PICCOLI STUPORI QUOTIDIANI

Ciò di cui ogni giorno mi stupisco
supera il lutto del mio corpo.
L’istante
di stupore del piccolissimo sul grandissimo.
Lo sguardo posto su una foglia
o su una palma in decomposizione
o su una nuvola in trasformazione.
Nell’Istante ogni cosa è come mai è stato
e mai sarà.
Eppure come è da sempre e come sarà sempre.
Non esiste passato che dura nell’immutabile del mutabile
o contemplazione dell’eternità se non nella singolarità.
Questa goccia di pioggia, questa che cade sulla mano
appare e scompare.
Non è possibile trattare con la sua materialità
né impugnarla né conservarla.
(Impossibile è dimenticarla)
Colta l’essenza, quell’apparire e scomparire
si conficca nella testa come ciclo
del semplice nascere e morire.
E così all’infinito. Dall’infinito.
– Non c’è morte che non sia vita –
In ciò sta il mio stupore quotidiano
e verso questo striscia la (mia) volontà di accettazione.
Miliardi di tramonti. Il sole sorge
E il sole instancabilmente se ne va
paziente con un giro sempre uguale
vive e lascia vivere.
Un giro sempre identico a se stesso
eppure sempre così diverso.
Mai uno sguardo uguale uguale di fronte a questo girotondo.
Le singolarità eternamente cicliche commuovono
Le meraviglie dell’eterno … Nel non eterno
Sete di inabituale abitatissimo.
Cicli: tempi circolari che mi legano alle ere
Passate -future …
Così è sempre stato così sarà
Ma l’unicità …
partecipa alla vita che gira e rigira e ritorna all’Inizio.
E sappiate
che l’irrealtà di costruire uno spazio
e un tempo lineare (de)finito
è come l’illusione dei punti e virgole tra le parole.
L’illusione di comprendere meglio
la verità che si avvicina alla Verità
le sicurezze che fanno star meglio gli stanchi
e i deboli di cuore
e gli inconquistabili dall’unicità del perpetuo.


L’ACQUA DELLA PIOGGIA O CHISSA’ COS’ALTRO O ME HA UCCISO L’ACQUA

Al bar,
mentre pioveva,
guardando la cameriera che asciugava
l’acqua su una sedia
pensai
che la cameriera disse:
perdonami acqua
se con tanta poca maestria
sono costretta a non farti scorrere ancora.
Se con troppa fretta
ti sposo ad un panno
anziché ad un legno.
Se non ballo con ogni goccia di te
ma ti assorbo e non dentro di me.
Se non mi soffermo sul tuo cammino
sul tuo messaggio,
sul fatto che provieni dal pianto
dal mare
dal fegato di un malato di cuore
dal sudore di un minatore
dalla fantasia di un aviatore.
Dalla punta della lingua di un indiano.
Perdonami
se hai scelto di accomodarti per un attimo qui
e io ti porto fermamente lì.
Perdonami
se non ti invito sul suo polpastrello
per farti leccare.
Perdonami
per la disattenzione,
ma devo farlo.
Al bar,
mentre pioveva,
guardando la cameriera che asciugava
l’acqua su una sedia
pensai
che la cameriera disse.
E invece non disse nulla.
Spazzò con un colpo via l’acqua
per fare accomodare un cliente
e lasciare più spazio al profitto.
Il cliente ero io.
Il mandante, il Profitto.
L’assassino era me.


 

SU QUALCUNO E QUALCUN ALTRO

Un uomo è morto.
Qualcuno ne piange la scomparsa.
Tra qualche tempo si dovrà sentire la mancanza.
Intanto qualcun altro sceglie il legno
I fiori, le coccarde e le parole.
Resta un mutuo da pagare, dei figli da crescere
Una casa da dissezionare e degli abiti per ricordare.
Intanto proprio stamattina, come ogni mattina,
il sole spingeva verso l’alto e si faceva spazio tondo nel cielo
e una nuvola si è addensata grigia e pesante.
Dalla finestra qualcuno ha visto un uomo
Che portava a spasso il cane. Come ogni mattina.
Intanto un uomo è morto.
Le campane continuano a suonare nelle ore previste
E un mucchio di formiche sono state schiacciate
Da una coppia felice durante una passeggiata,
Mentre qualcun altro faceva il sonnellino pomeridiano.
Un uomo è morto
Ma le altre vite devono necessariamente passare e avanzare
Come se qualcuno non morisse
ogni ora, ogni giorno.