SEI COME IL CIELO

Sei come cielo, celeste sconfinato,

io, ali, mi libro ancora nel tuo amore.

M’imprigiona il cuore, innamorato,

gelosia patisce, è grande il tremore.

 

Patire d’amore perenne non fu male,

mai guarirò, voglia di te ne è prova.

Dolce tormento il dolore m’assale,

offusca il senno ma l’amore rinnova.

 

Nel languore mia pacata dolcezza,

dal mondo m’appare il suo splendore.

Ricordi remoti da beata giovinezza,

eri bella, casta, fu un dono d’amore.

 

Passato ormai il bel tempo di luce,

quando bagliore ci schiariva il viso.

Divampa ancora nel cuore la brace,

umido l’occhio, ma lieve il sorriso.

 

Tanta fu la strada dritta o tortuosa,

dieci lustri, lungo fu il cammino.

M’accompagnasti o donna virtuosa,

fino alla fine, vuoi restarmi vicino?

 

Leggemmo nei cuori e nel pensiero,

sempre insieme nel bene e male.

percorsi con te, nella selva il sentiero,

scoprimmo l’amore, tesoro che vale.


 

PIOVE ANCORA

Dietro i vetri opachi appannati,

solchi di gocce scivolano piano,

pianto di cielo, le gote bagnati,

di chi soffre, li asciuga la mano.

 

Fuori ancora buio oltre finestra,

tutto dorme, lei soffre il dolore,

gocce come lacrime sulla ginestra,

sotto quella celati, c’era l’amore.

 

Pioveva sui visi, sui capelli,

le vesti, erano flaccidi bagnati,

ricordi di come giovani e belli,

oggi qualcosa, li ha separati.

 

Piove ancora, sui lampioni,

piove sui tetti delle case,

sull’asfalto lucido sui bastioni,

su siepi di spine, sulle rose.

 

Piove ancora, nella sua mente,

nelle strade, dove mai lui sarà,

tra i fili d’acqua, tra la gente,

suo è il profilo, ma dove va!

 

Scusi signore, mi sono sbagliata,

lei davvero, somiglia al mio amore.

Piove ancora, sulla vena tagliata,

lo raggiunge li, vicino al Signore.

 

Piove ancora sugli alti cipressi,

sulla croce sul marmo lucidato,

sulla terra sui papaveri rossi,

sulla foto, le labbra lei ha posato.

 

Piove ancora, sulla pelle bagnata,

sul visino bianco, sembra bambina,

sul marmo distesa, l’hanno trovata,

il sole si alzava, come ogni mattina.


 

SONO SUO PADRE LO PERDONO

Era notte, un vecchio mi ricordo,

sulla panchina si lamentava sdraiato.

Erano le tre di notte faceva freddo

sangue dalla bocca il labbro spaccato.

 

Era ben vestito ma, puzzava di vino.

Aiutami ad alzarmi disse per favore,

mentre si guardava attorno, li vicino,

e dalla fronte gli scendeva il sudore.

 

Che cosa faccio qui come ci son finito.

Si sentiva stanco di star li non gli andava.

C’era un bimbo e l’indicava con un dito

mentre la mano di sua mamma stringeva.

 

Sembra il nonno e negli occhi lo fissava,

lui allargò le labbra e gli fece un sorriso,

e lì che s’accorse un dente gli mancava

ho un figlio ammalato disse cupo in viso.

 

Colava tra le rughe una lacrima marrone

lui non ha creduto che il grano era finito.

Voleva la droga, con la mia pensione

fu lì come sempre, il senno ha perduto.

 

Morì la sua mamma, fu una cretinata,

una piccola somma lei gli rifiutò.

Al’improvviso scivolò dalla gradinata,

e calmo sul suo corpo, dopo lui passò.

 

Piange il vecchio, sulle sue pene,

disse, se la sua mente si ammalò

colpa mia ho voluto il suo bene,

non ebbi mai la forza di dire no.

Poi disse il vecchio, fatemi un favore,

lui da sempre fu ragazzo bravo, buono,

non sarà lontano, andatelo a cercare,

ditegli che sono suo padre, lo perdono.