Alberto Luchitta - Poesie

Miss Rosetta racconta …

La storia …

 

Tra i fiori gialli e lilla 

Giaceva un cane morto

Stupiti a lui parlaron

La cavalletta e il grillo

E l’umile formica 

Un seme gli recò

E il fior d’aglio selvatico 

Su di lui piegò

E con stupor degli alberi 

Per lui l’erba cantò

E allor fu meraviglia …

Quel cane ch’era morto

La corsa sua infinita

Nei prati cominciò 

E questa storia eterna

La quercia a noi narrò


Tempo d’oggi

 

Ormai son spente le legioni a Canne

A Roma marciano solo i morti

L’Aquila sdegna i nostri cuori

E demoni paurosi battono le strade

Son spente le anime dell’Occidente

Son fermi i passi di fantasia ed amore

Poesia lasciò l’ultima rosa ai giovani

E nessun sa se alcun la coglierà


La lirica “La morte di Dwen” è il capitolo finale tratto da “La leggenda di Adria e Dwen”. La leggenda parla dell’amore infelice tra i due amanti, perché Dwen è ucciso da un pretendente di Adria. Nella leggenda, Duino, splendido borgo sulla Riviera Triestina, e l’Adriatico prendono i loro nomi da quelli di Dwen e Adria.

 

La morte di Dwen

 

Cade Dwen trafitto dai dardi,

Il suolo rimbomba all’aspro morir …

Di lacrime porpora si tingon le rocce, 

Come d’autunno il sommaco ottobrino

Fa di rosso colore assoluto signore …

Adria lo cerca sui prati scoscesi, 

Pallida in volto alfine lo trova 

Ove morte la dolce ha disteso i suoi nervi

Nessuno avvicina Adria la bella, 

Nelle sue braccia ella stringe l’amato

Nulla consola il suo cuore trafitto, 

Tragica transfuga nelle iridi spente …

Accorrono a frotte i vermi famelici,

Degli occhi i corvi fanno pasto reale, 

Non falsa mummia avrà essa di lui,

Ma asciutto teschio d’umano destino 

Lui nulla separa dall’aride rocce,

Le conti, le vedi, una alla volta, 

Ossa su ossa, d’uomo e di terra.

Pietra su pietra è il sudario di Dwen …

Piangon gli amici, piange l’amata,

Ma l’anima pura il falco rincorre …

L’orizzonte infinito è nuovo destino …


Fine d’amore

 

All’alba il fiore si svegliò e non si riconobbe

Perché giaceva sulla tomba del mio amore

 

All’alba il sole si svegliò e non si riconobbe

Perché si specchiò nel vuoto del mio cuore

 

E il vento, oh sì, anch’egli non si riconobbe

Perché non trovò l’onda dei suoi capelli

 

Ma la nebbia, quella maligna, ella si riconobbe

Perché nascose l’amore col manto dell’oblio


Si respira piano

 

Si respira piano

Per non farsi sentire nel ventre della madre

Paurosi d’uscire nella luce terribile …

 

Si respira piano

Per sentire il tempo che scivola via muto

Sulla cristallina neve dei ricordi …

 

Si respira piano

Per sentir due cuori che battono uno

Per l’altro nel frastuono della gente …

 

Si respira piano

Per sentire la fredda morte che viene

Quando qualcuno traccia per noi la croce …

Si respira piano …


Banca nostra …

 

Banca nostra, che sei in terra,

Sia accettato il tuo potere,

Siano fatte a Roma e Bruxelles le tue leggi,

dacci oggi il nostro quotidiano credito

Così in Italia come in Europa,

E non c’indurre in tentazione,

(di non spendere e scialacquare)

Ma liberaci dal bisogno

(telefonini, auto, mutui, tasse, funerali, …)

Banca nostra, …

Sia lieve il tuo interesse 

Per noi clienti amati

Così per sempre …

E così sia!


La valigia

 

Venne la pioggia a chiamarmi

e scrisse sui vetri con fili sublimi

Venne la pioggia e volli partire …

Presi una vecchia valigia,

scolorita, messa in un canto …

Provai a raccogliere in essa

Un lieve sospiro d’amore,

e qualche sorriso di te,

qualche tuo gesto di donna

che a volte ricorda la bimba,

il broncio delle tue labbra

che amerei riunire alle mie,

e il tocco delle tue mani

che sempre scaldai …

Restai un momento a guardare,

sembrava ben poca cosa,

eppure erano piccole braci

e il cuor mio s’addolciva …

Per quel viaggio d’ignoto destino

il mio leggero bagaglio

donava il benessere strano

che sol l’Assoluto ti dà …


Schizzo

 

Si va col vento gioioso

d’ estate su per le colline

dove tra l’ombre rosse di tramonto

rivedo ancor l’onda dei tuoi capelli sciolti

che il fiato mi tolse al dispiegar sovrano …


Il profumo delle more

(Dedicata a mio Padre)

 

Era tramonto nella piccola fermata

Ed egli paziente attendeva il treno …

Gli occhi gialli della locomotiva  

Ancor non comparivano

Uscendo dalla curva dopo il rettifilo …

Il sole arrossava l’aria e verso le colline

Le file degli alberi annerivano pian piano …

Sentì allora, con un po’ di nostalgia,

Il sapor dei vecchi tempi, 

Di quando, bambino, scarpettava 

Accanto ai binari con il padre ferroviere,

Sentiva le punte dei sassi nelle male scarpe, 

E l’erba secca stropicciava sotto i piedi, 

E il profumo delle more, calde nel sole estivo,

Rendeva dolce l’attesa della sera …

Sentì fischiar la locomotiva nera …

Strillando di metallo il treno si fermò,

L’uomo partì … ma l’anima restò …

Con il profumo delle more …

Nel bel tempo che andò …


Godemose sto vento

 

Godemose sto vento,

Che ne scompagna i cavei,

Godemose sto vento,

Che ne porta zoghi e zighi de fioi,

Godemose sto vento,

che ne porta ridade in famiglia

e profumi de vin e de magnar,

godemose sto vento,

che xe compagno sulla vela

dallo squero al porto final

 

Godiamoci questo vento

(Il vento della vita)

 

Godiamoci questo vento

Che ci scompiglia i capelli

Godiamoci questo vento 

Che ci porta rumor di giochi

E strilli di fanciulli

Godiamoci questo vento

Che ci porta risate in famiglia

E profumi di vino e buon mangiare

Godiamoci questo vento

Che è compagno sulla vela 

Dalla nascita alla fine del cammino

(Lo squero è il cantiere di costruzione delle imbarcazioni, identifica, quindi, il momento della nascita)