Angelica Marinelli - Poesie

Occhiaie

 

Le tue occhiaie
scavate in profondità
somigliano così tanto alle mie
che la forma è uguale
il motivo… Chi lo sa.
Quando quelle mattine
ci guardavamo stanchi
e a turno
rispondevamo di no
non spiegandone mai la ragione
e la mia
a volte
era collegabile a te
perché mancavi troppo
per provare a prender sonno
e dormivo poco
e dormivo male
sempre con quella frivola speranza
di vederti arrivare
e tu dormivi poco
e tu dormivi male
sempre con quella assurda speranza
di non vedermi più tornare
ed ora che non tu arrivi più
ed ora che io non torno più
abbiamo lo stesso quelle occhiaie
che ci rovinano il viso
e che ci sussurrano
di chiudere gli occhi
di immaginarci lì
per prendere così sonno
e vivere così quel mortale morso.


 

Le Mille Vite Astratte

 

Quante vite vissute
senza indossarne i vestiti
o emetterne i respiri.
Ricordo
quando bevevo assenzio insieme a Charles
nemmeno fosse acqua
o quando ingerivo Coca
con Sigmund
parlando dei sogni
di qualche morto di speranza,
e quando ero a San Francisco
a scrivere ‘sti versi spicci
immersa nel verde
con l’odore dello smog intorno
mentre pensavo
che Quell’amore
non riuscirò ad archiviarlo mai.
Ricordo
la prima volta che dedicai
una canzone d’amore
e quando scrissi una poesia
mentre qualche scapestrato
sognava leggero nel mio letto
con i miei occhi
che si alternavano
tra il foglio
e il suo corpo quasi nudo
e poi ripenso
ai discorsi di chiusura
per i rapporti che ho mandato all’aria
con mille maledizioni
e mille “non ho più bisogno di te”
perché la mia anima
vive così bene
quando chiude rapporti necessari
che dopo un po’
diventano inevitabilmente vani
e in fine penso
penso
ai miei mille nomi
ai miei mille amori
ai miei infiniti peccati
mai veri
ma che sento così reali
nelle sere d’estate
nei giorni d’inverno
nei segreti annuali
e nei miei anni sprecati
dietro all’esistente suprema
immaginazione mia sublime
che prima o poi
mi farà impazzire.


 

L’Affermazione Che M’Avrebbe Salvata

 

Guardo i miei giorni
scolorire
giorno e notte
notte e giorno
diventare cupi come ‘sto cielo
che non ci regala un po’ d’azzurro
ormai da settimane,
i miei giorni cupi
sono dettati dalla tua incostante presenza
e il cielo sbiadito
dettato dalla tua mancanza
di poter cullare le nostre anime
finalmente unite e complementari.
Non so se il cielo può saperlo
non so se riesci a guardarlo
per pensarmi giusto un attimo
e non so nemmeno
se si è mai preso cura di Noi
ma lo vedo triste da settimane
forse si vuol rassegnare
alla nostra separazione infernale.
Se solo Dante potesse scriver di noi
ci paragonerebbe a Paolo e Francesca
e ci collocherebbe in qualche girone
e chissà quale pena brutale ci riserverebbe,
soffro al solo pensiero
eppure so che sopporterei
qualsiasi tortura eterna
pur di averti accanto,
il Maestro rimarrebbe sbalordito
dopo tale affermazione
ma egli sa cosa significhi
amare qualcuno
anche solo dopo un saluto
e forse mi grazierebbe
condannando comunque te
che mi fai tribolare sempre
e non mi dai mai pace
e non mi ami come vorresti
e come dovresti
ma non ti lascio solo
in mezzo al fuoco rovente,
che amore mortale
se riesci a farmi dire tali parole
quando dalla mia bocca
non è fuoriuscito mai vero amore
e che grandissimo infame
se ancora non riesci a dichiararmi amore.
Guarda il cielo
capiscine il dolore
che sono stufa di trascurarne il colore,
non paragonarmi mai a lui
anche se ho gli occhi uguali
perché l’immenso non ha eguali
ma ti paragono all’aria
perché io vivo in versi
e ti dico
che se tu non ci fossi
avrei le mani a pezzi
ma aspetta:
ho un livido enorme
sulla mano destra…
Eri appena andato via
e la porta
amplificava l’armonia del dolore,
evito il rancore
ma non farmi più del male
potresti risparmiarmelo
perché ti manca tanto così
dal dirmi un semplice e disperato
“sì”.


 

La Tua Vita Attraverso Me

 

E’ un enigma questo legame
quasi irrisolvibile
quasi intrigante
e quasi ai limiti della pazienza.
Stai male Tu
e sento io
le fitte allo stomaco,
ti procuri del male
e sono io a riportane i lividi,
eviti un sorriso
e sono io
a coprirne, proteggerne i motivi.
Eviti di guardarti l’anima
e sono io
a farlo al posto tuo
e parli tanto
comunicando a volte poco
e sono io
a trarne insegnamento
o a maturarne il rancore.
Ridi tu
e sono io
a riportarne i cambiamenti sul volto
e quando disegni
su un foglio spoglio
rendendolo capolavoro
sono io a sentirne i brividi
provocati dalla matita
perché fai le cose per conto tuo
parlando
con gli occhi
anche di me.
E’ un enigma assurdo
sentire mio
ogni tuo singolo
squarcio cicatrizzato,
sentire mio
ogni centilitro di sangue
che ti scorre nelle vene.
E’ un enigma assurdo
ai limiti del reale
ma è così disarmante
che quasi sento
i tuoi battiti cardiaci
pulsare nel mio cuore.


 

Nel Flusso Dell’Amore, Tu

 

La parola
“amore”,
il concetto che le appartiene,
la forma che nasconde,
non è mai stata speciale
come oggi.
Io lo percepivo il tuo sguardo,
io li guardavo i tuoi occhi
pieni di vita
e d’amore da dare,
da occultare,
da condividere.
Io lo guardavo il tuo sorriso,
io la guardavo la tua anima
e non era necessario
dichiarare niente
perché io sapevo già
e questo, tu, lo sapevi già
dalla prima volta
che m’hai sfiorato con gli occhi
lo sguardo
eppure non sapevo
che saresti diventato
fonte di vita primaria
e d’amore necessario.
I tuoi passi
sono l’anagramma dell’amore
e si muovono così soavemente con esso
perché l’amore
ti scorre in corpo
anche se
non so se
lui scorre in Te
o tu in Lui.


 

Lentamente Ti Dissolvi

 

La consapevolezza
di quell’amore eterno
che si annulla
così lentamente
e così lentamente
inizia a far meno male
nonostante
a volte
il Tuo nome
risuoni in qualche canzone
che De Andrè ha scritto
forse per noi
ma sono soltanto canzoni
scritte anni e anni fa
quando io e te
non esistevamo
neppure all’anagrafe
ed anche se parla di noi
ed anche se tu
ogni tanto
mi rimbombi
nelle quattro vene
non sei più reale
e questa consapevolezza
fa male
ma incomincio a saperci parlare
e ogni tanto
le confido
che non so più se t’amo
e lei ridacchia
ma io le sorrido
perché è solo un’immaginaria voce
ed il mio cervello
adesso
finalmente lo sa.


Pinocchio, consigliami tu

Sono intrattabile,
non mi vedi?
Forse no,
credo tu non riesca più a farlo
eppure mi guardi
confuso
non sapendo più
se è giusto che tu lo faccia
e non è mai stato corretto
guardarmi,
desiderarmi
con la lingua tra i denti
ma lo fai
da otto stagioni scarse
e ancora non sei sazio
e come fai ad esserlo
se non ci siamo mai
mai
mai
davvero sfiorati?
E’ tutto contraddittorio
oggettivamente condannabile
soggettivamente indispensabile,
dovrei allontanarti
e i miei amici continuano a suggerirmelo
perché sono il tuo burattino
ma non sono Pinocchio,
non mi trasformerò mai
mai
mai
in essere umano per te…
Sono il tuo burattino
hai tutti i fili
per muovermi
e lo fai con così tanta violenza
dentro
mi stupri il cervello
me lo fai sanguinare
me lo consumi
e non sai farne a meno
ma perché?
Rispondimi:
perché?
Non lo sai,
non lo so.
Non guardarmi
che sia confuso o concentrato
molla le redini del mio cervello
e non abusarne più,
lascia quei maledetti fili
e prova almeno a trasformarmi
in umano
ma tu non vuoi,
non so ribellarmi
anzi non voglio
perché il cervello non me lo stupri
me lo sfiori, me lo sfiori forte
e ci godo
e non è violenza
ma abuso di amore,
abuso di potere
e non si tratta di stupro
per noi si tratta di godere:
godi a vedermi
sotto le tue mani,
godo a vedermi tua
anche solo per un attimo.
Pinocchio
consigliami tu:
vale la pena diventare umano
o è meglio rimanere burattino?
Non rispondermi
la tua risposta intelligente
non coincide con il mio volere,
non coincide
non coinciderà forse mai
mai
mai.


 

Morte In Solitudine

Mi sembra
tutto così falso:
non trovo verità
in nessun volto
che mi attraversa,
che mi saluta,
che mi parla.
I miei amici
non si accorgono che soffro
e son giorni che mangio a dismisura,
che blocco lo sguardo
da un lato
e non lo muovo per minuti eterni,
che non parlo più di Lui.
A volte, amici miei,
penso:
forse è meglio non parlarne,
forse è meglio andarmene,
forse è meglio starmene là
in disparte
e vedervi da lontano:
perché non mi prendete la mano?
Io sto morendo,
amici miei,
io sto morendo…
Le vene intatte
e l’anima in fiamme
brucia
brucia
brucia
e nessuno mi porge dell’acqua.
Siete indifferenti
e vi capisco
perché lo sono anch’io
nei confronti del mio dolore,
siamo talmente uniti
che sarebbe assurdo separarci.
Io sto morendo
e l’unico che mi resta vicino
è il dolore,
morirò per lui
eppure è l’unico
che c’è sempre
perché nonostante mi mozzi la mano
prima me la stringe.
Me la stringe.
Me la stringi?


 

Stanchezza D’Amare Sola

Sono stufa
di parlare di Te
e ripetere “non fa niente”,
stufa di non sentirmi presente
durante questa notte incosciente.
Sono stufa
di squadrare volti altrui
alcuni anche dolorosi
e non trovarti mai,
stufa di aspettare
un tuo slancio di coraggio
che sappiamo entrambi
non arriverà mai.
Sono esausta
ma non so lasciarti andare
eppure tu
mi stai facendo correre altrove,
ne sento già il dolore
e credimi: fa un male mortale.
Ti lascerò andare
ma vivrai per sempre
in queste mani
oggi nuovamente colme di lividi
ed io vivrò per sempre
nei tuoi occhi
colmi di cose da dichiarare
ma preferisci occultare
ed io, oggi, preferisco
cercare altro
che neanche tra un millennio
potrà essere come un tuo sguardo
sempre presente
e sempre rinnegato.
Continuo ad amarti,
non scherzo
e ti amerò sempre
perché sei inciso sulla pelle
nemmeno fossi una cicatrice in più
che poi, forse,
lo sei pure tu.
E se fossi solamente
un’illusione così vicina
al punto di sfiorarla
ma appena afferrata,
mi scomparissi tra le dita?


Due Cicatrici Complementari

Il tuo cuore
non può gridare
il mio nome soave
che ti piace pensare di amare,
un bicchiere di vino
e queste parole non sarebbero più vane
perché ridendo
farei in modo di afferrarti l’anima
per donarla al vento
che la custodirà meglio
perché due cicatrici
non si annullano mai a vicenda
mai
o forse quasi mai.