Angelo bello

Fai bene cara
a lasciarmi da solo:
adesso forza,
riprendi il tuo volo!
Fuggi
in un cosmo remoto,
ma di certo
di me meno ignoto.
Abbandonami qui
nel natio e torbido Agosto
come un reo
vinto e nascosto.
Non badare più
alla mia sorte,
sia ora nella vita
sia dopo nella morte.
Stai attenta
a non brucarti le ali
e ti siano scudo
per tutti quei mali.
Le mie ali
non sono brucate,
nell’inerzia anzi
non sono mai nate.
Vivi e trova
un’altra metà,
una sincera
che non ti deluderà.
Angelo dolce
tanto mi mancherai
ma tu di me
bene ti scorderai.
E in accordo
sono con te
perché sai l’amare
cosa ci è.
I nostri occhi
sono stelle avverse
di costellazioni
ormai diverse.
Sono un Romeo
e ignoro che accadrà,
ma qui Giulietta
non morirà.
Non ho fatto luce
a notte vicina
ed ora a me
s’attarda la mattina.
Scusa,
ho esitato nell’amore
e peggio ho oziato
nel dolore.
Perdonami se
ogni sorriso illibato
odorava
d’un cruccio malcelato.
Animo e cuore
si eran fidati
ma io miope
non l’ho meritati.
Da fio se un figlio
si monta e si usa
e per l’amore
diventa una scusa.
Ogni bacio
fu sempre disposto
e purtroppo emblema
d’un tedio riposto.
Ho sbagliato io
ieri ad amarti
così anche tu
dopo a fidarti.
Non ho cercato
il tuo meglio,
divenendo lo scopo
sempre lo sbaglio.
Non ti ho esaudito
in nulla o in tutto,
rimanendo così
il rospo più brutto.
Del casto cielo
io t’ho privato;
concedimi venia
perché ho sbagliato.
Sono umano
che posso farci:
colpa mia,
ho voluto provarci!
Allontanami
accusandomi per quello
Angelo mio,
Angelo bello.
Ora vai
e non dirmi dove;
io le colpe
espierò altrove.
La vita sentenzia
e nel dolo sì forte
s’arma di falce,
si veste da morte.
Ora mi fermo
e più nulla dirò
sui fati dell’amore
che qui terminò.


Amico lontano

Amico lontano
chiunque tu sia
resta con me,
non andartene via.

Stammi vicino,
accarezzami il cuore
anche dopo
che appassirà il fiore.

Aspetta un po’
e ti farò contento,
amandoti poi
in ogni momento.

Ama di più,
non porre più freni
all’amor tuo
che per me detieni.

Spera ancora
per sbocciar fiori
fatti di pace
e non di rancori.

Dai amore
tu che ne hai tanto,
perché la vita
non sia rimpianto.

Avvolgi di luce
il regalo che doni:
è la speranza
che nell’animo poni.

Fatti maestro
e insegna il coraggio
per diventar,
come te, pio e saggio.

Resta a casa,
conviviamo il moto,
evitando così
la prigionia delle foto.

Non tardare,
la cima vedremo
ma solo se noi
due rime saremo.

Cielo c’aiuta
a far nostri i passi,
sempre uniti,
tra l’erba e i sassi.

Senti la brezza
che soffia in volto;
vedi la morte
che su noi ha torto.

Segui la via
per il dove che sai,
mentre io
non ti lascerò mai.

Vola con me,
non farmi cadere,
verso quel Sole
dal divino potere.

Guarda laggiù:
c’è odio e vanità,
ma perdonali
e placa le disparità.

Mai sei certo
dei discorsi umani
perciò stai solo
a lottar con le mani.

Provi dolore
per sì folle veemenza,
ma opporremo,
se saldi, la resistenza.

Ecco il mondo
di stoltezza e afasia
e non fidarti
della sua rea utopia.

Pesante il dolo
quando mesti si cede
e muore il lume
che vita ci concede.

Paura è molta;
mi lacera l’amarezza
quando perdo
la dolce tua tenerezza.

Mio profeta,
sfama col perdono
chi tradisce
con l’abbandono.

Se ora sbagli
non temer perché
pur io erro
da uomo come te.

Nero è l’oceano
ma più non tremo
se diventi tu
la barca ed io il remo.

Cala l’inverno
e la nebbia è sincera,
ma con te so
che diverrà primavera.

Ascolta silente
la poesia guaritrice,
che d’animo
umano ne è la matrice.

Vivi la fiaba
e io ne trarrò versi
in onor tuo:
nemico dei perversi.

Scrivi anche tu,
con l’innata delizia,
canti soavi
sulla nostra amicizia.

Comprendi ora
che la poesia finita
ci eleva poi
dalla carta alla vita.


Via Crucis

L’anima è spoglia
e sa d’inverno
chi toglie il paradiso
e mette l’inferno.

Questo si afferma
e svelti si crede
in una terra sterile
senza più fede,
sempre martoriata
dalle tempeste
fatte di neri tuoni,
fame e di peste.

Sola resta la croce
sull’alta china,
mentre inesorabile
è ora la rovina;
nessun osa legarla
stretta su di se,
ma intanto si lagna
per come si è.

Sempre lustriamo
i nostri corpi,
tanto da deludere
pure i morti:
ascoltatori attenti
di quella voce
che segreti ci svela
su quella croce.

Lei insiste benché
fioca e gracile
a spronar l’uomo
assai più fragile,
affinché della vita
si faccia amore
e per ogni altare
ci sia un fiore.

Stanca e avvilisce
tale cammino
da qui al perduto
e bel giardino,
ma con una sola
e vera parola
ogni anima le ali
si mette e vola.

Da secoli stiamo
qui a spingere
e tanti annoiati
son di fingere,
perché il mondo
a girato finora
ma tace, invecchia
e non migliora.

Del corpo è nata
voglia atroce,
intanto lo spirito
resta in croce;
basta vantarci di
tale orgoglio
e della fede come
un imbroglio!

È ora di ricercare
le natie visioni
in quelle poche e
facili stazioni,
che nella distratta
e corta memoria
ci hanno riassunto
l’intera Storia.

Semina e raccoglie
il mite sorriso
chi toglie l’inferno
per il paradiso.


Il canto della filantropia

Il bene comune

senza fortune,

fatto di gesti

e buoni pretesti,

è di un degno

fine e impegno,

sogno massimo

fatto prossimo

che nel dove

discreto si muove

porgendo le dita,

chiedendo la vita.

 

Bene ti voglio

e spero il tuo meglio.

 

L’onesta intesa

scongiura la resa

di questa gente,

sinceramente

sale del pianeta,

polvere di cometa

che segna la volta,

ingenua o colta,

tra faccia di luna,

sogno di cuna,

e gota di sole

d’oro e d’ardore.

 

Il bene è meglio,

per sempre ti voglio.

 

Date a chi chiede,

sprono a chi siede,

passi all’infermo,

perdono allo scherno,

promessa alla sposa,

giardino alla rosa,

svago al bambino,

a donna l’inchino,

riposo ai morti,

gloria ai risorti,

sguardo a chi cede

e Dio a chi crede.

 

Bene ti voglio

e spero il tuo meglio.

 

Sii tu beato

caro declassato,

reietto precoce,

rubato di voce

attendi la mia,

non certo Messia,

che ti cercherà

e forse ti dirà

che sei passato,

bioagglomerato,

dall’inettitudine

alla beatitudine.

 

Il bene è meglio,

per sempre ti voglio.

 

Sveglia la mente,

chiedi al presente

futuro più certo

ora non offerto

che nessuno crede

e nessuno lo chiede;

calli di mani

issano il domani

per un lavoro,

voluto in coro,

per una soglia

ad ogni famiglia

e pescare uomini

e farli sinonimi.

 

Bene ti voglio

e spero il tuo meglio.

 

Mio arcobaleno,

o cielo sereno

qui è piovuto:

sei sopravvissuto

bello rifiorito

tutto colorito;

nel gaio amore

togli ora il dolore,

sovrano di guerra

non della terra,

e rifatti verso

lembo d’universo!

 

Il bene è meglio,

per sempre ti voglio.

 

Uomo è melodia,

donna è armonia

e figlio un dono

che l’è rende sono

voce di pace,

occhi di luce,

profumo di fiore,

etica di cuore;

il bene è una vela,

il male solo una mela,

uno porta in là,

l’altro cade, tutto qua.

 

Bene ti voglio

e spero il tuo meglio.

Il bene è meglio,

per sempre ti voglio.