Angelo Di Marco - Poesie

Desto il mio essere

 

Desto il mio essere

In questo nulla eterno

Inviolato

E

Talvolta intellegibile.


L’artigiano

 

Profumo selvaggio

Nella stanza buia

Dell’artigiano.

Fonde il metallo

Nel bollente giogo

E ormai liquido,

Pronto a divenir forma,

produce le sagome

di uomini uguali.

Con colori e arte

Diventano unici.

Si sveglia e

L’ombra del vuoto

Lo insegue.

Nell’identificar sé stesso

Non si accorse

Di essere solo

Nulla

Nel

Nulla.


Contemplazioni

Contemplo
L’avvenire
E
L’avvenuto passato.


 

Gioventù

 

 

Si nasconde

Il giovane uomo

E ride

E scherza

E beffeggia la vita

E non si dà vinto

Nell’eterna lotta

Tra essere e non essere.

 

Simile ad animale

Corre

E salta.


Incessantemente

 

Incessantemente

Il palpitio

Del mio cuore

Rintocca

Le ore del viver mio.

Allorchè

Il lieve alito freddo

Danzerà

Sulle mie membra,

il suon del vital tempo

s’arresterà.

Servo fedele

Del nulla eterno,

Io medesimo,

Sono

E

Sarò.


Cecità sensibile

 

Volti non veggio

E l’animo si spoglia

In un eterno danzar

Libero.


 

Riduco la mia essenza

In caduci versi

Come cenere al vento.

Professo la bontà

Alludendo al male

E battezzo la mia infamia

Con il nome di Poesia.

O lettori pensanti

Tacete nel leggere

Tali versi pieni d’ira

Diretti ad un mondo

Troppo ignaro.

Per comprendere.

Sventolate la bandiera

Del fier guerrier cortese.

Non lasciatevi prendere

Dal turbine pietoso

Della malvagia

Poiché è essa

A governare il mondo.

Non più terre

Inondate di sangue

In questo dì di terrore

Ma puro silenzio

Meschino

Di esseri ridotti all’osso.


Niente fu e niente sarà

 

Niente fu e niente sarà.

Bloccato rimasi

Tra le sue aggraziate membra

Quasi come Apollo

Getta le braccia al collo

Della sua amata Terra

Cercando invano di

Trattenerla a sé

Prima che Sera,

Avida adulatrice,

La persuada raccogliendola

Tra le proprie membra.  

 

Niente fu e niente sarà.

Perdetti il senno

A causa del suo illusorio amore.

O’Orlando

Che vagasti alla ricerca

Della tua amata

Senno non trovasti

Poiché Amore,

tacito ingannatore,

derise il tuo animo

calpestando

i tuoi sentimenti.

Niente fu e niente sarà.

Per l’ultima volta

Fissai i suoi occhi

Effimeri e splendenti

Come due stelle

Al brillare nel cielo notturno.

Godetti di quell’istante

Come fosse l’ultimo

Di una vita che

Sarebbe terminata

Nell’attimo in cui

Il suo sorriso

non avrebbe

Più invaso il mio spirito.


Vita

 

L’aire brumosa

Si inoltrò

Nei meandri del mio essere.

Nacqui e non me ne resi conto.

 

Dolce meraviglia fu,

inaspettata,

silenziosa

quasi come un rapido bagliore

di luce in una giornata

di nascosto Sole.

 

Non subito mi conobbi.

Udii un pianto,

provocato da quell’aspra

sensazione di dolore

che affliggeva la mia anima

provenire dal mio petto

e gettarsi fuori dalla mia

puerile bocca.

 

Per la prima volta

Mondo mi si presentò

Davanti agli occhi

Con una tale bellezza

Che estasiato rimasi

Di fronte a cotanto splendore.

 

Mi abbandonai tra le sue braccia

Come una foglia

Cadente da un albero

Si lascia raccogliere da

Signora Terra.

 

Le sue bionde trecce stanche

Brillavano nei mie occhi

E le sue dolci mani

Accarezzavano il mio

Roseo volto.

Codesto mondo che si aprì

Alla mia vista

Si nascose sotto le vesti

Di una donna

Che gioiose lacrime

Lasciò cadere sul suo volto.

 

In quell’esatto momento

Conobbi un sentimento

Dentro di me

Che mi colorò l’anima

Di sfumature ignote

Ma al contempo meravigliose.

 

Amore mi diede alla luce.

Lieto fui

Come mai lo sarei stato.


Vagheggiar pensando

 

Nell’eterno vagheggiar

Tra i miei pensieri

Si ravvivò nella mia mente

Il suon dell’aura che

Nell’aire serena di quel dì agostano

Echeggiava.

 

Senza indugio

Rimembrai con estremo gaudio

Il sentimento di felicità effimera

Che s’impadronì del mio cuore

E di ogni singola parte del mio animo.

 

La purezza del cielo

Mostratasi alla mia mente

Mi rese evidente

L’immagine dei suoi occhi,

Incantevoli.

 

Smeraldi splendenti

Furono

Un eterno morire

e rinascere

Che non mi rese mai libero.

 

Prigioniero della sua bellezza

E dell’amore che

dentro di me nutrivo

Divenni pazzo.

 

Niente riuscì a guarire

Il mio malessere incontrollato

Se non le sue armoniose labbra

E i suoi candidi occhi.

 

Ah inguaribile Amore,

Perché ti prendesti gioco

Di ciò che fu

e di ciò che mai sarà?

Pace non trovo

Per tale fallĕre.

 

Il suon dell’aura divenne

Sempre più lieve

E il suo volto più nitido.

Non mi rimase che l’oblio,

il vuoto più assoluto

padrone della mia mente

e custode dei miei pensieri.

 

Tornai a vagheggiar pensando

A ciò che da tutto divenne niente.