IL PESO DI UNA FAVOLA

 

C’era una volta un meraviglioso rospo, lottatore, eterno sognatore.

La sua vita era apparentemente perfetta, viveva in una bellissima palude ed era ben voluto da tutti.

Il suo sorriso, spesso lucente e sincero, nascondeva l’ombra di un suo desiderio profondo e mai realizzato: trovare la Principessa che con un bacio lo avrebbe trasformato in un Principe.

Non passava un giorno senza che lui ci pensasse, eppure nella sua palude c’era una rana, bellissima, che avrebbe fatto carte false per attirare la sua attenzione.

Niente da fare, quando qualcuno crede fortemente in una favola, nemmeno un terremoto o un uragano potrebbe fargli cambiare idea.

Ma nella vita quanto dovremmo credere nelle favole? Esiste un limite? E quali sono i pericoli di un’esagerazione folle?

Una volta qualcuno disse che bisognerebbe cercare di separare mentalmente le cose che si possono cambiare da quelle che non si possono cambiare, accettandole e andando avanti.

Quasi sempre la natura di un uomo o di un essere vivente ha la meglio, ma al nostro eroe non interessava, riempì lo zaino di provviste essenziali e partì.

Durante il tragitto incontrò qualche strano personaggio.

Il serpente, che cercò di fermarlo dicendogli che il suo viaggio sarebbe stato pericoloso quanto il veleno ch’egli aveva in corpo.

L’orso, il quale gli spiegò che un eventuale rifiuto da parte della Principessa gli avrebbe fatto più male di una sua zannata.

Infine si trovò da solo a specchiarsi in un lago.

La sua forza di volontà era più forte di ogni consiglio datogli in quel bosco verde.

Decise che quello era il luogo giusto per schiacciare il suo ultimo sonnellino da rospo.

Il giorno dopo arrivò davanti al castello e aspettò la Principessa fuori dal cancello.

Quand’ella uscì a cavallo, il rospo si gettò in mezzo alla strada per farsi vedere, ma venne puntualmente schiacciato e ucciso dallo zoccolo del destriero.

Lei nemmeno se ne accorse probabilmente, ma forse finisce sempre così quando si crede troppo alle favole.

Nel frattempo, nella sua palude natale, una rana bellissima lo stava aspettando, pronta a dirgli quanto lo amava. Sarebbe stata probabilmente la sua anima gemella, ma si sa, quando qualcuno perde la ragione per una cosa più grande di lui, finisce schiacciato.

Esiste forse un modo di capire che si sta esagerando? Un giudizio morale che ci ferma e ci fa ragionare?

Le favole sono belle, bellissime, ma spesso ci illudono e ci lasciano lì, senza più sogni e voglia di lottare.


 

ODE AD UNA MUSA MAI INCONTRATA

 

Non ti ho mai vista, non ti ho mai parlato, ma ti ho immaginata.

Tante volte, non solo una, la mia mente sarà  preparata.

Ho pensato a quale colore affidare la tua stanza nelle pareti del mio cuore.

Alla fine della riflessioni, li ho scelti quasi tutti, per te sarà  un onore.

Bianco come la neve, come la positività  che tu porterai in questa mia vita ancor breve.

Rosso come il tramonto in certe sere spettacolari, come il mio viso quando il tuo sguardo incrocerà i miei timidi binari.

Nero come la notte d’inverno più scura, o come il mio umore se di me non vorrai prenderti cura.

Giallo come il sole che porterai nella vita mia, o come le mimose che non potrò mai regalarti, maledetta allergia!

Rosa come le nostre pelli che camminano sulla stessa via, o come il fiocco che metteremo fuori dalla porta quando nascerà nostra figlia Sofia.

Azzurro come il cielo sopra la nostra vita, sopra tutto quello che saremo, come il mare della nostra spiaggia preferita, nei nostri sogni ci perderemo.

A volte vorrei risolvere tutto in un secondo, ma non basterebbero due vite, in questo caos chiamato mondo, dove le domande sono sempre infinite.

E allora verde, come la speranza che entro sera tu sia già  arrivata, come l’erba su cui ci siederemo alla nostra prima scampagnata.

Arcobaleno nel tuo sorriso, si incontrino i nostri cuori,

Emozione sul mio viso, non la spiegherei nemmeno con mille fiori.


 

IL PUNTO INTERROSCLAMATIVO

 

C’era una volta un punto interrogativo che camminava sempre a testa bassa, perché la sua schiena curva non gli permetteva di guardare le stelle.

Tutto quello che vedeva era l’asfalto, la strada sterrata e i sentieri che ogni giorno calpestava.

Ogni giorno si chiedeva come sarebbe stato se invece di guardare sempre in basso, avesse potuto scrutare anche per un solo istante, il cielo sopra di sé.

Andando avanti per la sua strada, la sua tristezza di una vita passata a sopportare il peso di situazioni a lui non favorevoli lo portarono a chiedersi tante cose.

Ce la farò? La vita è bella? Vale la pena viverla?

La forza di volontà non gli era mai mancata, quindi un giorno decise di salire in cima al monte più alto del mondo.

Partì per la sua avventura, pur consapevole che la schiena curva non gli avrebbe reso le cose facili.

Ma si sa, per ottenere ciò che si vuole bisogna sfidare e superare i propri limiti.

Arrivò sulla vetta e adagiò dietro ai suoi piedi tanti sassi e pezzi di legno, iniziò a camminare all’indietro e volontariamente cadde di schiena.

All’improvviso, il colpo da lui preso lo trasformò in un punto esclamativo, e potè finalmente ammirare la maestosità del cielo stellato dalla cima più alta.

Ma la schiena non fu l’unica linea a cambiare curva.

Il percorso inverso lo fece il suo sorriso, che da piatto diventò meravigliosamente curvo.

D’un tratto trovò la risposta alle sue domande senza nemmeno cambiare una parola.

CE LA FARO’! LA VITA E’ BELLA! VALE LA PENA VIVERLA!

E naturalmente, combattere per essa.