Andrea Tarantini - Poesie

Pietosamente adirata
La notte svolta veloce
Ed è subito
Bruciori d’alba
E madrigali
Confessioni di un perdente
Intrappolate tra
Lenzuola secche
E discrepanze
Di ricordi
Che devono perdersi
La pupilla si contorce
Vendicativa
E rassegnata
Alla forzata empatia
Con l’aurora
Non c’è giustificazione
Nei pensieri
Nudi dinanzi
All’istante stesso
Di scaturire un
Riflesso di realtà
La freccia del tempo
Si inverte
E si diverte
Con le confessioni di un perdente
Ne deride l’insita similarità
E il rincorrersi
Immutabile di
Frammenti claudicanti
Passi dietro la porta
Domani che viene
Presente che rimpiange
Passato che spera
E suoni che lacerano
L’inutilità della veglia
Il silenzio è dentro
Il bisogno si racchiude
In un attimo benevolo
In un atto notevole
Ma immote restano
Le confessioni di un perdente

 

 

 
Ho patito svariati
Distillati
Di vita
Arenata in
Decisioni fuggevoli
Sfuggite
Deliberatamente ignorate
Lasciate andare
Con la semplicità
E la complicità
Del futuro che scorre
– Ma anche la penna non è fluida
Ed il prossimo verso
Non decide nulla –
C’era un tempo
Di animosa inanità
Imperiosa animalità
Capace di scalfire
In fine
Modellare
Suggellare
L’attimo
Attore del mondo
Non è assolutezza
Non ti assolve la dissolutezza
Ma comune peregrinare
Senza infangare la storia
Tuttavia sono giunto
Alla dissolvenza
In progressione claudicante
Balbuziente
Annunciato dal tintinnio del lebbroso
Stremato seppur partente
Romanticamente piantato
Nel gioviale cappio
Assente
Dimentico di mancare
Per un altro giro ancora.

 

 

 
Che sensazione strana da un po’ di tempo
Come se il tempo si sfilacciasse e tu con esso
Irrealtà malessere
Come un’abitudine che si è persa
E come se quell’abitudine fossi tu
Indaghi allora infruttuosamente all’indietro
Mentre tutto il resto va avanti
Credendo di cercare, di capire
È invece fuggire
E intanto gli attimi sono diventati semplicemente eoni
Incalcolabili e tu sei scomparso
Solo per poi poterli inseguire da più lontano
E nell’inseguimento perdi altri cento mille
(O anche uno solo)
Mondi che sarebbero lì a portata di mano
Persi ora in ingarbugliate quanto inattualizzabili fantasticherie
Non è vivere questo. Ma deve bastarti
Forse sarebbe meglio farsele bastare
Farsi bastare il mondo fuori
Pensi a come potrebbe essere
E lo vedi, il mondo fuori
Lo vedi lì con tutto quello che si porta appresso
E con tutto quello che potrebbe combinarti
E dinanzi a tanta seducente potenzialità
Ti senti ancor più inadeguato inadatto
Solo.
Poi il rimorso per averci pensato
Che inesorabile si mischia col rimpianto
Per non averci pensato prima
Lasciando che la situazione arrivasse a un punto di non ritorno
E l’unico rifugio che conosci e che sei abituato
A sopportare è
L’isolamento
Che ti segue e ti precede
E ti irrobustisce
E ti imbavaglia
Affinché tu non rovini
L’ulteriore tentativo
Di rinascita.

 

 

 
E quando vedo la luce
Ho sentito freddo
Era l’alba che mi intorpidiva
I sensi
Forse persi durante la notte
Abbandonati da tempo immemore
Leggermente stantii
Refusi imbiancati
L’alba e le sue promesse
Erano
Opprimenti
Deludenti
Ineluttabile ristoro tra potenzialità
Assopite
E
Ciò che invece
Deve
Essere.

 

 

 
Inerme davanti a
Quello che mi accade
Un susseguirsi
Di punti isolati
Successione scomposta
Definitivamente
Confuso senza appello
Vinto probabilmente
Prima dal me stesso
Che con disonore docile
Abbandona il campo
È così!
È lui il vincitore!
Grido con stupefacente calma
E sicurezza
La mia ammissione
La mia sottomissione
Ma mi accorgo che è stato troppo facile
Non c’è perdizione
Nell’ammettere la sconfitta
Ma ammaliante sollievo
Noioso inutile
La resa non ha fine
Non pone fine
Tarpato ormai ogni
Candore
Continua a
Far male l’inabissarsi
Nella
Ineludibile
Lotta reale.

 

 

 
Ti riconosco dalle tue macerie
Incredulo
Nel realizzare
Che sono ancora lì
Le macerie
E tu sei ancora qui
In bilico fra travi
Spezzate
Ho fatto balzi per coprire
Le nostre distanze
Ma stavolta no
Sono caduto
Semplicemente
A mio agio
Tra asperità familiari
Che abbracciano e pungono
Dolore e conforto
Le macerie di ieri
Riconosco
Ma mai sono pronto
Per le macerie
Domani.

 

 

 
Tornare a galla nell’acqua passata
Mi crogiolo col tuo ricordo
Nel tuo ricordo
Dovrei impazzire
In costante tensione emotiva
Nel tuo ricordo
Mi perdo in un momento
La fuga ha il rumore
Rosa
Della bassa marea
Niente cambia
Solo i passi davanti a te
E la schiuma che li cancella
Si fa sempre più arida

 

 

 
Sei l’ultimo sogno della mia anima
Incompreso
Come tutti gli altri
Che si affollano
Alla malora
In questa casa
Di catene
Muti all’unisono
Condannati
Lo scudo della speranza si è infranto
Senza onore
Senza pudore
Prosciugato delle forze
La china è
Definitivamente
Improponibile
L’anima smette di sognare
E giace
Impassibile
In questa casa di catene.

 

 

 
I sogni non sono più
Neanche sul cuscino
Forse atteso
Attendo
E la lastricata strada
Di luce polverosa
Ingoio
E attendo
Come il sogno di
Un ubriaco barcollo
Nella franchezza del giorno
Nell’autoeliminazione
Commiserazione
Non è la parola giusta
Ma è la prima che viene in mente
Si distende con lascivia
La strada sui colli
Come carezze
La strada degli ignavi
Capace di mentire
Alla sua stessa
Direzione
Dove vado non lo sapevo
Dove sono arrivato
Meglio non saperlo.

 

 

 
Di nuovo la penombra
Socchiude i miei occhi
Per una strana
Composizione da pittore
Due lune
Solcano la mia attesa
Dormono le bugie
Il pensiero si allunga
O forse
Il sogno si dilunga
In quell’infinita
Preghiera di naufragio
Doppia la luna
Sostengo due ombre
Insicura
La loro simmetria
Mi costringe
In una tesa inerzia
Nessun movimento
Mi è precluso
Ma ogni tentativo
Lacera
I contorni della scena
Con ineludibile sensibilità
Confuso mi rivolgo
Alla luna
E all’ombra
Che ora si danno la mano
E il loro tocco
È il mio
E il loro respiro
È il mio
E il loro senso
È il mio
E la loro unione
Sono io
Luce e
Ombra.