Annita Pozzani

Poesie


Non voglio

Non voglio più combattere
battaglie non mie,
non mi va giù di sorridere
davanti a ipocrisie,
non ci sto più
a fingere di stare al gioco,
non posso più rischiare,
scherzando col fuoco.
Voglio poter avere la vita
Che mi spetta,
senza sentirmi dire:
“Hai voluto la bicicletta?”
Non voglio temere di fare
La fine di un pollo!
Voglio poter vivere senza
Fiato sul collo,
rilassarmi restando un’ora in ammollo.
Questa volta non mi piego,
non mi adeguo,
non mollo.

 


 

Poeta, la tua voce

La tua voce
è un alito di vento
caldo
che mi sfiora il viso
La tua voce
è un sussurro di mare
calmo
che mi rinfresca la pelle
La tua voce
è suono d’arpa
melodico
che m’accarezza l’orecchio
La tua voce
è morbida seta
preziosa
che m’avvolge il cuore
La tua voce
è fiamma di cero
profumato
che mi riscalda l’anima.
Poeta
la tua voce
è espressione di Dio.

 


 

Un coraggio da leoni

(Racconto per bambini di scuola primaria)

Nel villaggio Zimbadù, viveva una tribù di gente pacifica, dove una legge non scritta, ma tramandata a voce di padre in figlio, stabiliva compiti e ruoli di ciascun abitante del villaggio. Un personaggio molto importante per la sopravvivenza della popolazione era lo stregone Gadura. Dovete sapere che tra gli Zimbaduesi era usanza avere un capo-villaggio aiutato da tre stregoni, ciascuno specializzato in un settore. Gadura era capace di comandare agli animali feroci. Degli altri due stregoni, Factaro si occupava di preparare pozioni e medicamenti per curare le malattie e Teschilo comunicava con gli spiriti degli antenati.  Con Gadura a vigilare che nessun animale feroce facesse loro del male, gli zimbaduesi dormivano sonni tranquilli, ma un brutto giorno… Lo stregone Gadura si ammalò di una sconosciuta malattia che lo obbligava a stare steso sul suo pagliericcio, senza avere la forza né di alzarsi, né di parlare. Subito venne chiamato Factaro, per vedere se, con le sue erbe e pozioni, riuscisse a curare Gadura. Niente da fare, appena l’ammalato inghiottiva una medicina, la vomitava e nulla sembrava avere effetto. Allora chiamarono Teschilo, affinché interrogasse gli spiriti degli antenati per avere un suggerimento su come intervenire. L’unica cosa che Teschilo ottenne fu la notizia che un leone feroce e molto affamato si stava avvicinando al villaggio e che se non l’avessero  fermato in qualche modo, molti abitanti avrebbero fatto una brutta fine. Mazimbù, il capo-tribù, convocò immediatamente una riunione con i saggi del villaggio, ossia gli anziani capi-famiglia. Il problema principale consisteva nel fatto che loro, essendo molto pacifici, e avendo sempre contato sulla protezione dello stregone Gadura, non avevano mai combattuto, né affrontato belve feroci. Discuti, discuti, a un certo punto il saggio più anziano ebbe un’idea: “E se noi chiedessimo a Factaro di preparare una pozione speciale da dare in pasto al leone per farlo addormentare?”, “Bella idea!” esclamò il capo Mazimbù “Ma come faremo per fargliela inghiottire?” . L’anziano saggio disse: “Gli spiriti degli avi hanno detto che il leone è molto affamato, allora sacrificheremo un capretto preparandolo sul suo percorso, ma naturalmente sarà un capretto spalmato della pozione speciale”. “Mi sembra un ottimo piano” intervenne il più giovane dei saggi “Però dobbiamo trovare uno con un “coraggio da leoni”, che vada a posizionare il capretto sulla strada della belva, qualcuno di voi se la sente di farlo?”. In quel momento Teschilo, che era presente alla riunione, si mise a dimenarsi e a cantare una strana cantilena per interrogare gli spiriti; terminato il suo rituale disse: “Lo farò io, gli spiriti degli avi mi hanno concesso la loro protezione, non mi accadrà nulla e il villaggio sarà salvo.” Subito dopo il medico-stregone preparò il magico intruglio; venne poi prelevato un capretto dal recinto, per prepararlo come pasto per il leone. Il sole stava tramontando e iniziarono a sentirsi i ruggiti della fiera in avvicinamento. Tutti gli abitanti di Zimbadù se ne stavano chiusi nelle loro capanne, tremanti di paura. Teschilo, ascoltando da dove provenivano i ruggiti, capì dove posizionare il capretto, poi si allontanò con cautela, rimanendo a guardare la scena nascosto tra i rami di un albero,  con una lancia in mano, sperando in cuor suo di non doverla usare. La luna si stava alzando in cielo quando arrivò il leone che si avventò subito sulla facile preda, divorandola in pochi attimi. Teschilo osservava il tutto trattenendo il respiro, il cuore gli batteva così forte da temere che anche il leone ne sentisse il battito. Ma gli spiriti non avevano mentito: tutto andò bene dato che il leone, dopo il pasto speciale, fu preso da improvvisa sonnolenza e si allontanò barcollante, addormentandosi profondamente dentro a una buca ai piedi di un albero. Vedendo tornare Teschilo, tutti tirarono un sospiro di sollievo e andarono a dormire sereni, ringraziando il cielo. Solo due persone non stavano dormendo quella notte: il povero Gadura e lo stregone Factaro che non riusciva a capire cosa non funzionasse nelle sue medicine. Il medico stregone, a un certo punto ebbe un’intuizione: cominciò a ispezionare attentamente il corpo di Gadura finché alla base della nuca, nascosto tra i capelli, trovò un insetto di una specie mai vista prima, simile a una zecca. Factaro capì che doveva essere quella la causa della malattia: staccò con cautela l’insetto e praticò una piccola incisione sulla pelle per far uscire, il più possibile, il veleno dell’insetto; poi applicò sulla ferita una  pomata a base di erbe speciali e, dopo un po’ vide che il suo amico cominciava a riprendersi. Per dargli più forza gli fece bere un decotto rinvigorente e in breve tempo Gadura tornò quello di prima. Finalmente tutti nel villaggio potevano dormire sonni tranquilli, compreso il leone.

“In the village
The peaceful village
The lion sleeps tonight
In the village
The peaceful village
The lion sleeps tonight…”