SPERIMENTAR INFINAMORE CONOSCENDO
Fluentepensiero d’umana impronta
ch’al pesto buio che pesto
travolgo,
contr’ognunque loco sbatto
uccidacqueto io, son io,
sto silenziante pe’ valli nesistenti
masistenti
e levarmi
ancora
devo
in nova luce accendi anche tuvoi
che state inamoventi
al quia.
Pargolo ch’effondi verbo
fammi
e così sono
e così sia.
Pensier di palpebre piombiche
ripiombate a cascatelle
di messo piombo
non sommesso
NO
ma specifico nel peso
a mille, di paVure
parvepiccine
né vedere
voglia
ho
e
sezionare
per assai morto, viver vivo
respirante contr’ansia
almen tre volte al dì
com’ordinato
fin’al confine
con fine praescriptio d’Ippocrate clone.
Levansi soli
ch’all’abbandono nemo
– n’io pure –
voglio non
!
Decrepitando
poveriedelusi
‘l dito ammezzo
gl’occhi
– non discoverti ancora –
trovarè paurito !
Ergo andiamo !
prode
tra prodi, più e più
a passo passo
in vie
che non vanno lungi tanto
dallaura di paura
che di dentro sgorga pura.
Ah! Ah! Ah! Ah! Ah!
Che ridi
se tosto vigliaccando
ti radichi
in cuccette
di striato bujo
e strette
?
Rimante più non do
chè nota è non,
ma pianto.
Vergognansimili a medesimoMe.
E parapiglia assai generico
d’azioni e rimproveri
copremi d’insulto
meo proprio.
Son più aspre guerre
l’ancor viste tagliuzzate
d’infanti d’Anima
ANZI
d’Anima senz’i robotici corpi
e
“Sgozza! Sgozza!”
niente più.
Pens’a Quelli
per di vergogna
ancora
sentirti picciolo picciòlo !
Ma in che vegli
la tua veglia
giorni tutti
ch’ancora – nesepolto –
sparsacenere
?
Mortovunque evvera
trasmittente notizia,
e non ti curi.
Parolàmeparole
partoritipartorienti
ad acquisir corretto stile,
dialoghiamo.
Intrichi nevengono
né vanninniente,
conoscesi
et
conoscersi
una beltade necessaria.
Com’assetato
sempre porgorecchio
di Te men fine – ? -
e ‘n radiascolto
sto
solingo emmuto
o
vociante
-poco –
pei tui
terrori
tremori,
salda mano porvi
non parva.
Ma cresce
una nascita
di Te novissima.
Tornare a casa
articoli
ma ideali porte d’accesso
di quella
mai sbarratHo
nella mia.
Perdòni checchiedo
si pèrdono
se per doni
me non fai andare
per Te sola.
Son quegl’invìti
che Te priegan
-forti –
sanza l’orecchio
a mutare volere
per musiche
già
a Te piacenti.
E parti che son dest’ora
?
Si
forse
ma
chi
sape ?
Linfossigeno di Te che sai
e
Porgimin passi
tutto’l respiro
e
sonci
si !
Mutevolissimi inrespiro
ad Inspirarci
-Respirarci –
per egualin molto più
checcredi
fede hai persa
?
Stanchezzissime percorse
percorronTi
e
fisso né impensante
voglia fare di Memai
!
Di pane pienemani
sondivino
con lieto spezzare
tre di Voi
meco pure
giorno tuttotutti
chiedo!
Solitudinamente
solitudinamante più non
-Epperò –
attendo
ch’al Pastore torni,
et a me ch’appresto
te
arriprendere.
Discoverte ti sonon
le triste pozze
solemie
che bèvere non se acqua
sola
ti fo io proprio.
Prima con appendici
e Tu
con ognunque
braccia io
l’ho qui, con me, anch’ora.
Dunque siete appropinquanti ?
-da sollevare non –
raccogliere,
a frutti pari
per ancoMe
pariaVoi ‘ n divenire
con pienissima costanza
?
Spemegrande
com’i sogni
sonantissimi
che vedon chi qui scrive
uscito
pianopiano
dalla scuraria
‘pena morta.
Vedeva
Me
a tantinsieme,
aVvoi più e più
operaio di parole
e manufatti, molti
tutti comuni
perNoi
quale perno
di millazioni
e millancora
finalfinefinale.
Non solo parole sole,
mie
ti chiedo di vedere
e di,
piano calpestarle
in Comunione.
I tuoi orizzonti di ferro e luce
Sono qui,
a tagliar rovi in un fiume d’esistenza
e mi guardi,
sorniona, quale gatta.
A non diventare il tuo boccone di oggi,
impegno la mia risalita.
Come un Angelo,
senza clamore all’arrivo,
discendi dentro di me.
Se solo riuscissi,
dalla mia polvere,
a costruire un atomo di fierezza !
E ancora mi batte l’acqua,
come sferza per cavalli ostinati.
Regalami il tuo orizzonte più alto !
Vi salirò a metter ferro,
una sciabola
contro il nulla che minaccia.
Sono pieno di Te solo nelle tue luci.
Così educhi il figlio che sai
di dovere incontrare in me.
Voglio ritagliare panni da un diverso Sole
per veder morire la tua corsa alla Pace.
Non singhiozzeremo in quel funerale.
Ogni tempo non ancora vissuto
ci donerà la coperta che protegge
il nostro superstite respiro.
In vocatione
Di questa polvere che faccio pietra,
ho fatto omaggio al sentiero di oggi.
Quale desiderio interrogo ?
Un errore che riempie un battito d’ali
e mi precipita allo schioccare d’una fronda.
Una frusta di tempo che non imbriglio.
Quale pellegrino mi vive ?
Quale Preghiera sto innalzando ?
Dove sei Tu, che segui il mio errare ?
Perché non mi fai più piccolo
con il tuo abbraccio ?
Un infante a rinascere
senza il terrore di nuovi passi.
Voglio catene
come portoni serrati
per ricevere sogni
al sicuro di sonni
che uccidano
l’inverno
di
ogni
mio
mòto.
CHIAMATA
In questo granaio,
dove hai accumulato il fieno d’ogni paura,
è il tuo giaciglio.
Vi riposa l’Anima,
e un continuo scricchiolìo
punteggia di bianco
il dipinto del buio.
E’ il tuo sorgere lento,
e, di nuovo, cadi.
Flebili luci.
Il sangue,
sgorgato dal tuo,
fai caldo,
ma il freddo è più forte.
La mestizia che fa parole e azioni,
cerca una guida che permea ricordi
senza più carne.
E pare che un unico fiore
tu voglia coltivare …
Fiorisce una volta soltanto,
nella Terra della tua fuga.
C’è una piuma,
caduta,
che non hai scorto.
Scrive parole mie,
e di Chi custodisce me,
quando solleva Te.
I nuovi diari
t’attendono,
qui,
in questo stesso Mondo.
Ti porto i fiori
per la tavola di oggi.
Tornerò domani,
con un pezzo di pane,
un Cuore più rosso,
una Vita bianca.
VIAGGIO
Fai amiche
nuvole e bufere.
Continua a salire
respirando Amore e sacrificio
di chi ha segnato il sentiero.
I tuoi passi
faticheranno di saggezza.
Ti fermerai
sapendo di lezioni apprese.
Sapendo di lezioni date.
DESIDERIO
E’ una stanza
che ospita ritratti
questa.
Vivono dei momenti che furono
e parlano a chi entra.
Rammemorare,
è come una coltre
che ti copre.
Vuoi sentire sussurri
di sprone
farsi voce,
ma ancora t’assordi
con l’unione alla tristezza.
MASCHERA
E’ troppa afflizione
schioccare la frusta sulla vista.
Un semplice cenno
può toglier l’intonaco
alle maschere.
Rassetta questa costumeria.
Vi farò luce
e la mia maschera,
saprai
che un volto già conosciuto
ha definito.
Ora
e per ogni ora,
puoi indossare gli abiti.
Sono tutti per Te.
SORELLE
Con calma
seguo il tuo lento,
a loro
avvicinarsi.
Dei miei torti
non vuoi far condanna.
Me ne convinco.
Si dissolve
ogni mia omissione.
E benevola mi dici
che meritano pene lievi.
Ora ch’assisto
al vostro unirvi,
sorella
Tu
e loro a Te,
a ondate m’inebria
il profumo
di quelle braccia.
Tutta la mia terra
chiedo divenga
una goccia
di quell’essenza.
Di me
ora
vorrei non scorgessi
lo spettro.
EPIFANIA
Una intricata coscienza
a tasselli
ogni giorno osteggio.
La figura si fa chiara
a un improvviso
mòto d’attenzione ammaliata.
D’agitato Cuore,
stupefazione,
e barcollii,
i passi appena mossi.
Ti raggiungo d’un sùbito
-sconosciuto –
di serena clarità e compostezza
fatto.
E sgorgano eros
e forza,
senza più timore
io
a guardare.
Viva stele fuori della mia porta
Di platino dolore ed ira
in questa cella e culla
ho fatto il mio pane quotidiano.
Tu
che tante dici viverti
guardi all’uno e solo che vive me.
Non tendi la mano
ti ritrai a bozzolo.
Crepitano
sulla diga d’un abbozzato sorriso
variegati colori di timidi dire e fare.
A destra
un’iride di luce fioca
recita con vigile paura
un antico soffrire.
La sinistra
ha una fiamma
che dipinge forme.
Son di femmina scaltra.
Tra le mani un sacchetto di dolcezza.
Il duplice
non doppio
fa una brezza di malìa.
Sospinge una Fede ?
Segni da far miei
con ardito candore
e la tue stele saper leggere
in placida attesa.
Eppur vivi !
Di rinnovato sangue
e antica carne
io.