I
INTERIORITA’ ( a Martina )
Dalle pareti del corpo
cerchiamo di
spiegar noi stessi
Gemendo soli
vomitiamo l’anima nel mondo
Senza sapere e senza piangere
Rimane un vuoto che non si rappresenta
fermo nel buio
il vuoto rimane
fedele a se stesso
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II
Novelle etade
defluiscono
si scoprono le membra
si avvicina la morte
con la morte accanto viviamo…
nel vago sentire di una prova
di un continuo tentare
gemente la vita è
una sensazione che non parla
che non si spiega
rimane nel suo sentire
é, in questa apparenza.
Se poesia è arte lo
è nell’immediatezza
come in un sinuoso dipingere
noi…di storia siam saturi
noi siamo nell’eterno fluire creativo
e crediamo che sia il presente e il passato
e che la morte sia il futuro
e questa è la nostra gioia
tremenda e unica così
da giovani millenari
quali altro non siamo
quali altro non potremo essere
e i sorrisi morti con noi
fremon di vita
di erotiche sembianze
di mostruose beltà
Noi non vogliamo
eccoci noi di oggi…
questa tendenza
questa fine così nata fisica è
il nostro essere ricongiunti
al corpo fremente
alle viscere eterne di
cui tutto è espressione
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III
Novelle etade
quel che accade
accade…
ci proviamo ad esprimere
la sensazione di vivere
noi…ci proviamo
tutto questo noi proviamo
proviamo ad esprimere questo disagio
il disagio di esistere così
di momento in momento
senza possibilità di scegliere
noi…proviamo ad
essere migliori di quello
che siamo con l’illusione
che questo significa
noi..proviamo ad essere e
sappiamo dell’illusione
eppure proviamo e di
questa continua prova viviamo
nell’incertezza del dopo
nell’illusione di quello che
possiamo esprimere
ecco così..
coinvolti noi siamo
costretti all’immediato futuro
costretti a dire e dirsi di
quello che non possiamo dire
questo noi siamo
novelle etade
del linguaggio morto
illuso disatteso
non voluto
novelle etade
di questi silenzi
stanchi e morti di
vita scialba che
l’uomo si sceglie
noi portiamo con noi
questa morte dell’uomo
perchè non possiamo
essere senza
in questa morte
noi vediamo le luci di
un’umana generazione futura
come se la distruzione
fosse il segno di
una ricostruzione possibile
come se il canto avesse
i germi confusi della notte
perchè il giorno riconosce
colui che tradisce
perche la notte lascia
più spazio a colui che
libero pensa alla leggiadra
morte di quello che
la vita ha amato
ecco noi..alla sonora etade
ci lasciamo andare
a questa gioia sonora
inconsci aneliamo
vicini e liberi dalla
morte come atto
libero della vita.
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IV
Alle braccia
accolte dal mare
tutto s’inebria
di ebbrezza di rugiada
di un’acqua languida
che sussegue alla guerra
di un ozio che sogna
dopo il sangue
della lotta nella terra
le giovani madri
mostrano i giorni
agli sguardi della luna
i giorni e le notti
figurano il passo
di un tempo riflesso
gemente non sa di sé
il corpo che non vuole
che non si figura
il linguaggio che lo parla
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V
Sogni
di reami svelati
l’espressione sdegna
di sé attaccata alle
ultime viscere d’esistenza
ancora smania
alla superfice delle cose
oltre la parola
c’è il silenzio disilluso
una smorfia altera
regale millenaria
dopo il tempo
c’è il corpo
macerato nell’eterno
c’è la fine del linguaggio
del comunicare illuso
restano le quiete
notti svagate nei
lumi della luna
tutto questo lo strano segreto della vita
trascorrere quieto il
divenire trasformato
della guerra contro
il sé trasfigurato.
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VI
Novelle etade
piovono i giorni
scarsi e scarni
di un’umanità vuota
nel silenzio le
membra giacciono
inespresse
piogge sepolte
nascondono i fasti
delle civiltà antiche
al termine del giorno
sguardi oscuri avvolgono
le timide sensazioni delle membra
gli attimi sventrati
coinvolgono armonici
nel nulla della conoscenza
giocosi sguardi
alludono alle rocce
millenarie della
dimensione inorganica
stanche le notti
attirano il corpo
nel non senso della natura
noi siamo stati generati
come parti di un
tutto enorme spazio
di un mondo
universo non concepito
la vita immemore
riconosce gli occhi
languidi e stanchi
qui
tutto il corpo
giace nel silenzio
nella nullità della parola
qui
l’uomo comprende
di che felicità muore
nel silenzio festoso
la notte volge languida
alla fine del vento
ai riflessi del giorno
non più in là
possiamo andare
il gioco del conoscere
esiste solo fino
al prossimo attimo.
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VII
Dei mondi
l’andare in
continuo ricambio
delle figure
di grumi di
materia
non ci si
riconosce
perché
non è
più il conoscere
si va
perdendo del sé
quello stesso
che si trattiene
nell’immagine
che si forma
nei ricordi
per il sapere
annullato
nell’immane
come la lingua
finisce i mondi
dell’esprimere
più in là
l’ignoto aspetta e
i varchi giacciono
incauti
più in là si
bruciano le ali
dei sogni
della conoscenza
nel nome
della coscienza
più in là si
giace alle forze
dell’affetto
fra i passi
svelti dei
giochi di luce
feconda la
vita fugge
inespressa.
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VIII
La crisi del concetto di tempo ha segnato ormai i limiti del conoscere. Tutti i segni della metafisica vivono della loro dimensione illusa. Siamo consci dell’illusione del volere, siamo consci del corpo che siamo. Attraverso il gemito della comunicazione le cose si formano sul varco illuso dell’essere. Sembra che noi non siamo infatti senza l’ontologia. Soltanto un essere è il varco del nostro vivere. La nominazione si è presa tutto il piacere della nostra esistenza. Una vita corporea definisce i contorni dell’esistere, ma solo attraverso l’equivoco della comprensione, solo attraverso la rimozione dell’affezione. Questo il mondo del bene e del male e i contorni della loro nullità. Non c’è giusto né sbagliato, la dimensione del corpo non si vive nel giudicare ma semmai nell’essere giudicato. Ogni corpo cerca di vivere la sua vita, accettata la nominazione cerca di vivere la sensazione. Senza bisogno di ruoli del mondo; sovrastato dalla materia il conoscere si annulla nella consueta inconsistenza del tempo. Categorie arbitrarie sono le rappresentazioni del mondo. Si scrive come forma casuale dell’esprimere, si parla allo stesso modo come casualità del vivere. Non esiste un tempo definito, non esiste un mondo reale. Comunicare è rappresentare, alludere è la radice del genio. L’universo non è nostro, ma noi siamo in qualche modo suoi. Comprendere la sua eternità ci definisce uomini. Tutti i corpi sono eterni, solo l’illusione delle anime se ne va nell’inconsistenza della morte, ultimo varco agli spasmi della conoscenza.
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IX
Scenari sconnessi di
un linguaggio astratto si
susseguono nella visione
moltiplicazione di stati
interiori connessi al corpo
la dis-espressione è
la dinamica più corporea
fedele alla materia e
alla nominazione mancata
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X
La vita non ha senso né significato
Le strade le direzioni gli incontri
Si riconoscono nell’accumulo di energia
Tutto sta nel quanto si ama
Il sangue che ci scorre nelle vene
Di questo siamo innamorati:
del nostro sangue
le persone che ci piacciono
sono quelle che lo sanno riscaldare
I lavori dal n. I al VII sono tratti dalla raccolta Novelle etade. Liriche del tempo che muore edita da Vittoria Iguazu Editora, Livorno, 2016. Il n. IX è tratto da Metamorfosi e circolo, edito sempre da Vittoria Iguazu, Livorno, 2014. I n. VIII e X sono inediti.