Angela Scarfì - Poesie

QUINTE

Le quinte
di giugno
odorano
di ossessione,
una mistura
di fluidi corporei,
sangue
e lacrime
versate
in nome
di un deus ex machina
assetato di sangue.
Nudi
prostrati
dinanzi a carnefici
cartacei.


 

SPETTATORI

 

Nella selva vellutata
gufi appollaiati
ignari
che una preda inerme
è vittima carnefice
salvatore salvato.
Una triade scrosciante
libera tutti
un volo
segna una presenza:
permanenza e abbandono.


POSIZIONE NEUTRA

Avvezzo alla solitudine
sordo
in ascolto
estraneo alla vita
marcia invisibile
passi senza ombre
ereditieri di squarci
declamando
cieco
le facce di una moltitudine
mascherata.


PERSONAE DI CARTA

Pagine scritte
con lame di legno.
Parole carnali
agite e
declamate.
Burattini
senza fili
senza sostanza
senza sogni.
Nessun cavallo
nessun regno
appese le cetre
senza applausi
cala il sipario.


L’OPERA

Senza scena
lontano dalle luci della ribalta
pose senza pubblico
lacrime commosse
non condivise
maschere abituali
indossate senza regole
rivoluzioni senza balli
opere senza applausi.


UN ALBERO

Per fare un albero
ci vuole forza
ci vuole coraggio
ci vuole fede.
Enormi braccia vissute
tese al cielo
si contorcono
non prive di spasmi
ansimando
per un raggio di sole
approvazione
e gratitudine.
L’autunno commosso
genera
la sofferenza della solitudine,
l’inverno
mi ha privato
dell’ispirazione.


ALFA PRIVATIVA

Si sta
come in una bolgia
calda
rumorosa
soffocante.
Invisibile
scanso i colpi
delle ombre
non rimarrò imbrigliata
tra le corde
di invasate marionette
fisse
nei loro incerati
sorrisi.


VESTIZIONI

Non c’è niente
di sacrale
nel vendere l’anima,
nell’ecclissarsi.
Specchi
riflettono
immagini
sconosciute,
i piedi
nudi
non bastano
a compiere il rito.


DISILLUSIONI

Vecchio
cencioso
chino su sudate carte
prive di vita,
tende logore
presentano tarli
in cerca di
un autore.
Riposto il sogno
nell’inchiostro
resta
lo scricchiolio
di legno marcio.


IL VIAGGIO

Un carillon
lontano
suonava,
una ballerina
in punta di piedi
danzava
note nere
foriere di antichi presagi
bianche braccia
lontane dalle rive.
Poveri marinai,
senza remi
nell’arsura
tempestosa
ansimando
coraggiosi
nell’attesa
stantia
per un abbraccio.