Miss Rosetta racconta …
La storia …
Tra i fiori gialli e lilla
Giaceva un cane morto
Stupiti a lui parlaron
La cavalletta e il grillo
E l’umile formica
Un seme gli recò
E il fior d’aglio selvatico
Su di lui piegò
E con stupor degli alberi
Per lui l’erba cantò
E allor fu meraviglia …
Quel cane ch’era morto
La corsa sua infinita
Nei prati cominciò
E questa storia eterna
La quercia a noi narrò
Tempo d’oggi
Ormai son spente le legioni a Canne
A Roma marciano solo i morti
L’Aquila sdegna i nostri cuori
E demoni paurosi battono le strade
Son spente le anime dell’Occidente
Son fermi i passi di fantasia ed amore
Poesia lasciò l’ultima rosa ai giovani
E nessun sa se alcun la coglierà
La lirica “La morte di Dwen” è il capitolo finale tratto da “La leggenda di Adria e Dwen”. La leggenda parla dell’amore infelice tra i due amanti, perché Dwen è ucciso da un pretendente di Adria. Nella leggenda, Duino, splendido borgo sulla Riviera Triestina, e l’Adriatico prendono i loro nomi da quelli di Dwen e Adria.
La morte di Dwen
Cade Dwen trafitto dai dardi,
Il suolo rimbomba all’aspro morir …
Di lacrime porpora si tingon le rocce,
Come d’autunno il sommaco ottobrino
Fa di rosso colore assoluto signore …
Adria lo cerca sui prati scoscesi,
Pallida in volto alfine lo trova
Ove morte la dolce ha disteso i suoi nervi
Nessuno avvicina Adria la bella,
Nelle sue braccia ella stringe l’amato
Nulla consola il suo cuore trafitto,
Tragica transfuga nelle iridi spente …
Accorrono a frotte i vermi famelici,
Degli occhi i corvi fanno pasto reale,
Non falsa mummia avrà essa di lui,
Ma asciutto teschio d’umano destino
Lui nulla separa dall’aride rocce,
Le conti, le vedi, una alla volta,
Ossa su ossa, d’uomo e di terra.
Pietra su pietra è il sudario di Dwen …
Piangon gli amici, piange l’amata,
Ma l’anima pura il falco rincorre …
L’orizzonte infinito è nuovo destino …
Fine d’amore
All’alba il fiore si svegliò e non si riconobbe
Perché giaceva sulla tomba del mio amore
All’alba il sole si svegliò e non si riconobbe
Perché si specchiò nel vuoto del mio cuore
E il vento, oh sì, anch’egli non si riconobbe
Perché non trovò l’onda dei suoi capelli
Ma la nebbia, quella maligna, ella si riconobbe
Perché nascose l’amore col manto dell’oblio
Si respira piano
Si respira piano
Per non farsi sentire nel ventre della madre
Paurosi d’uscire nella luce terribile …
Si respira piano
Per sentire il tempo che scivola via muto
Sulla cristallina neve dei ricordi …
Si respira piano
Per sentir due cuori che battono uno
Per l’altro nel frastuono della gente …
Si respira piano
Per sentire la fredda morte che viene
Quando qualcuno traccia per noi la croce …
Si respira piano …
Banca nostra …
Banca nostra, che sei in terra,
Sia accettato il tuo potere,
Siano fatte a Roma e Bruxelles le tue leggi,
dacci oggi il nostro quotidiano credito
Così in Italia come in Europa,
E non c’indurre in tentazione,
(di non spendere e scialacquare)
Ma liberaci dal bisogno
(telefonini, auto, mutui, tasse, funerali, …)
Banca nostra, …
Sia lieve il tuo interesse
Per noi clienti amati
Così per sempre …
E così sia!
La valigia
Venne la pioggia a chiamarmi
e scrisse sui vetri con fili sublimi
Venne la pioggia e volli partire …
Presi una vecchia valigia,
scolorita, messa in un canto …
Provai a raccogliere in essa
Un lieve sospiro d’amore,
e qualche sorriso di te,
qualche tuo gesto di donna
che a volte ricorda la bimba,
il broncio delle tue labbra
che amerei riunire alle mie,
e il tocco delle tue mani
che sempre scaldai …
Restai un momento a guardare,
sembrava ben poca cosa,
eppure erano piccole braci
e il cuor mio s’addolciva …
Per quel viaggio d’ignoto destino
il mio leggero bagaglio
donava il benessere strano
che sol l’Assoluto ti dà …
Schizzo
Si va col vento gioioso
d’ estate su per le colline
dove tra l’ombre rosse di tramonto
rivedo ancor l’onda dei tuoi capelli sciolti
che il fiato mi tolse al dispiegar sovrano …
Il profumo delle more
(Dedicata a mio Padre)
Era tramonto nella piccola fermata
Ed egli paziente attendeva il treno …
Gli occhi gialli della locomotiva
Ancor non comparivano
Uscendo dalla curva dopo il rettifilo …
Il sole arrossava l’aria e verso le colline
Le file degli alberi annerivano pian piano …
Sentì allora, con un po’ di nostalgia,
Il sapor dei vecchi tempi,
Di quando, bambino, scarpettava
Accanto ai binari con il padre ferroviere,
Sentiva le punte dei sassi nelle male scarpe,
E l’erba secca stropicciava sotto i piedi,
E il profumo delle more, calde nel sole estivo,
Rendeva dolce l’attesa della sera …
Sentì fischiar la locomotiva nera …
Strillando di metallo il treno si fermò,
L’uomo partì … ma l’anima restò …
Con il profumo delle more …
Nel bel tempo che andò …
Godemose sto vento
Godemose sto vento,
Che ne scompagna i cavei,
Godemose sto vento,
Che ne porta zoghi e zighi de fioi,
Godemose sto vento,
che ne porta ridade in famiglia
e profumi de vin e de magnar,
godemose sto vento,
che xe compagno sulla vela
dallo squero al porto final
Godiamoci questo vento
(Il vento della vita)
Godiamoci questo vento
Che ci scompiglia i capelli
Godiamoci questo vento
Che ci porta rumor di giochi
E strilli di fanciulli
Godiamoci questo vento
Che ci porta risate in famiglia
E profumi di vino e buon mangiare
Godiamoci questo vento
Che è compagno sulla vela
Dalla nascita alla fine del cammino
(Lo squero è il cantiere di costruzione delle imbarcazioni, identifica, quindi, il momento della nascita)