Ode alla montagna (20/4/2015)
Cinque strofe da sette versi in endecasillabi sciolti.
Granitica l’aspra roccia s’inerpica
presso erti versanti e gole profonde,
culminando in aguzze e scabre vette:
possenti s’innalzano al cielo chiaro,
simulacri di colossi selvaggi;
sovrintendono il Creato i saggi monti,
solenni ed antichi dominatori.
Verdi vallate s’adagiano floride
alle pendici rocciose; foreste
d’alti abeti crescono rigogliose
sui crinali, dove i mughi prosperano
all’orlo di canaloni ghiaiosi,
mentre lo stambecco cavalca altero:
indomito re degli alti costoni.
Profondi orridi come spaccature
tra i dirupati versanti dei monti;
dalle cenge colano i precipizi,
mentre dall’alto degli stretti valichi
s’ergono i campanili affusolati
a sovrastar la Terra: frastagliati
speroni, plasmati ad eccelsa foggia.
Dal tetto del mondo respiro l’etra
limpida, contemplando la visione
stupenda; percepisco l’infinito
in quell’attimo, elevando il mio spirito
al sentore di un’esistenza vera;
trascendo la scialba caducità
ove l’uomo soffre l’inedia invano.
Di notte milioni sono le stelle
affrescate in cielo ad illuminare
la via Lattea: parte esigua d’infima
importanza rispetto all’universo;
al crepuscolo la roccia s’infiamma
di sfumature rubre ed arancioni.
L’animo mio si fonde con i monti,
Trasfigurandosi nell’Infinito.
Seducente veleno (15/9/2015)
Fiele in gola, mefitico sapore
di cenere al risveglio. Bruciore
di visceri pulsanti nel dolore;
oppresso il petto, affannoso
il respiro, rotea il capo attorno
alla stanza.
Ricerco un aleatorio sollievo
nell’acqua: come veleno scivola
in gola, amaro sentore di polvere.
Oscurato il sapore del cibo, obliata
ogni fragranza dall’impietoso etanolo.
Cisposi gli occhi soffrono la calda
luce diurna; un supplizio infame
violenta il capo, attanagliato
da una viscida nausea.
Goliardica euforia pervade l’animo
la sera prima, tra veniali celie
e ardite battute: segue il malessere
e una condizione superiore della
mente, la quale ragiona assorta
nel profondo.
Intima consapevolezza del limite
umano, che anela alla distruzione
dell’essenza angelica celata dentro
ad esso.
Vertigine (30/3/2016)
Sono arroccato
presso l’isola
rocciosa sul dirupo.
Verdi gli alberi,
circondano la valle
profonda.
Mi sporgo: sferza
il vento inclemente;
tremo: mi assale
un brivido di vertigine.
Vedo la roccia maestosa
innalzarsi sopra
alla voragine.
Rotea il capo: mi aggrappo
al cippo sulla balza,
sconvolto da un’atavica
paura.
Timore angosciante
di un sogno persecutore.
Preghiera (10/6/2018)
O Signore, guida i miei passi
tra avversità e asperità;
illumina il mio cammino
verso la meta, senza angustia
o cupidigia.
Rischiara l’animo mio,
offuscato da una passione
a volte opprimente.
Alleggerisci questo carico,
affinché possa godere
della Natura con semplicità.
Vivo il rischio, affascinato
da vette vertiginose;
ammaliato dalla cima,
non godo della Bellezza
del tuo Creato.
Dirada le brume dell’angoscia
che attanaglia il cuore,
portandolo alla perdizione.
Eleva la mia ansiosa
ascensione verso l’ignoto
alla quiete dell’animo,
lontana dalle volgari brame
dell’uomo altezzoso.
Che io possa godere
del tuo Verbo;
Esso si spande nell’aura,
avvolgendo ogni essere
di divina amenità.
Desidero godere
del Tuo afflato
invisibile, ebbro
della Luce che avvolge
il mio cuore
di beatitudine.
Triste bellezza (14/10/2017)
Algida l’etra mattutina
tinge la terra di un umido
manto; sale la bruma
dallo stagno agreste.
Rosse ed ocra le foglie
degli esili rami adornano
la pozza, immobile
nell’aria mattutina.
Tenue e timido sorge
il Sole, arco arancio
di fredda luce.
S’innalza dalla
foschia a rischiarare
gli agresti campi,
in un mane
ottobrino.
Lontana è ancora la meta,
faticoso il cammino.
Mi ristorerà questa fredda
luce?
La fiaba ampezzana che guarda al Cadore (7-8 ottobre 2019)
Endecasillabi sciolti divisi in terzine
Rifulge il Sol presso la verde conca,
ove giacciono le amene borgate
all’ombra di silenziosi giganti.
Risplende com’una perla Cortina
al termine d’una stretta vallata,
solcata dalle irruenti acque del Boite.
Maestoso e inespugnabile un castello
s’erge di fronte alla conca ampezzana,
cinto da mura di torri e bastioni.
Impervia una cupola lo sovrasta
dal fascino ineffabile per l’uomo,
attratto verso il terribile ignoto.
Altero e gagliardo veglia un gendarme
alle porte del sublime castello,
attento ad arrestar ogni avventore.
Severo il suo sguardo coglie ogni cosa;
solerte osserva il passare dei tempi,
testimone dei vani sforzi umani.
Tre son le dame presenti alla corte:
venuste ed eleganti nel loro abito,
s’infiammano al guardo del Sol nascente.
Altissimo e solingo il trono emerge
dalle valli: roccaforte rocciosa,
circondata da alte e impervie pareti.
Supremo scranno ove gli dei osservano
l’eterno divenire della vita,
la qual si rinnova dopo ogni inverno.
Presso un alto torrione della rocca,
guardinga sta di guardia una Civetta:
d’enorme mole e temibile aspetto.
Vertiginosa la parete incombe
sull’esistenza effimera del mondo,
salendo al vuoto dell’essenza pura.
Di tale castello v’è un sol sire:
adamantina ed immensa piramide,
sovrasta la terra e cavalca il cielo.
Irti i versanti s’innalzano austeri
verso la cima a guisa di corona,
pulpito di magnifica bellezza.
Assoluto Re delle Dolomiti
domina sulle creste e sulle rocce,
visibile da ogni direzione.
Tempio di sacra meditazione,
esso è luogo d’ascesi spirituale
per chi vuole cominciare il Sentiero.
M’inchino d’innanzi al sommo sovrano,
simulacro della Natura indomita
che insegna la strada alla persona umile.
Vorrei trasfigurarmi in questi monti,
per ammirare in eterno le valli
che il mio cuore ama smisuratamente.
Vana vita (29/6/2017)
Sfugge la rifulgente bellezza;
ti accarezza come una fresca
brezza tra i pini di un ameno
litorale.
Intrigante si spoglia
delle vesti: ipnotica
ti attrae nel vortice,
ove cade l’ingenua
mente sedotta.
Scorre come un fiume
in piena la vita: travolgente
la corrente ti spazza via.
E il tronco si perde
lungo il corso, precipitato
nella forra dimenticata,
ove risiedono i morti
che videro l’Eterna
Bellezza sfuggire
dalle loro brame.
Alba di fine agosto (30 agosto 2019)
Carminio il lume sorgeva
sull’orizzonte agreste;
opprimente l’afa
gravava l’etere nell’ozio
estivo, tra le piante
di una pianura senza fine.
Celati erano i monti
da alte nubi, foriere
di temporali pomeridiani.
S’innalzava la sfera sull’agro:
di rubro spento
era il suo colore,
in decadente declino
verso l’autunno.
Ammiravo le fulgide
cromature delle foglie,
ultima manifestazione
di un’estate florida e vivace.
Godei il tepore dell’alba,
nell’attesa del ristoro perenne
presso la Natura divina.
Nostalgia (6/10/2015)
Bigia uggia offusca lo spirito:
confuso, navigo tra i ricordi
al calore di una luce incorrotta;
sorrido sereno di amarezza
all’esilio di quella… Mestizia di un puro
Amore incompiuto: laddove
si addensa la tenebra, trovo
ristoro nell’ardere di una vampa
immortale: brucia immacolata.
Focobon (23/12/2020)
Altero tridente roccioso:
avvampa al mattino
di rubre sfumature.
Tre sono le punte
che ardono come
fuoco al di sopra
della valle del Biois.
Nell’ampia conca,
stende il suo bianco
manto la neve,
all’ombra dei tre
pinnacoli.
Inaccessibile è il suo trono,
protetto da irte pareti
giallastre di compatta
dolomia.
Una cresta digrada
verso valle, d’affusolati
campanili e vertiginose
pareti.
Magnifica la Trinità
sfida il cielo, epifania
rocciosa dal fascino
divino.
A lungo ammirai
quelle forme
da lontano,
indagandone
gli anfratti.
A lungo sognai
di calpestar
la roccia di quella cima.
Finalmente vi giunsi,
ammirando la bellezza
del sogno, nato presso
valle ed elevatosi
in cielo, trasfigurandosi
nel divino.