LA MIA PRIMA CASA

La mia famiglia ha cambiato diverse case e diversi paesi ,la prima casa si trovava nel paese di Pretola in provincia di Perugia , era al centro del paese al n 1 , non era molto grande ed era
posta su due piani, a piano terra c’era la cucina, il pavimento era di mattoni ,c’era un lavandino per lavare i piatti , sopra c’erano due brocche per trasportare l’acqua che mamma andava a prendere alla fontana pubblica , o al pozzo che si trovava al centro della piazza del paese, poi c’era un tavolo di legno e sei sedie impagliate, da un lato della stanza c’era la madia dove mamma ci riponeva il mangiare e la farina per fare le tagliatelle ,gli gnocchi e la torta al testo, l’olio e il vino,sulla parete sopra il lavandino c’erano appese le pentole e i mestoli per cucinare,in un altro angolo c’era il focolare con il camino,c’erano gli alari per reggere la legna che bruciava scoppiettando, al centro
del focolare c’era un perno che reggeva una catena pendente dove mamma ci agganciava il caldaio
di rame per cuocere il mangiare,da un lato del camino c’era un testo di cemento per cuocere la torta,
quando era freddo ci riunivamo intorno al focolare per scaldarci ,o per mangiare le castagne arrosto,io avevo una seggiolina e mi mettevo in mezz o a loro ,le pareti d’inverno si annerivano con il fumo che la legna faceva quando ardeva e l’odore acre si spandeva per tutta la casa ,in cucina di fianco al lavandino c’era una finestrella con la grata e si chiudeva con le ante interne ,la porta si chiudeva con il catenaccio internamente,per andare al piano di sopra c’era una scala di legno
che arrivava al soffitto dove si apriva una porta in legno, era detto: (il batuscio ) saliti tutti si chiudeva per sicurezza . La camera da letto era composta da un letto matrimoniale, un letto singolo dove dormiva mio fratello e la mia sorellina io dormivo con i miei genitori , oltre ai letti c’erano i mobili :-due comodini, il canterano , il visavì, il baule,il lavabo, e la macchina da cucire.
Il canterano era un mobile con cinque cassettoni dove mamma riponeva la biancheria lavata e piegata e sul primo cassetto i documenti importanti ,sopra c’era una pietra di marmo grigia chiara e scura sopra mamma aveva messo un centro fatto a uncinetto, dove si poggiavano le spazzole per spazzolare gli abiti e i pettini , poi c’era un porta cipria di vetro azzurro con coperchio , la brillantina che adoperava mio padre e il profumo Pino silvestre,era una boccetta verde a forma di pino,il mobile terminava con uno specchio,nella notte di Natale mamma e papà ci mettevano un alberello
adornato di caramelle ,cioccolatini e mandarini , e poi qualche giocattolo .
Nel baule ci riponeva le lenzuola e le coperte ,nel visavì ci riponeva i cappotti e i vestiti di tutta la famiglia,il lavabo era fatto con due pietre di marmo grigio chiaro e scuro a due pianali e lo specchio , sopra c’era il pennello da barba e il rasoio, sotto c’era un porta sapone e un porta bacinella , la brocca con l’acqua per lavarsi poggiava sul pianale sotto ,in un angolo della stanza c’era il vaso da notte , poco distante c’era la macchina da cucire che si usava con la manovella
e la mamma ci cuciva i vestitini e d’inverno le pantofoline con panno rosso pesante.
Oltre a noi viveva un gattino piccolino tutto bianco e con gli occhi azzurri e spesso dormiva sul letto e mi scaldava i piedi , mi teneva compagnia.In casa oltreall’acqua mancava anche
l’elettricità che veniva sostituita con il lume a petrolio e le candele.
Questa è stata la mia prima casa ,dove ho dei ricordi di vita belli e brutti che sono avvenuti nei cinque anni che ci ho vissuto.


ADOLESCENZA DAI SEDICI AI DICIOTTO ANNI

Era il mese di Giugno del 1962 quando presi la decisione di tornare a casa dai miei genitori,
finito l’anno scolastico tutti andarono in vacanza ,chi al mare ,chi in montagna,chi a casa dai propri genitori,io sono tornata in famiglia,mi venne a prendere mio Padre con la moto e siccome dovevo andare a cantare insieme alle mie compagne al matrimonio di una amica di collegio, allora mio padre ci ha seguito con la moto, noi viaggiavamo con l’autobus privato arrivati a destinazione abbiamo assistito alla cerimonia e cantato la messa e l’Avemaria,poi c’è stato il rinfresco ,ho salutato tutte le mie amiche,gli sposi e le due suore che ci accompagnavano ,poi sono partita in moto con mio padre, durante il tragitto cantavamo come due ragazzi spensierati,poi mi disse che avevano cambiato casa, non stavano più al paese di Pretola ma a Ponte San Giovanni, arrivammo all’ora di pranzo, mamma e i miei fratelli mi accolsero a braccia aperte e io ero felice, però un pezzo del mio cuore lo avevo lasciato in collegio ed era mia sorella Patrizia perchè doveva fare ancora tre anni di scuola,a lei la mandarono al mare e papà le promise che finita la quinta l’andava a riprendere,e si tranquillizzò, io cominciai a conoscere le amicizie che aveva mia sorella Giuseppina ,papà voleva che quando si usciva a fare le passeggiate dovevamo essere sempre insieme, mai da sole ,quando l’estate si andava a ballare di sera al lido doveva venire anche mamma sennò non si usciva.
La casa era situata all’ultimo piano di una palazzina ,era più bella della prima casa dove abitavo quando ero piccola,era più spaziosa ,c’erano tre camere non molto grandi, la cucina, c’era la luce e i servizi igenici e la doccia, l’acqua c’èra ma l’estate spesso mancava e dovevamo andare a prenderla ad una fonte pubblica con le brocche e poi salire tre file di scale ,il riscaldamento non c’era e l’inverno accendevano il camino ,di novità c’era la cucina a gas per cucinare, con il forno per fare l’arrosto, questa cucina era un premio che mio fratello aveva vinto in una gara di ciclismo, il mettitutto per riporre le pentole e le stoviglie, la madia c’era ancora per riporre il mangiare che avanzava, la farina e il pane,sopra il mettitutto c’era una gabbietta con due pappagallini ,uno giallo e uno celeste ,mio padre si occupava di loro,davano un po’ di allegria alla casa, le suore prima di lasciare il collegio ,mi regalarono i vestiti che portavo addosso un librettino della cassa di risparmio con ventimilalire, mi sentivo ricca.
Era una ricompenza per avere svolto alcuni lavori per loro e perchè mi ero comportata bene durante la mia permanenza in collegio.
Iniziai la mia vita in famiglia aiutando mia mamma a fare le faccende domestiche, avevo un po’ di timore nel chiedere le cose ,mi sentivo un po’ ospite , mio fratello preferiva che io avessi preso la licenza di terza media ,ma io le dissi che ero stanca di stare in collegio e lui soggiunse che in casa non si poteva stare senza fare niente perchè ai miei genitori servivano i soldi per mandare avanti la famiglia ed io mi sono sentita di troppo ,però mi sono data da fare per non essere di peso, da giugno a settembre mi sono goduta le vacanze ,sbrigando solo le faccende di casa e anche preparando il pranzo per mio fratello e mia sorella che tornavano a casa a mangiare e poi la cena perchè mia mamma lavorava fino a sera tardi , il mio papà tornava alle cinque , nel pomeriggio mi concedevo un po’ di riposo leggendo dei fotoromanzi che mi appassionavano, avevamo un gattino tutto nero con una macchiolina bianca sulla fronte e sulla punta della codina ,la chiamavo stellina e mi faceva compagnia per tutta la giornata
Mia mamma non andava più a fare i lavori in campagna ,ma aveva trovato lavoro a Perugia in un collegio di studenti come inserviente perciò tornava a casa con il treno delle sette ,ma papà che tornava alle cinque voleva mangiare presto così poi usciva un po’ a fare la partita a carte con i suoi amici in una bottega vicino a casa ,io gli facevo trovare qualcosa di pronto così non brontolava.
L’estate l’ho passato anche facendo delle passeggiate con mia sorella per il paese di PonteSanGiovanni ,andando qualche volta al cinema Fiammetta, a ballare al lido il pomeriggio della domenica insieme ad una amica di mia sorella Giuseppina. A ottobre iniziai ad andare a imparare da una mia cugina a cucire le maglie con la riammagliatrice , partivo a piedi da casa il lunedì fino Miralduolo e restavo con la sua famiglia fino al venerdì poi papà mi veniva a riprendere con la moto e il sabato e la domenica stavo insieme alla mia famiglia, questa vita l’ho fatta per sette mesi, lì conobbi un ragazzino di venti anni ,che faceva il pasticcere ,incominciò a farmi la corte e così diventammo amici e il lunedì quando a piedi andavo da mia cugina, se mi incontrava mi saliva sul motorino e mi accompagnava , perchè lui abitava da quelle parti e facendo il turno di notte era solito incontrarlo, per qualche tempo ci siamo frequentati sempre in presenza di mia cugina e dei suoi familiari ,poi mio padre lo venne a sapere e mi riportò a casa ,comprai la macchina per cucire le maglie e cominciai a lavorare in casa per conto mio, mi ero fatta delle clienti che facevano le maglieriste e mi portavano le maglie a cucire ,poi conoscevo la ditta dove prendeva il lavoro mia cugina ,ci andai a parlare e loro accettarono di portarmi del lavoro a casa ,così iniziai a guadagnare qualche soldino per conto mio senza dipendere dai miei genitori ,la macchina la pagai a rate da sola con il mio lavoro .
Mio padre nel frattempo mi aveva fatto iscrivere all’ufficio di collocamento per un eventuale impiego , così nell’ottobre del 1963 fui chiamata da una piccola azienda dove facevano le scarpine da neonato ,cioè per i bambini che ancora non camminano,io ci andai ,era un piccolo laboratorio
noi eravamo sei apprendiste e tre lavoratrici che sapevano fare il mestiere e ce lo imparavano a noi
l’azienda era la Stepat ed era gestita dai familiari ,lì imparai a cucire con la macchina elettrica e a realizzare delle belle scarpine che confezionavo con una scatola trasparente e dentro un piccolo balocco ,rosa per le femmine ,azzurro per i maschietti ,mi piaceva quel lavoro ,però non mi pagavano molto ,ci sono stata fino a giugno del 1966 .
Durante il mese di giugno seppi da una mia amica che l’azienda delle calzature( IGI) cercava delle ragazze che sapevano cucire a macchina ,lei aveva lavorato con me e l’avevano assunta ,allora ci provai anche io ,mi recai a ELLERA dove risiedeva l’azienda a parlare con il principale che mi aveva indicato la mia amica , aspettai tre ore perchè era impegnato poi lo incontrai e mi portò a reparto e disse alla capogruppo :(le faccia fare una prova e mi raccomando la tratti come una sorellina) , la prova andò bene e sono rimasta lo stesso giorno ,il 30 di giugno feci il passaggio dalla Stepat alla Igi , lì non facevano scarpe da neonato ma per quelli che camminavano ,dal numero 17 al numero 42, era un lavoro più faticoso ,c’erano varie fasi di lavoro ,però a me mi hanno assegnato il lavoro di aggiuntatrice (cucire a macchina).lì ci sono stata 28 anni poi mi mandarono in mobilita per sette anni, per raggiungere gli anni dovuti per andare in pensione, nei sette anni ho lavorato come bidella nella scuola elementare e nella scuola materna di San Mariano e scuola materna di Chiugiana, c’erano diverse manzioni da fare ,pulire le aule, preparare la mensa, dispensare i pasti ,
rigovernare la cucina ,riportare i bimbi a casa con il pulmino, questi lavori venivano dati da fare a rotazione a secondo il turno che si faceva , nell’anno 2000 ad aprile mi sentii male mentre pulivo le aule, tornai a casa eil dottore mi fece ricoverare perchè il cuore si era scompensato,mi fecero delle scosse ma mi dissero che mi dovevo operare e così mi misero in lista , uscii dall’ospedale ma restai a casa in malattia poi il 26 di giugno mi ricoverarono di nuovo per fare la coronografia e videro che due valvole non funzionavano bene e c’era bisogno dell’intervento tornai di nuovo a casa facendo delle cure poi il 27 luglio mi chiamarono per fare l’intervento dopo due giorni di analisi mi operarono il29 di luglio e mi sostituirono le mie valvole con quelle meccaniche ,feci diversi mesi di convalescenza e l’ultimo anno di mobilità l’ho passato tra la malattia le ferie ei giorni di recupero, finalmente è arrivato il giorno della pensione ed era il 30 novembre del 2001.


UNA STORIA DA RICORDARE

Frugando nel cassetto della memoria
mi torna in mente una piccola storia,

quando avevo la bella età di sedici anni
e abitavo al paese di PonteSanGiovanni,

l’appartamento in via dei Loggi all’ultimo piano
e l’acqua si portava con la brocca in mano,

non c’era l’ascensore e le scale erano tante
e quando le salivo le gambe erano stanche,

non c’era il riscaldamento ma il focolare
che il papà accendeva per farci scaldare,

e con la brace si cuoceva da mangiare
ciò che i genitori riuscivano a comperare,

la finestra della camera dava sul cortile, di fronte
c’era il silos del pastificio della pasta Ponte,

era una risorsa per gli abitanti del paese
perchè gli dava lavoro per sostenere le spese ,

le persone che hanno lavorato con fatica
lo hanno fatto per il futuro della loro la vita,

i vicini di casa erano delle brave persone
e qualche famiglia che aveva la televisione

quando c’era un bel programma, ero invitata
a vederlo insieme, per passare la serata

ricordo quando all’ultimo dell’anno
si passava in compagnia giocando,

e quando arrivava l’ora a mezzanotte
si brindava all’anno nuovo con i botti,

poi si faceva un abbondante spaghettata
così si concludeva questa bella serata.

l’estate con le amiche si andava a passeggiare
e la domenica alla rotonda si andava a ballare,

il jukebox suonava le canzoni molto belle
i ragazzi corteggiavano le giovani donzelle,

ricordo la fiera per via dei loggi il tre di agosto
quando ho incontrato il mio ragazzo di nascosto,

e quel giorno insieme alla mia amica del cuore
lui mi fece la dichiarazione d’amore,

con quel giovanotto mi sono sposata,
e da quel giorno non mi ha più lasciata,

anche se d’ allora sono passati tanti anni
ho nel cuore i ricordi di ponteSanGiovanni.

M.ROSSI