Amore a 20 anni

Io ti amo
ma tu hai vent’anni.
Son forse troppi
o troppo pochi?
E se ci unissimo?
Sai, visto che io ti amo e abbiamo
vent’anni,
a te piacerebbe una nostra unione?
Le tue mani,
i miei occhi;
le tue spalle,
le mie clavicole.
Eh ti piacerebbe?
Forse bisognerebbe prima conoscersi:
che io conosca le tue spalle
e le tue mani,
così da giudicarle idonee
o meno
per la nostra unione,
si sa.
Mica per altro.
Poi ci sarebbero così tanti passi.
Troppi.
Decisamente.
Ti ho già detto che io ti amo?
Ma tu hai vent’anni.
Anche io ne ho venti.
Abbiamo delle vite davanti
e anche delle vite dietro.
Siamo io e te
e se un giorno non fosse così?
Non che ora lo sia.
Però già ti amo.
Invece di anelli e proposte,
notti e mattine,
piedi freddi e lingue impastate
che ne dici se ci unissimo subito?
Tanto si vede che tu saresti
perfetto:
che la mia testa è fatta per il tuo
torace.
Che le mie dita
sono fatte per le tue
e le tue labbra potrebbero
cullare
le mie.
È palese.
Non aspettiamo,
perché io ti amo
e abbiamo già vent’anni!


La nostra a-umanità

L’arancio risplende spento
tra mormorii e soffi bestiali,
in fila ansimante sorride
alla madre in evaporazione
le cui lacrime sono spremute
per farne profumi ubriacanti.
Arde qua attorno l’aurora
che incendia la mia scorza di pelle
e fuma sulla carotide debole
il ghiaccio della tua lingua:
ti confondi al calore del mondo
per nascondere il tuo viso di giorno.
Farfalle camuffate volano
scricchiolando sulla malinconia,
le ali che penetrano il mio sangue
e lo lacerano come freccette
lanciate da pagliacci drogati
esclusi dal club degli anonimi.
E se senti il mio fiato sul collo,
ti prego, sintonizzati altrove
ché sto urlando all’aborto di idee,
alla corruzione, alla falsa religione,
alla massa sorda, al complotto totale
e lo so, che tu non vuoi ascoltare!


Scatti di disperazione

Esplode la bolla, la freccia è scoccata
e fulminea colpisce la flebile entità;
cade acqua sulla terra spossata,
cado io sulla mia angoscia.
È il respiro del giovane amante
cresciuto con dolcezza di baci
che rovinoso scompare nel nulla
come nebbia nei giorni d’estate.
Lo sciocco intanto spera nell’infinito:
quel suono che non conclude l’eco,
quell’immagine che spazia oltre,
quella fantasia che lo porta via.
E la pietra oramai si sgretola:
la forza del mar l’ha portata
fin dove la fine inizia,
fin dove l’inizio finisce.