Donna violata

Il capo abbassato,

la voce rotta,

le scarpe infilate,

tutta una vita accampata.

Muove il ricordo,

giorni felici,

carezze provate,

poi il sole bruciato,

il calore incendiato,

il pensiero rotto

nel fragore del corpo

mosso da inesistente vanità,

l’anima compressa

tra la vita e la morte.

Fatalità congiunta,

amore violato

di un giorno mai nato.


Lido Marini ( Lecce )


Zampilli di luce si propagano
dalle tue acque eterne. 
Sabbia cocente attutisce
la tua spettacolare
macchia mediterranea.


Profuma di selvaggio il tuo sguardo

 sull’immensità del mare 
che reca la lucentezza 
della luce celeste del cielo.


Odi le urla dei bimbi
che ricorderanno più in là
il profumo delle dolci attese
dell’infanzia ancorata ai tuoi luoghi. 


Perla dello Ionio racchiudi
la profondità delle viscere 
in quella insenatura 
di compiuta bellezza.


Ed io mi immergo 
nella tua universale generosità
appagata dallo sciabordìo 
delle tue onde 
che mistificano la certezza 
della precarietà umana. 


Destini incrociati

Si incamminò nella radura  e i suoi occhi rimasero avvinghiati alla vista di una cavità , sbiadita nella sua forma , ma che lasciava intravedere una folta boscaglia.

Distolse lo sguardo perché un rumore lo scosse, lui che era così guardingo e asserragliato da tanti pensieri.

Solo il giorno prima aveva lasciato la sua città, un dedalo di vie tortuose arroccate intorno ad un gruppo di case che qui e là si incastravano e dove la vita rumorosamente si lasciava vivere con temerarietà.

Ernesto era uno stimatissimo veterinario, un chirurgo che aveva nel sangue il gemito degli animali e ne traeva linfa vitale per conoscere e studiare la loro struttura ossea, il loro ventre, la loro intima essenza.

Quella mattina era stato svegliato da una telefonata. Una voce femminile,  dolce e pacata lo invitava a casa sua , diceva “un caffè tesoro , ho bisogno di te”.   

Quella voce tante volte l’aveva conquistato con la sua dolcezza.  Le sue parole avevano colmato il vuoto emotivo con l’intelligenza tipica di una donna sprezzante, autonoma ed estremamente interessante.

Quando l’aveva vista la prima volta  era trasalito alla vista di quella donna bionda con occhi azzurri ed un sorriso disarmante, di quelle non consapevoli del loro fascino.

Eppure lui era un burbero, abituato a fuggire da un matrimonio di quindici anni e da numerose storie che si erano rivelate scorciatoie per evitare di affrontare la sua fragile corteccia di dura noce.

Lei si era insinuata nella sua vita come se fosse stata sempre lì e lui l’aveva lasciata fare.

Pensare che un veterinario possa innamorarsi di una donna che detesta gli  animali sembrerebbe assurdo. Invece Elisa era il completamento alla sua passione che lui cercava di far entrare nella sua vita con quelle battute come “ Dai ti porto un cucciolo così ti fa compagnia quando io non ci sono”

Ma Elisa era una donna cocciuta, enormemente cocciuta. Amava i libri, la scrittura e promuoveva eventi letterari.

In questa sua vita, apparentemente interessante e per certi versi lo era, mancava la docilità dell’amore, la  fragilità di una carezza e lei , donna asservita alla durezza della vita che l’aveva modellata , aveva trovato in quell’uomo  lo spiraglio per sognare.

Quando tutto sembrava esatto, giusto, completo lui scompigliava i suoi pensieri e la lasciava cadere nell’estremo castigo dell’asservimento amoroso. Ernesto era il prima e il dopo, non servivano vincoli tra loro due perché il vincolo era quello che si dichiaravano ogni volta che le loro anime e i loro corpi si dicevano di sì, negli incontri fuggitivi ai quali loro non riuscivano a fuggire.

Il narcisismo di Ernesto finiva dove iniziava quello di Elisa. L’uno sapeva comprendere le reazioni dell’altro perché erano l’uno il completamento dell’altro.

Esisteva il loro mondo, quello dell’amore, del dono, dell’armonia dei sensi e poi esisteva il mondo letterario di Elisa e il mondo medico di Ernesto. Quello che li univa a doppio filo era proprio questa disomogenità che garantiva il giusto distacco e intensificava il rapporto del tutto naturale che si era creato tra loro due.

A volte la vita trascina in caverne di solitudine per incontrare una luce mai sperata ,ma che diventa indispensabile per vivere.

Non serviva etichettare il rapporto. Elisa e Ernesto si amavano di un amore libero, senza impedimenti e senza convenzioni.

Aveva sfiorato con un bacio la fronte di Elisa ed aveva preso il suo Suv con gli attrezzi del mestiere. Sapeva di dover fare una osteotomia , intervento difficile per un cane avanti con l’età come quello del suo cliente.

I bagliori dell’alba si levavano nel cielo e lui si stropicciava gli occhi perché si sa quando dormiva da Elisa le notti per dormire erano sempre più brevi.

 La frenesia d’amore era difficile da controllare.

Scese dal Suv, prese la sua borsa da lavoro, ma avvertì subito un rumore strano  o meglio un lamento proveniente da una cavità del terreno.

Si inoltrò, spostando la sterpaglia e vide un piccolo cane che rantolava nel buio.

Lo prese e lo portò di corsa a casa del cliente, percorrendo a passi decisi il viale che lo divideva dalla casa.

 Era quello il momento della giornata in cui ogni cosa aveva il sapore dell’incipit e fu quello il momento in cui la piccola Sally dovette chiudere gli occhi.

Quello che Ernesto avrebbe dovuto fare diventò impossibile. Sally era sfuggita alle cure e aveva scelto di vivere da sola la sua lenta agonia, in quel cunicolo, lontana dalle persone che l’avevano amata e curata per tanto tempo.

Ernesto non potè che constatarne il decesso e per lui fu, come sempre succedeva,  come se la tomba si fosse aperta anche per lui.

Prese il suo coraggio e dopo aver salutato si mise in viaggio per ritornare da Elisa che lo aspettava.

Quando entrò in cucina , lei si accorse subito che il suo sguardo era macchiato dalla tristezza e come ogni volta lasciò che fosse lui a parlarle dell’accaduto.

Lui, a passi lenti si avvicinò al suo collo e lo baciò teneramente mentre con la mano prendeva una tazzina di caffè bollente.

“ Tesoro se non avessi te, non sai quanto ti ho cercata”.

I loro sguardi si incontrarono, un telefono squillò e tutto ritornò ad essere esattamente come loro volevano, uniti e distanti , permeati da quel flusso vitale proprio delle anime inquiete.

Elisa preda della sua scrittura e delle sue storie ed Ernesto con la sorte di tutti gli animali del  mondo sulle spalle.


Le fate

Le fate riescono a cogliere
il bello della vita,
nella visione onirica,
colgono l’ambrata,
dolce immagine
che il capo lascia
sul cuscino,
leggermente,
intimamente,
con lo sguardo delle
sirene che riemergono
dalle acque azzurine.
E il dolce respiro
si fa anima….


Ero un bambino

Ero un bambino
credevo nel mondo
gli aquiloni che intingevano
di colore il cielo
illuminavano il mio percorso.
La notte era sempre lontana
chiudevo gli occhi ed era già l’alba.
Ero un bambino
chiedevo di vivere
chiedevo di giocare
masticavo caramelle
e giocavo in giardino.
Ero un bambino, non tacevo
quando mi facevano domande e
attendevo risposte.
Ma le allodole del giardino
non cantavano abbastanza,
e la distanza tra me e loro diventava
sempre più grande.
Ero un bambino, troppo cresciuto ormai.
Ed anche adesso
tento di ascoltare le allodole
di chiudere gli occhi e ritrovarmi subito
il sole tiepido dell’alba sul mio volto.
Ero un bambino
Mamma e papà.


La via

Il sentiero
che porta al cuore
richiede il coraggio
di morire e di vivere,
di nascere e rinascere.
Ogni turbolenta emozione
rimane appesa
ad una vanificata
possibilità
che quel muscolo
possa,
nella sua portentosa
energia,
capire il mistero della vita
e della morte.
Ed è allora che in ogni
angolo di mondo,
il destino
si fa immensa distesa,
orgogliosa vanità,
coraggio cruento
nei dissimulati anfratti
dell’anima scortese e maldestra,
coriacea e debole.