Desto il mio essere
Desto il mio essere
In questo nulla eterno
Inviolato
E
Talvolta intellegibile.
L’artigiano
Profumo selvaggio
Nella stanza buia
Dell’artigiano.
Fonde il metallo
Nel bollente giogo
E ormai liquido,
Pronto a divenir forma,
produce le sagome
di uomini uguali.
Con colori e arte
Diventano unici.
Si sveglia e
L’ombra del vuoto
Lo insegue.
Nell’identificar sé stesso
Non si accorse
Di essere solo
Nulla
Nel
Nulla.
Contemplazioni
Contemplo
L’avvenire
E
L’avvenuto passato.
Gioventù
Si nasconde
Il giovane uomo
E ride
E scherza
E beffeggia la vita
E non si dà vinto
Nell’eterna lotta
Tra essere e non essere.
Simile ad animale
Corre
E salta.
Incessantemente
Incessantemente
Il palpitio
Del mio cuore
Rintocca
Le ore del viver mio.
Allorchè
Il lieve alito freddo
Danzerà
Sulle mie membra,
il suon del vital tempo
s’arresterà.
Servo fedele
Del nulla eterno,
Io medesimo,
Sono
E
Sarò.
Cecità sensibile
Volti non veggio
E l’animo si spoglia
In un eterno danzar
Libero.
Riduco la mia essenza
In caduci versi
Come cenere al vento.
Professo la bontà
Alludendo al male
E battezzo la mia infamia
Con il nome di Poesia.
O lettori pensanti
Tacete nel leggere
Tali versi pieni d’ira
Diretti ad un mondo
Troppo ignaro.
Per comprendere.
Sventolate la bandiera
Del fier guerrier cortese.
Non lasciatevi prendere
Dal turbine pietoso
Della malvagia
Poiché è essa
A governare il mondo.
Non più terre
Inondate di sangue
In questo dì di terrore
Ma puro silenzio
Meschino
Di esseri ridotti all’osso.
Niente fu e niente sarà
Niente fu e niente sarà.
Bloccato rimasi
Tra le sue aggraziate membra
Quasi come Apollo
Getta le braccia al collo
Della sua amata Terra
Cercando invano di
Trattenerla a sé
Prima che Sera,
Avida adulatrice,
La persuada raccogliendola
Tra le proprie membra.
Niente fu e niente sarà.
Perdetti il senno
A causa del suo illusorio amore.
O’Orlando
Che vagasti alla ricerca
Della tua amata
Senno non trovasti
Poiché Amore,
tacito ingannatore,
derise il tuo animo
calpestando
i tuoi sentimenti.
Niente fu e niente sarà.
Per l’ultima volta
Fissai i suoi occhi
Effimeri e splendenti
Come due stelle
Al brillare nel cielo notturno.
Godetti di quell’istante
Come fosse l’ultimo
Di una vita che
Sarebbe terminata
Nell’attimo in cui
Il suo sorriso
non avrebbe
Più invaso il mio spirito.
Vita
L’aire brumosa
Si inoltrò
Nei meandri del mio essere.
Nacqui e non me ne resi conto.
Dolce meraviglia fu,
inaspettata,
silenziosa
quasi come un rapido bagliore
di luce in una giornata
di nascosto Sole.
Non subito mi conobbi.
Udii un pianto,
provocato da quell’aspra
sensazione di dolore
che affliggeva la mia anima
provenire dal mio petto
e gettarsi fuori dalla mia
puerile bocca.
Per la prima volta
Mondo mi si presentò
Davanti agli occhi
Con una tale bellezza
Che estasiato rimasi
Di fronte a cotanto splendore.
Mi abbandonai tra le sue braccia
Come una foglia
Cadente da un albero
Si lascia raccogliere da
Signora Terra.
Le sue bionde trecce stanche
Brillavano nei mie occhi
E le sue dolci mani
Accarezzavano il mio
Roseo volto.
Codesto mondo che si aprì
Alla mia vista
Si nascose sotto le vesti
Di una donna
Che gioiose lacrime
Lasciò cadere sul suo volto.
In quell’esatto momento
Conobbi un sentimento
Dentro di me
Che mi colorò l’anima
Di sfumature ignote
Ma al contempo meravigliose.
Amore mi diede alla luce.
Lieto fui
Come mai lo sarei stato.
Vagheggiar pensando
Nell’eterno vagheggiar
Tra i miei pensieri
Si ravvivò nella mia mente
Il suon dell’aura che
Nell’aire serena di quel dì agostano
Echeggiava.
Senza indugio
Rimembrai con estremo gaudio
Il sentimento di felicità effimera
Che s’impadronì del mio cuore
E di ogni singola parte del mio animo.
La purezza del cielo
Mostratasi alla mia mente
Mi rese evidente
L’immagine dei suoi occhi,
Incantevoli.
Smeraldi splendenti
Furono
Un eterno morire
e rinascere
Che non mi rese mai libero.
Prigioniero della sua bellezza
E dell’amore che
dentro di me nutrivo
Divenni pazzo.
Niente riuscì a guarire
Il mio malessere incontrollato
Se non le sue armoniose labbra
E i suoi candidi occhi.
Ah inguaribile Amore,
Perché ti prendesti gioco
Di ciò che fu
e di ciò che mai sarà?
Pace non trovo
Per tale fallĕre.
Il suon dell’aura divenne
Sempre più lieve
E il suo volto più nitido.
Non mi rimase che l’oblio,
il vuoto più assoluto
padrone della mia mente
e custode dei miei pensieri.
Tornai a vagheggiar pensando
A ciò che da tutto divenne niente.