Solitario strazio

Semino di nuovo
solchi e putride ferite
di nuove chiacchiere di paese
di nuovi insulti all’uomo e al tempo.
Prega stolto!
Una tua nuova fine è vicina
-ascolta le Erinni sussurrarlaun
vecchio orrore,
mistero antico di morti impiccati
disgraziato pianto d’una madre snaturata,
urlerai di nuovo
preghiere scannate
allontanerai il blu, il rosso, il verde
per conquistare il liberatorio gorgo tombale
e gridando un silenzio d’omertà
brucerai sui falò d’estate
la scintilla
scorticata e violentata del sorriso.


Metafisica del mattino

Affido alle fusa di una caffettiera,
l’eterno cruccio della metafisica:
se esista o meno
quell’anelito umano alla perfezione
nell’invisibile.
Notti stellate e cantilene d’Arabi
risvegliano sinapsi e neuroni
e con tre giri, come tre preghiere
recitate all’altare di vecchie zie pettegole
si rivela nel microcosmo di una tazzina
l’esistenza tangibile
di una trascendentale presenza.


Preghiere

Vedrò in quelle tortuose mani
scorrere quei grani,
come vocaboli
appena concepiti
e morti
sul confine del manifestarsi,
come un aborto nel ventre di una bocca muta
e sterile
dall’addio
di occhi stravolti
all’ombra del sole,
non placherà
quella cadenzata preghiera
l’assenza,
non placheranno
il pigolio e il chiocciare
il chiasso
e il beffardo sorriso
di occhi troppo aridi
per voler gettare
-come una presa in girolacrime
al mondo.