Manca la luce

Lampi e tuoni:
anche oggi, pure domani.
Poca luce si ha,
come l’acqua dei poveri,
anche se spesso
ce ne dimentichiamo.

Abbiamo
quasi scaricato le pile.
La bile sale;
la luce è debole,
la luce fugge.
<Aiuto, qualcuno la fermi!>,
non esagero, senza lei siamo inermi.

Ho già provato,
mi sono seccato.
La luce è oro.


Contestazione

È troppo facile scrivere una poesia triste,
infatti molte se ne sono già viste:
una che descrive la tragicità della vita,
ma, intanto, piangiamo,
quando essa è finita.
Molti mostri sacri caddero nella tentazione:
capolavori falsi, con emozione.
Grande valore
artistico, poco sapere.
La vita è gioiosa.
Forse, scrivendo “dolorosa”,
guadagnerei più soldi,
farei forse più famosa la poesia;
ma questo qui è il mio pensiero;
ma qui non mi voglio lamentare, davvero.
La mia non è una vision disneiana:
è più facile trovare idee
per un’opera malinconica;
ma una mia tristezza non è cronica.


Incastri

Ero intento a sfogliare una rivista distrattamente, pensando alla bolletta della luce o ad altro; il lampadario aveva al posto delle lampadine quattro lampadari in miniatura, la luce veniva dal telefono, la temperatura era insolita per la stagione. Avevo deciso di cominciare a fare la doccia prima di andare a dormire; dopo aver finito, passai in camera da letto e vidi un animale che faceva pensare a un cane, ma saltellava e miagolava. Non capivo se avesse intenzioni ostili o amichevoli, così fuggii in bagno ed esclamai: <Impossibile!>.
Sui lati venne un fuoco, lo attraversai e mi ritrovai su una nave. I ricordi scolastici mi fecero capire che si trattava di una caravella di Colombo. Scorsi il navigatore e cercai di osservarlo senza che mi scorgesse: il volto era quello delle raffigurazioni pittoriche. Stupito e soddisfatto, mi allontanai, ma Cristoforo Colombo mi disse:
<Ando at ve?>
<Mi go terminat de travaje e vag durmiri>
<Vienn’ansema meco>.
Subito quel linguaggio mi parve Genovese, ma ora sono più propenso a credere che sia un miscuglio dei vari dialetti.
Colombo mi mostrò una cartina molto bella e dettagliata, ma che rappresentava l’Australia.
<Assurdo!> dissi e mi tuffai nel mare; nuotai per diverse ore, fino a giungere ad un’isola.
Sull’isola vi erano villaggi turistici e un sacco di altre cose contemporanee. Ero dunque tornato al presente, o almeno ad un periodo vicino. Trovai un aeroporto e seppi che era possibile prendere un volo per tornare in Italia, dovevo solo aspettare tre giorni. Mi sistemai in un albergo e la sera stessa mi concedetti una passeggiata. Ma, camminando, vidi che gli alberi avevano come frutti dei diamanti, grossi e splendenti. Mi arrampicai su uno, colsi una decina dei frutti attraenti, ma pensai a quanto fosse inverosimile tutto ciò e caddi (maledetta la distrazione!).
FIIIIIIII
Ero caduto sul terreno di uno stadio. Cercai con gli occhi un tabellone e scoprii che stavo giocando la finale dei mondiali di calcio: Italia – Francia. Eravamo sull’1 – 1 ed erano appena iniziati i tempi supplementari. L’avversario che mi aveva fatto cadere era stato ammonito. Era tutto normale, salvo il colore della mia maglia: verde e rosso. Provai a fregare, pensando che fosse solo sporcizia, ma era invece un’altra stranezza.
<Mister, mi cambia?> supplicai.
<È per quel fallo di prima?>
<Mah, va sapere. Sono confuso, sarà stanchezza mentale>.
Lippi si accorse che non poteva più sostituirmi. Fu un brutto colpo, svenni e mi ritrovai in sala a sfogliare riviste: come prima, solo che tutto era tornato nella logica.
Come si spiega ciò che ho vissuto? O non esiste una spiegazione logica, o sono io che non sono in grado di trovarla. Ma non ho sognato: possiedo ancora alcuni diamanti, mentre ne ho venduti altri.