Alberto Ragogna - Poesie

Ode alla montagna (20/4/2015)

 

Cinque strofe da sette versi in endecasillabi sciolti.

 

Granitica l’aspra roccia s’inerpica

presso erti versanti e gole profonde,

culminando in aguzze e scabre vette:

possenti s’innalzano al cielo chiaro,

simulacri di colossi selvaggi;

sovrintendono il Creato i saggi monti, 

solenni ed antichi dominatori.

 

Verdi vallate s’adagiano floride

alle pendici rocciose; foreste

d’alti abeti crescono rigogliose

sui crinali, dove i mughi prosperano

all’orlo di canaloni ghiaiosi, 

mentre lo stambecco cavalca altero:

indomito re degli alti costoni.

 

Profondi orridi come spaccature

tra i dirupati versanti dei monti;

dalle cenge colano i precipizi,

mentre dall’alto degli stretti valichi

s’ergono i campanili affusolati

a sovrastar la Terra: frastagliati

speroni, plasmati ad eccelsa foggia.

 

Dal tetto del mondo respiro l’etra

limpida, contemplando la visione

stupenda; percepisco l’infinito

in quell’attimo, elevando il mio spirito

al sentore di un’esistenza vera;

trascendo la scialba caducità

ove l’uomo soffre l’inedia invano. 

 

Di notte milioni sono le stelle

affrescate in cielo ad illuminare

la via Lattea: parte esigua d’infima 

importanza rispetto all’universo;

al crepuscolo la roccia s’infiamma

di sfumature rubre ed arancioni.

L’animo mio si fonde con i monti,

 

Trasfigurandosi nell’Infinito.

 


 

Seducente veleno (15/9/2015)

 

Fiele in gola, mefitico sapore

di cenere al risveglio. Bruciore

di visceri pulsanti nel dolore;

oppresso il petto, affannoso

il respiro, rotea il capo attorno

alla stanza.

 

Ricerco un aleatorio sollievo

nell’acqua: come veleno scivola

in gola, amaro sentore di polvere.

Oscurato il sapore del cibo, obliata

ogni fragranza dall’impietoso etanolo.

 

Cisposi gli occhi soffrono la calda

luce diurna; un supplizio infame

violenta il capo, attanagliato

da una viscida nausea.

 

Goliardica euforia pervade l’animo

la sera prima, tra veniali celie

e ardite battute: segue il malessere

e una condizione superiore della

mente, la quale ragiona assorta

nel profondo.

 

Intima consapevolezza del limite

umano, che anela alla distruzione

dell’essenza angelica celata dentro

ad esso.

 


 

Vertigine (30/3/2016)

 

Sono arroccato 

presso l’isola

rocciosa sul dirupo.

Verdi gli alberi, 

circondano la valle

profonda. 

 

Mi sporgo: sferza 

il vento inclemente;

tremo: mi assale

un brivido di vertigine. 

Vedo la roccia maestosa

innalzarsi sopra

alla voragine.

 

Rotea il capo: mi aggrappo

al cippo sulla balza,

sconvolto da un’atavica

paura. 

 

Timore angosciante 

di un sogno persecutore.

 


 

Preghiera (10/6/2018)

 

O Signore, guida i miei passi

tra avversità e asperità;

illumina il mio cammino

verso la meta, senza angustia

o cupidigia.

 

Rischiara l’animo mio,

offuscato da una passione

a volte opprimente.

Alleggerisci questo carico,

affinché possa godere

della Natura con semplicità.

 

Vivo il rischio, affascinato

da vette vertiginose;

ammaliato dalla cima,

non godo della Bellezza

del tuo Creato.

 

Dirada le brume dell’angoscia

che attanaglia il cuore,

portandolo alla perdizione.

 

Eleva la mia ansiosa

ascensione verso l’ignoto

alla quiete dell’animo,

lontana dalle volgari brame 

dell’uomo altezzoso.

 

Che io possa godere

del tuo Verbo;

Esso si spande nell’aura,

avvolgendo ogni essere

di divina amenità.

 

Desidero godere 

del Tuo afflato 

invisibile, ebbro

della Luce che avvolge

il mio cuore

di beatitudine. 

 


 

Triste bellezza (14/10/2017)

 

Algida l’etra mattutina

tinge la terra di un umido

manto; sale la bruma

dallo stagno agreste.

 

Rosse ed ocra le foglie

degli esili rami adornano

la pozza, immobile

nell’aria mattutina.

 

Tenue e timido sorge

il Sole, arco arancio

di fredda luce.

 

S’innalza dalla

foschia a rischiarare

gli agresti campi,

in un mane

ottobrino.

 

Lontana è ancora la meta,

faticoso il cammino.

 

Mi ristorerà questa fredda

luce?

 


 

 La fiaba ampezzana che guarda al Cadore (7-8 ottobre 2019) 

 

Endecasillabi sciolti divisi in terzine

 

Rifulge il Sol presso la verde conca,

ove giacciono le amene borgate

all’ombra di silenziosi giganti.

 

Risplende com’una perla Cortina

al termine d’una stretta vallata,

solcata dalle irruenti acque del Boite.

 

Maestoso e inespugnabile un castello

s’erge di fronte alla conca ampezzana,

cinto da mura di torri e bastioni.

 

Impervia una cupola lo sovrasta

dal fascino ineffabile per l’uomo,

attratto verso il terribile ignoto.

 

Altero e gagliardo veglia un gendarme

alle porte del sublime castello,

attento ad arrestar ogni avventore.

 

Severo il suo sguardo coglie ogni cosa;

solerte osserva il passare dei tempi,

testimone dei vani sforzi umani.

 

Tre son le dame presenti alla corte:

venuste ed eleganti nel loro abito,

s’infiammano al guardo del Sol nascente.

 

Altissimo e solingo il trono emerge

dalle valli: roccaforte rocciosa, 

circondata da alte e impervie pareti.

 

Supremo scranno ove gli dei osservano

l’eterno divenire della vita,

la qual si rinnova dopo ogni inverno.

 

Presso un alto torrione della rocca,

guardinga sta di guardia una Civetta:

d’enorme mole e temibile aspetto.

 

Vertiginosa la parete incombe

sull’esistenza effimera del mondo,

salendo al vuoto dell’essenza pura.

 

Di tale castello v’è un sol sire:

adamantina ed immensa piramide,

sovrasta la terra e cavalca il cielo.

 

Irti i versanti s’innalzano austeri

verso la cima a guisa di corona,

pulpito di magnifica bellezza.

 

Assoluto Re delle Dolomiti

domina sulle creste e sulle rocce, 

visibile da ogni direzione.

 

Tempio di sacra meditazione,

esso è luogo d’ascesi spirituale

per chi vuole cominciare il Sentiero. 

 

M’inchino d’innanzi al sommo sovrano,

simulacro della Natura indomita

che insegna la strada alla persona umile.

 

Vorrei trasfigurarmi in questi monti,

per ammirare in eterno le valli

che il mio cuore ama smisuratamente.

 


 

Vana vita (29/6/2017) 

 

Sfugge la rifulgente bellezza;

ti accarezza come una fresca

brezza tra i pini di un ameno

litorale.

 

Intrigante si spoglia 

delle vesti: ipnotica 

ti attrae nel vortice,

ove cade l’ingenua

mente sedotta.

 

Scorre come un fiume 

in piena la vita: travolgente

la corrente ti spazza via.

 

E il tronco si perde

lungo il corso, precipitato

nella forra dimenticata,

ove risiedono i morti

che videro l’Eterna 

Bellezza sfuggire

dalle loro brame.

 


 

 Alba di fine agosto (30 agosto 2019)

 

Carminio il lume sorgeva

sull’orizzonte agreste;

opprimente l’afa 

gravava l’etere nell’ozio

estivo, tra le piante 

di una pianura senza fine.

 

Celati erano i monti

da alte nubi, foriere

di temporali pomeridiani.

 

S’innalzava la sfera sull’agro:

di rubro spento 

era il suo colore,

in decadente declino 

verso l’autunno.

 

Ammiravo le fulgide 

cromature delle foglie,

ultima manifestazione

di un’estate florida e vivace.

 

Godei il tepore dell’alba,

nell’attesa del ristoro perenne

presso la Natura divina. 

 


 

Nostalgia (6/10/2015)

 

Bigia uggia offusca lo spirito:

confuso, navigo tra i ricordi

al calore di una luce incorrotta;

sorrido sereno di amarezza

all’esilio di quella… Mestizia di un puro

Amore incompiuto: laddove 

si addensa la tenebra, trovo

ristoro nell’ardere di una vampa

immortale: brucia immacolata.

 


 

Focobon (23/12/2020)

 

Altero tridente roccioso:

avvampa al mattino

di rubre sfumature.

 

Tre sono le punte

che ardono come 

fuoco al di sopra

della valle del Biois.

 

Nell’ampia conca,

stende il suo bianco

manto la neve,

all’ombra dei tre

pinnacoli.

 

Inaccessibile è il suo trono,

protetto da irte pareti

giallastre di compatta

dolomia.

 

Una cresta digrada

verso valle, d’affusolati

campanili e vertiginose

pareti.

 

Magnifica la Trinità 

sfida il cielo, epifania 

rocciosa dal fascino

divino.

 

A lungo ammirai

quelle forme

da lontano,

indagandone 

gli anfratti.

 

A lungo sognai 

di calpestar

la roccia di quella cima.

 

Finalmente vi giunsi,

ammirando la bellezza

del sogno, nato presso

valle ed elevatosi

in cielo, trasfigurandosi

nel divino.