Agata Maria Motta - Poesie e Racconti

GUARDO IL TUO VOLTO

 

Guardo il tuo volto pallido

e rivedo il mio volto

non certo pallido come il tuo

ma scavato sofferente triste.

 

Un dolce  sorriso increspa le tue  labbra

le mie si schiudono per dire parole trite usate e abusate

Lo scenario da sogno: Taormina le luci lontane il cielo infinito il mare l’onda lunga il tramonto l’orizzonte che rosseggia

Il grido gioioso di un bambino che osserva felice la vita

e gioisce

i suoi occhi carichi di aspettative

le sue mani  si levano in alto in segno di grande sintonia con l’universo…..

Si alza il vento e la vela ci trasporta lontano dalla riva

siamo in balia delle onde

i nostri compagni di viaggio ci guardano distratti

in lontananza i fuochi di artificio

Ed io ti guardo e scopro in te i segni di un inevitabile fallimento

Vorrei farti dono della mia esperienza per dirti: non soffrire.



PIOVE D’AGOSTO

 

Piove

d’agosto

a Madrid

 

Il cielo grigio

bianca

la maestosa facciata del palazzo reale

 

El Prado…

Velazquez…

 

Un indio

all’arpa

nella metropolitana deserta

suona un’antica melodia

 

Un volto di gitana

due occhi neri neri

mi fissano

scrutano la mia anima

triste

nell’apparente gioiosità

dei gesti

e delle parole.


 

PAGLIACCI

 

Pagliacci dalle mani di gomma

articolano suoni falsi

sgradevoli.

 

Pagliacci dalla mente ottusa

recitano

l’eterna commedia della vita.

 

Pagliacci dal cuore inaridito

fingono

approvano con la mano alzata

la pagliacciata

roboante

del burattinaio di turno

che si illude

della vittoria finale.

 

Ma di quale vittoria

parlano,

quali scenari

immaginano

pagliacci e burattinaio

chiusi

dentro

un’asfittica

aula

dalle pareti azzurre?

 

Ed io?

Qual è il mio ruolo

fra tanti pagliacci?

 

Pagliaccio anch’io?

No, grazie.

 

Ancora una volta regista della mia vita.



ONOMASTICO SENZA STORIA ( a mio padre)

 

L’anima in tumulto

il cuore impazzito

la mente velata

gli occhi si inumidiscono

mentre lo sguardo ti fissa

fissa la tua immagine

lontana

sfocata

i tuoi lineamenti ancora incisi

dentro

le tue labbra che sussurrano

che mi sussurrano “buon onomastico figlia mia”

 

Com’è triste il cielo di questo febbraio!

Il secondo onomastico senza te

 

Un onomastico senza storia.


GUARDARE IL MONDO ATTRAVERSO UNA FINESTRA

 

Guardare il mondo attraverso una finestra,

sentire l’amarezza pian piano rapprendersi

e dimorare dentro

per sempre

Il tempo é scivolato via veloce

fra te e me,

come soffio debole emesso da pallide labbra sottili.

Apro la finestra e mi inebrio dell’aria

profumata

di un fresco mattino di marzo.

Lontano

un’ala di gabbiano spicca

bianca

nel cielo rossastro dell’aurora,

mentre il nero intenso del vulcano maestoso

evoca

lunghi lamenti di un dolore sopito.

I miei occhi si muovono lenti,

vorrebbero penetrare ogni cosa,

ogni immagine,

per scoprire l’intima essenza del mondo,

investigare l’anima.

Improvviso

il ricordo dei nostri discorsi

sugli uomini

sul mistero della vita

sulla sete di infinito che avevamo dentro

sull’assoluto delle nostre fragili esistenze….

E poi la volontà della ricerca estrema,

il nostro essere inquieti

come vento

nella tempesta notturna

 

Nulla é rimasto

se non il deserto

di una solitudine antica

e

il grigio

dei giorni vuoti

della tua assenza.


 

ASSENZA DI TUTTO

 

Assenza di tutto, anche di dolore

Desiderio del desiderio

Essere indifferenti

Mentre si attende

Un giorno

Di sole


TI HO CONOSCIUTO

 

Ti ho conosciuto

mentre salivi le scale.

Piccolo

disarmato

dentro la tua camicia

di lino bianco

mi hai guardata

distratto

con il mozzicone

fra le dita

mi hai detto sì

ma i tuoi pensieri erano altrove

 

Ci siamo riconosciuti

all’improvviso

 

Amarsi

è stato un dono

 

Poi non ci siamo riconosciuti

più

all’improvviso

 

Ma io ti cerco ancora

 

Fuori dal tempo

fuori dallo spazio

tu sei

il mio amore

inaccessibile


 MI SONO SMARRITA

 

Mi sono smarrita

cercandoti

 

Ti ho ricoperto

di baci

senza baci

 

Ti ho stretto

in un abbraccio

senza fine

 

Ho sussultato

di ogni tuo sussulto

 

Mi sono riempita

di te

 

Era immenso

l’amore

che ho cercato

oltre l’amore

 

Ti ho perso

proprio mentre ti cercavo.



ORA CHE E’ VITA ANDATA

 

 

Ora che è vita andata, so che non avrei dovuto chiedere il conto.

 

E’ una gelida giornata di Gennaio. Il cielo scuro di nuvole annera il mattino cupo di un inverno di ghiaccio.

Esco di buon’ora di casa, la pallida luna calante passa sulla mia testa, sui miei piedi.

Mi sento vibrare di gioia, una gioia che fa a pugni con il grigiore triste del paesaggio invernale. Sul volto i segni di una solitudine antica, negli occhi una felicità nuova, appannata ed aspra.

Mentre percorro la strada nera di asfalto, osservo la vita attorno a me.

Ragazzi con gli zaini affollano muti le fermate degli autobus, uomini arrotolati nel freddo dei loro giubbotti sostano per un attimo all’edicola calda di metano e di sorrisi, donne perse nel labirinto dei loro pensieri attraversano la via frettolose e rassegnate.

Mi fermo al rosso del semaforo: davanti a me un enorme stradone con palazzi-caserma a destra e a sinistra.

Intanto il giorno continua ad abbuiarsi, i tuoni ringhiano in lontananza. Uno scroscio impetuoso di pioggia fa fermare l’auto sulla quale viaggio. Scendo giù un momento, l’acqua mi monda il corpo e l’anima.

 

Vorrei non essere lì, vorrei non sentire l’odore pungente del rancore, vorrei non provare la rabbia dell’animale ferito. Quando si è in amore non esiste il tradito e il traditore, il giusto e l’empio, resta l’amore finchè dura.

Ma questo allora io non lo capivo. Scoppiavo di dolore dentro. Volevo vendicarmi, di amare o di essere stata amata?

Ancora qualche chilometro, poi eccomi davanti al portone fradicio di acqua e di ricordi. Cigola quando lo apro, mi pare un lamento lungo ed inquieto.

Varcare la consueta soglia è per me come ripetere un rito, magico le innumerevoli altre volte di prima, amaro nel freddo tagliente di questa piovosa giornata di un inverno anonimo……

 

Gli ho presentato il conto e sono andata via.

Ora che la rabbia è sbollita, ora che il desiderio di precipitare è divenuto ansia di vivere, ora che il giorno mi avvolge nel suo caldo abbraccio consolatorio, solo ora so che in nessun modo vale la pena presentare il conto.



ALLA RICERCA DEL SOGNO PERDUTO

 

Cara carissima,

stamattina sono approdata sulla nostra isola, la brezza mi accarezzava i capelli ed io mi sono seduta, su uno scoglio, ad ascoltare la voce del mare.

Ieri ti ho cercata, dappertutto: nei sassi, dentro l’acqua, nell’aria, nella terra nera che ho calpestato con rabbia, in ogni pulviscolo di questo nostro misterioso universo.

Ero stanca, avevo perso il filo, quel filo che avevo dato al mio Teseo.

Ti ho cercata inutilmente: per questo oggi ho deciso di partire, non già per trovarti, ma per sfuggirti.

Mi sono incamminata attraverso sentieri impervi, ho scalato montagne impossibili, sono arrivata in una valle fiorita.

Mi sono fermata a riposare.

Mi sono immersa nelle fresche acque di un ruscello che gorgogliava negli anfratti di una caverna, ho respirato l’aria pura di un mattino senza tempo, mi sono rotolata felice nell’erba verde di un prato lussureggiante.

Sdraiata sulla nuda terra, distese le braccia nel grande abbraccio dell’universo, ho osservato a lungo la calotta iridata del cielo con i suoi colori cangianti: biancastro all’aurora, rosso di fuoco a mezzogiorno, azzurro cinerino la sera, blu la notte.

Ho bevuto più volte al calice traboccante della vita, mi sono librata in volo come un’aquila superba.

Ma tu, mia cara, non mi avevi dimenticata. Eri lì in agguato, pronta a ghermirmi con i tuoi artigli di fuoco.

Ti sei presentata con il tuo lungo abito bianco di seta, mi hai sorriso con i tuoi grandi occhi luminosi, mi hai teso le braccia lunghe e flessuose.

Ti ho seguita, anche se conosco le tue mille facce, i tuoi inganni, le tue astuzie sottili.

Mi hai dato la mano ed insieme siamo scesi giù, giù fino al centro della terra.

Qui mi sei apparsa come sei: di ghiaccio gli occhi, nero l’abito, una piccola falce scura in pugno.

E’ così che gli uomini ti raffigurano, non è vero?

-Avevamo fatto un patto, ma tu lo hai tradito, non si sfugge al destino che si agita nella vostra piccola urna-

-Il mio non si è ancora compiuto, lasciami tornare nella mia valle fiorita, le Parche non hanno ancora deciso di recidere i fili della mia fragile vita-

-No, mia cara, mi hai già tradita una volta, non puoi più farlo. Cercandomi, ti sei imbattuta in un giorno pieno d’allegrezza e lo hai scambiato per una vita piena d’allegrezza. Non è così. Ecco perché sono venuta a prenderti e ti ho condotto fin qui. L’illusione e la disillusione, l’inganno e il disinganno, le mezze verità non servono ad evitare ciò che non può essere evitato.

Quello che deve accadere accadrà per tutti.

Ed oggi é accaduto a te-

-Ed allora prendimi per mano e fammi volare alto, sopra le nuvole soffici di morbido pane-

 

-Cara carissima, abbandonati al tuo volo, vola libera e leggera, lassù il pane sa degli intensi aromi che durano per sempre