Alberto Fidani - Poesie

SPERIMENTAR INFINAMORE CONOSCENDO

 

Fluentepensiero d’umana impronta

ch’al pesto buio che pesto 

travolgo,

contr’ognunque loco sbatto

uccidacqueto io, son io,

sto silenziante pe’ valli nesistenti

masistenti 

e levarmi 

ancora

devo

in nova luce accendi anche tuvoi

che state inamoventi

al quia.

 

Pargolo ch’effondi verbo

fammi

e così sono

e così sia.

 

Pensier di palpebre piombiche 

ripiombate a cascatelle

di messo piombo

non sommesso

NO

ma specifico nel peso

a mille, di paVure 

parvepiccine

né vedere

voglia

ho

e

sezionare 

per assai morto, viver vivo

respirante contr’ansia

almen tre volte al dì

com’ordinato

fin’al confine

con fine praescriptio d’Ippocrate clone.

 

Levansi soli

ch’all’abbandono nemo

– n’io pure –

voglio non

!

Decrepitando

poveriedelusi

‘l dito ammezzo

gl’occhi

– non discoverti ancora –

trovarè paurito !

Ergo andiamo !

prode

tra prodi, più e più

a passo passo

in vie 

che non vanno lungi tanto

dallaura di paura

che di dentro sgorga pura.

 

Ah! Ah! Ah! Ah! Ah!

 

Che ridi

se tosto vigliaccando

ti radichi

in cuccette

di striato bujo

e strette

?

 

Rimante più non do

chè nota è non,

ma pianto.

Vergognansimili a medesimoMe.

E parapiglia assai generico

d’azioni e rimproveri

copremi d’insulto

meo proprio.

 

Son più aspre guerre

l’ancor viste tagliuzzate

d’infanti d’Anima

ANZI

d’Anima senz’i robotici corpi

e

Sgozza! Sgozza!

niente più.

 

Pens’a Quelli

per di vergogna

ancora

sentirti picciolo picciòlo !

 

Ma in che vegli

la tua veglia

giorni tutti

ch’ancora – nesepolto – 

sparsacenere

?

Mortovunque evvera

trasmittente notizia,

e non ti curi.

 

Parolàmeparole

partoritipartorienti

ad acquisir corretto stile,

dialoghiamo.

 

Intrichi nevengono

né vanninniente,

conoscesi

et

conoscersi

una beltade necessaria.

Com’assetato

sempre porgorecchio

di Te men fine – ? -

e ‘n radiascolto

sto

solingo emmuto

o

vociante

-poco –

pei tui

terrori

tremori,

salda mano porvi

non parva.

 

Ma cresce

una nascita

di Te novissima.

 

Tornare a casa

articoli

ma ideali porte d’accesso

di quella

mai sbarratHo

nella mia.

 

Perdòni checchiedo

si pèrdono 

se per doni

me non fai andare

per Te sola.

 

Son quegl’invìti 

che Te priegan

-forti –

sanza l’orecchio

a mutare volere

per musiche

già

a Te piacenti.

 

E parti che son dest’ora

?

Si

forse

ma

chi

sape ?

 

Linfossigeno di Te che sai

e

Porgimin passi

tutto’l respiro

e

sonci

si !

 

Mutevolissimi inrespiro

ad Inspirarci

-Respirarci –

per egualin molto più

checcredi

fede hai persa

?

 

Stanchezzissime percorse

percorronTi

e

fisso né impensante

voglia fare di Memai

!

 

Di pane pienemani

sondivino

con lieto spezzare

tre di Voi

meco pure

giorno tuttotutti

chiedo!

 

Solitudinamente

solitudinamante più non

-Epperò –

attendo

ch’al Pastore torni,

et a me ch’appresto

te

arriprendere.

 

Discoverte ti sonon

le triste pozze

solemie

che bèvere non se acqua

sola

ti fo io proprio.

 

Prima con appendici

e Tu

con ognunque

braccia io

l’ho qui, con me, anch’ora.

Dunque siete appropinquanti ?

-da sollevare non –

raccogliere,

a frutti pari

per ancoMe

pariaVoi ‘ n divenire

con pienissima costanza

?

 

Spemegrande

com’i sogni

sonantissimi

che vedon chi qui scrive

uscito

pianopiano

dalla scuraria

‘pena morta.

 

Vedeva

Me

a tantinsieme,

aVvoi più e più

operaio di parole

e manufatti, molti

tutti comuni

perNoi

quale perno

di millazioni

e millancora

finalfinefinale.

 

Non solo parole sole,

mie

ti chiedo di vedere

e di, 

piano calpestarle

in Comunione.


I tuoi orizzonti di ferro e luce

 

Sono qui,

a tagliar rovi in un fiume d’esistenza

e mi guardi, 

sorniona, quale gatta.

A non diventare il tuo boccone di oggi,

impegno la mia risalita.

Come un Angelo, 

senza clamore all’arrivo, 

discendi dentro di me.

 

Se solo riuscissi, 

dalla mia polvere,

a costruire un atomo di fierezza !

E ancora mi batte l’acqua, 

come sferza per cavalli ostinati.

 

Regalami il tuo orizzonte più alto !

Vi salirò a metter ferro,

una sciabola 

contro il nulla che minaccia.

 

Sono pieno di Te solo nelle tue luci.

 

Così educhi il figlio che sai

di dovere incontrare in me.

 

Voglio ritagliare panni da un diverso Sole

per veder morire la tua corsa alla Pace.

 

Non singhiozzeremo in quel funerale.

Ogni tempo non ancora vissuto

ci donerà la coperta che protegge

il nostro superstite respiro.


In vocatione

 

Di questa polvere che faccio pietra,

ho fatto omaggio al sentiero di oggi.

Quale desiderio interrogo ?

Un errore che riempie un battito d’ali

e mi precipita allo schioccare d’una fronda.

Una frusta di tempo che non imbriglio.

 

Quale pellegrino mi vive ?

Quale Preghiera sto innalzando ?

Dove sei Tu, che segui il mio errare ?

Perché non mi fai più piccolo

con il tuo abbraccio ?

 

Un infante a rinascere

senza il terrore di nuovi passi.

 

Voglio catene

come portoni serrati

per ricevere sogni

al sicuro di sonni

che uccidano

l’inverno 

di

ogni

mio

mòto.


 

CHIAMATA

 

In questo granaio,

dove hai accumulato il fieno d’ogni paura,

è il tuo giaciglio.

Vi riposa l’Anima, 

e un continuo scricchiolìo

punteggia di bianco

il dipinto del buio.

E’ il tuo sorgere lento,

e, di nuovo, cadi.

 

Flebili luci.

Il sangue, 

sgorgato dal tuo, 

fai caldo, 

ma il freddo è più forte.

La mestizia che fa parole e azioni,

cerca una guida che permea ricordi

senza più carne.

E pare che un unico fiore

tu voglia coltivare …

Fiorisce una volta soltanto,

nella Terra della tua fuga.

 

C’è una piuma,

caduta,

che non hai scorto.

Scrive parole mie, 

e di Chi custodisce me,

quando solleva Te.

I nuovi diari

t’attendono,

qui,

in questo stesso Mondo.

 

Ti porto i fiori

per la tavola di oggi.

Tornerò domani,

con un pezzo di pane,

un Cuore più rosso,

una Vita bianca.


VIAGGIO

 

Fai amiche

nuvole e bufere.

Continua a salire

respirando Amore e sacrificio

di chi ha segnato il sentiero.

 

I tuoi passi

faticheranno di saggezza.

 

Ti fermerai

sapendo di lezioni apprese.

 

Sapendo di lezioni date.


DESIDERIO

 

E’ una stanza 

che ospita ritratti

questa.

Vivono dei momenti che furono

e parlano a chi entra.

 

Rammemorare,

è come una coltre

che ti copre.

 

Vuoi sentire sussurri

di sprone

farsi voce,

ma ancora t’assordi

con l’unione alla tristezza.


MASCHERA

 

E’ troppa afflizione

schioccare la frusta sulla vista.

Un semplice cenno

può toglier l’intonaco

alle maschere.

 

Rassetta questa costumeria.

 

Vi farò luce

e la mia maschera,

saprai

che un volto già conosciuto

ha definito.

 

Ora

e per ogni ora,

puoi indossare gli abiti.

Sono tutti per Te.


SORELLE

 

Con calma

seguo il tuo lento,

a loro

avvicinarsi.

 

Dei miei torti

non vuoi far condanna.

Me ne convinco.

 

Si dissolve

ogni mia omissione.

E benevola mi dici

che meritano pene lievi.

 

Ora ch’assisto

al vostro unirvi,

sorella

Tu

e loro a Te,

a ondate m’inebria

il profumo

di quelle braccia.

 

Tutta la mia terra

chiedo divenga

una goccia

di quell’essenza.

 

Di me

ora

vorrei non scorgessi

lo spettro.


EPIFANIA

 

Una intricata coscienza

a tasselli

ogni giorno osteggio.

 

La figura si fa chiara

a un improvviso

mòto d’attenzione ammaliata.

 

D’agitato Cuore,

stupefazione,

e barcollii,

i passi appena mossi.

 

Ti raggiungo d’un sùbito

-sconosciuto –

di serena clarità e compostezza

fatto.

 

E sgorgano eros

e forza,

senza più timore

io

a guardare.


Viva stele fuori della mia porta

 

Di platino dolore ed ira

in questa cella e culla

ho fatto il mio pane quotidiano.

Tu

che tante dici viverti

guardi all’uno e solo che vive me.

Non tendi la mano

ti ritrai a bozzolo.

Crepitano

sulla diga d’un abbozzato sorriso

variegati colori di timidi dire e fare.

A destra

un’iride di luce fioca

recita con vigile paura

un antico soffrire.

La sinistra

ha una fiamma

che dipinge forme.

Son di femmina scaltra.

Tra le mani un sacchetto di dolcezza.

Il duplice

non doppio

fa una brezza di malìa.

Sospinge una Fede ?

 

Segni da far miei

con ardito candore

e la tue stele saper leggere

in placida attesa.

Eppur vivi !

 

Di rinnovato sangue

e antica carne

io.