Andrea Marsico - Poesie

SENTIRAI

Arriveranno giorni, in cui ti assillerà un “perché?”.
E piangerai: perché non potrai fare altro.
E stringerai i pugni: per non colpir nessuno.
E avvertirai il dolore, che ti trapasserà le tempie.
E sentirai gridare il cuore: Perché, perché, perché.
Seguiranno giorni, in cui vincerà la calma.
E sorriderai:perché non si vive solo di pianto.
E aprirai la mano: per fare un carezza.
E avvertirai il dolore, che pian piano si dissolve.
E senza accorgerti, sentirai di aver compreso.


 

LA FARETRA

Svoltai l’angolo per caso e lo trovai!
Era lì per terra, solo per me: mi aspettava da sempre.
Lo tesi allo spasimo e scoccai le frecce.
Avvertii uno sguardo pesante,
mi voltai di scatto e vidi Nemesis,
che maliziosamente sorrideva.
Raccogli le frecce intatte! Disse.
E mi porse la faretra.
Con baldanza cominciai a cercare:
– abbandonai la prima in un invitante verde;
– persi la seconda nel dondolante arancio;
– sfuggì la terza nell’intrigante viola;
– smarrii la quarta nell’angosciante nero.
Disperata speranza mi penetrò nell’anima.
Pesante e vuota la faretra mi piegò.
Invano cercai quella ancora intatta.
Sconfitto e affranto tornai alla partenza.
Nemesis sorrise ancora,
e mi toccò sul cuore.


LA CANDELA

Mi infuocai all’improvviso
e color ambra divenne l’aria.
Cornici di ombre tutto intorno.
I suoi occhi: il mio specchio.
Mi guardava ed io, innamorata,
mi scioglievo lentamente.
La vita si accorciava ed io
ero felice, felice di quei momenti,
che accendevano la mia esistenza.
Il viso si allontanò
e una mano voleva accarezzarmi,
ma si bruciò.
Infastidita mi strinse forte
forte e mi bloccò il cuore.
In fretta mi raffreddai
ed ora,
arido moccolo abbandonato,
vivo del ricordo di quegli occhi.
Arde la speranza
che qualcuno infiammi lo stoppino:
così sparirò dal mondo.


IL TRAMONTO

….e poi, così per caso,
ti ritrovi, a bocca aperta,
davanti al tramonto.
Ti immergi, ad occhi chiusi, nell’arancio,
mentre in silenzio scivola il costume
e, nudo, sei come un libro aperto.
Un libro aperto alla mercé del vento,
che sfoglia tante pagine a ritroso.
Un libro aperto che guarda dritto agli occhi.
Un libro aperto che non sa mentire.
La spremuta si versa nel mare
e disegna un sentiero luminoso,
che piano scompare diluito tra le onde.
Apri gli occhi, richiudi la bocca
e mandi giù,
mentre avverti che si chiude il libro.
Un libro con ancora poche pagine bianche.


FUOCO D’ARTIFICIO

Sei lì! Che aspetti trepidante, impaziente.
Unico pensiero: quelle mani.
Finalmente le senti, delicate e calde.
Ecco, ti accarezzano e subito ti accendi.
D’improvviso voli in alto ed esplode dirompente
l’energia che hai dentro.
Ti illumini raggiante e la tua anima d’artista
imbratta felice l’immensa tela oscura.
Un breve istante meraviglioso,
incandescente, che vale tutta una vita
Di colpo s’ inverte la traiettoria, la parabola scende
e avverti impotente il freddo incalzante.
Ti spegni, disperato cerchi quelle mani,
ma, impietoso, arriva l’impatto sul terreno.
Resti solo svuotato e triste:
un povero cilindro di cartone
scalciato da un bambino.
Abbandonato.


Faccia da schiaffi!

Ed è proprio quando chiudi gli occhi
che riesci a vedere i contorni del dolore.
Il punto iniziale si allunga: una sottile lama flessibile,
che pugnala gli orecchi, per poi assordare il cervello.
Si issano le palpebre ed è sconcerto!
Il nero cupo, reale, avvolgente lascia il posto alla commedia:
vile orpello; brillante falsità intrigante.
La festa in maschera continua, niente ferma il carrozzone.
Il cuore, capiente cesto, intanto, raccoglie lacrime:
frutta trasparente e amara riservata solo al produttore.
La recita va avanti.
Gli occhi, palline da flipper impazzite,
cercano instancabili qualcosa di vero, qualcosa di reale.
Ma, alla fine, cos’è la realtà?
Faccia da schiaffi si osserva.
Grandine di tenerezza nel cuore.
Pioggia di ceffoni nell’anima.
Lo specchio riflette, non mente! Realtà oggettiva!
No!
Lo specchio è cieco, perché non vede il cuore,
è ignorante, ché non sa cos’è la mente,
è sordo perché, lo sai, non sente!
Riflette, si! Ma sai che mente!


 

Ehi! Dico a te, Vecchio.

Ehi! Dico a te, Vecchio barbone!
Hai speso la tua vita
a regalare Amore,
ma nessuno l’ha mai voluto.
Ehi! Dico a te, Vecchio imbecille!
Hai desiderato tanto
che qualcuno ti offrisse Amore,
ma nessuno l’ha mai fatto.
Ehi! Dico a te, Vecchio rimbambito!
Non sai che l’Amore
non si compra e non si vende,
ma nemmeno si regala?
Ehi! Dico a te, Vecchio citrullo!
Non puoi regalare, offrire,
comprare, vendere,
ciò che non si vede!
Ehi! Dico a te, Vecchio sordo!
L’Amore, quello autentico,
non parla e non si ascolta,
si sente soltanto.


 

SWEET TIME ED IL PULCINO

C’era una volta e c’è ancora, una locomotiva chiamata “SWEET TIME”, nata esclusivamente per essere condannata a trainare per l’eternità un numero impressionante di vagoni.
Un giorno di maggio, mentre l’aria tiepida felicemente si sposava con le chiazze multicolori dei profumi della terra e “SWEET TIME” procedeva indifferente sbuffando a più non posso, il vagone n.UNO, un po’ annoiato, d’improvviso spalancò la bocca per sbadigliare e, senza accorgersene, inghiottì un pulcino smilzo e senza piume.
Frastornato dall’evento il pulcino pianse un poco, poi, con occhi un po’ allarmati, si guardò attorno e con qualche pigolio chiese ai viaggianti lì presenti un posticino profumato e del cibo caldo, caldo.
Lieti, i presenti fecero festa e riservarono al minuscolo ospite il posto d’onore al centro del vagone. Cresceva il pulcino, era bello e baldanzoso e saltava ogni tanto al vagone successivo portando con sé i presenti affezionati: un falco pellegrino, una gallina padovana ed un giovane aquilotto.

Rideva, scherzava, imitava un vecchio condor ed un’aquila reale che, nonostante le beccate, viaggiavano sempre insieme da tanti, tanti anni.
Salta oggi, salta domani il pulcino ormai è cresciuto ed è diventato un possente cigno, con gli occhi buoni e le piume un po’ arruffate.
Continua sempre a saltare le carrozze e proprio oggi si ritrova al 18^ vagone.

Si guarda attorno e si accorge che anche gli altri continuano a saltare, tutti tranne uno e scopre pure che il numero del vagone è diverso per ognuno.
Non farci caso, grida dall’alto il vecchio condor, va per la tua strada e ricorda che l’importante è stare tutti insieme nel cuore dello stesso vagone. Non farci caso, grida appollaiata l’aquila reale, continua a saltare felice per tutti i vagoni che verranno.

Buona vita caro pulcino.


IL SORRISO

Dedicherei il mio tempo a coccolarti
solo per strapparti un sorriso,
che mi porterei appresso,
per rimirarlo quando sei distante.


A LUCIO

Si è spento un sole,
che brillerà per sempre.
Tace una voce,
che non smette di cantare.
Piange una chitarra,
che continua a strimpellare.
Fermo è il tuo cuore,
che batte nel mio petto.
Grazie vecchio amico,
che mai ho conosciuto.

Lucio è morto
il 9/9/1998.