO CHE TU NON CONOSCI

I
Il sentiero dietro casa
nasconde meraviglie
-lo sai?-
Per anni l’ho consumato
calpestando distratta
taràssaco malva mentuccia
ed erbe di cui ignoravo
il sentore e l’uso.
Stavo attenta
a non calpestare solo
le violette de l’ infanzia
evitavo in fretta i ciclamini
che mi scansavano
con il loro forte sentire,
strappavo vitalbe
che soffocavano rose selvatiche
dai tenui colori.
Ora tutto è cambiato,
ora mi appartiene
una religiosa attenzione.
Cerco indago su libri
strappo articoli da riviste
ammucchio fogli su fogli e
scopro un mondo già mio.
La fame m’è presa
di quello che ho scordato.


 

IL SENTIERO CHE TU NON CONOSCI

 

VIII

Risalendo
se prendo a sinistra,
un viottolo lastricato
inizia la strada delle rose.
Prima arriva Albertine
quell’arrampicatrice ardita
che ha ormai raggiunto
i pioppi che proteggono la casa,
sei sentinelle sei.
Una cascata di sfumature,
ora forti ora tenui,
si rincorrono verso l’azzurro.
Ma qual’è il colore?
Non saprei dirlo.
Pesca salmone o rosa salmonato.
Continuo tra finocchietto salvie
rosmarino strisciante e menta.
Passo il pensatoio e risalgo,
risalgo i pochi scalini che
conducono al prato.
Penso a come subisco l’inverno
aspettando il profumo delle belle
e il rosso sanguigno delle ciliegie.
Qui maggio è n’incanto.
Talmente magico che
mi mancano le parole.
Solo lui conosce l’essenza
delle sue protette.
Le chiama per nome
rosa per rosa,
mentre sempre distratta
ne fisso la forma ed il profumo.
Avrò anch’io il tempo
di impararle o mi fermerò
all’indomita Albertine?


IL SENTIERO CHE TU NON CONOSCI

X

Tanto ho imparato nel tempo,
e tanto avrò da imparare.
Chiaro è il pensiero
sui luoghi del cuore.
Dovunque ci portano gli anni,
sempre il bisogno dell’inizio
ci accompagna.
Quindi-madre mia-
sbagli a pensare
che io sono altrove.
Ci sono parti di me ovunque,
ma resto la riccioli neri
del mulino sul fiume.
Mi muovo ancora tra i fantasmi
di un mondo che è andato.
Il profumo delle rose di maggio
e le lucciole delle sere a Maria.
Campi immensi di grano spigato
e le viole al bordo del fiume.
Le corse pazze con la bicicletta,
per fuggire da nessuna parte.
I panni sbiancati al sole d’estate,
d’inverno del maiale,
mandato a morire,
le grida.
Tutto è nel cuore.
Il mulino è ancora il tutto.
Lì l’acqua cade e passa e va,
come la vita.