Antonella Franzin - Poesie

Alba

Un gatto mi ha svegliato.
Fuori, le gemme nuove
Dentro, il crepitio del cuore
Intorno, la silenziosa melodia
Della Vita

 


 

Il pennello

Il pennello corre
Sulla tela della memoria
E una nuvola
Che si credeva inosservata
Riscopre la sua ombra
Intatta, come se non fosse
Mai stata ancorata
Alla luna (nella notte)
E veleggiasse ancora nel turchino

 


 

Soffio

E’ un soffio
Che pervade la distanza.
Il sogno del tuo pensiero
Sboccia in questo momento
E quando raggiunge la meta
Lo sai
Perché hai già mandato
Una piuma di gioia
A raggiungerlo

 


 

Luci

Sono luci,
piccole fiamme
che, nascoste tra i boschi,
attraggono senza intento
e, cangianti e silenti,
fanno ardere di colori e sfumature
fili di pensieri,
come caleidoscopiche
armonie di pensieri

 


 

Punta di Stella

Con la punta delle stelle
Scriverò sul soffice cielo
Della mia anima
Più indomita

 


 

Problema tecnico

La mia storia col tumore, in realtà, affonda le sue radici nell’adolescenza. Infatti, è da quell’età che ho coscienza di questa malattia, perché uno dei migliori amici di famiglia dei miei genitori muore per un tumore al cervello.
Pochi anni dopo, si ammala la moglie, l’amica di mia mamma, che io da sempre ho chiamato zia, di tumore al seno, purtroppo morirà una decina di anni dopo.
Nel frattempo altri familiari subiscono il medesimo destino.
Anzi, in realtà, ancora prima della mia nascita, questo male si era portato via mia nonna materna in circa una decina d’anni.
Questa è la base su cui si è inserita la mia scoperta casuale di un nodulo non proprio piccolissimo al centro del mio seno sinistro, sotto l’aureola, nel giugno del 2017.
Quando passando la mano, dopo la doccia, sul seno, ero sdraiata sul letto, ho sentito la noce dura, tondeggiante e non mobile, ho pensato: “E questo che diavolo e’?!? Dandomi subito la risposta.
Il tempo si è fermato qualche secondo.
Primo pensiero: devo urgentemente fare un controllo.
Secondo: dopo il saggio di mia nipote.
Non ho detto niente a nessuno, fino a dopo il saggio, non volevo pensieri tristi turbassero i bei ricordi di mia nipote e dei suoi genitori. Era solo qualche giorno.
Tre giorni dopo lo accenno alla mia migliore amica, che concorda con me per un controllo immediato.
La mia ginecologa non sembra preoccupata, mi dà appuntamento dopo una settimana. Ma io so dentro di me che è una cosa seria.
Dopo l’ecografia mi consiglia, per scrupolo, ma non sembrava convinta del tutto, di fare un’ecografia tridimensionale allo Ieo (che non avevo mai sentito nominare fino ad allora). Mi dice di stare tranquilla, perché anche se fosse qualcosa di maligno “a Milano abbiamo tutto ciò che serve per curarsi”.
Peccato che io non abito a Milano; nel senso che vi sono nata, vi ho risieduto per 35 anni, vi lavoro, ma da qualche anno risiedo in provincia di Bergamo.
In ogni caso le mie azioni sono immediate e lucide.
Inizio ad accennare cosa sta succedendo a mio fratello. Prenoto immediatamente, durante la strada di ritorno a casa, una ecografia allo Ieo di via San Luca.
Due giorni dopo sono lì, sempre con la migliore amica (una delle due, in realtà), col caldo dell’asfalto che uccideva.
L’ecografa è stata bravissima. Mi ha detto che vedeva una lesione che era da analizzare perché molto probabilmente da togliere al più presto in quanto potenzialmente non benigna e anche un paio di linfonodi sotto l’ascella non chiari.
“”Bene”. Lo sapevo che sarebbe successo”. Penso.
Lei rimane stupita della mia reazione tranquilla. Mi suggerisce una visita con un senologo per poi vedere il da farsi.
Io chiedo se sia possibile farlo in giornata, anche privatamente, altrimenti la notte mi sarebbe stato impossibile dormire.
Privatamente potevo farlo. La mia amica ha anticipato i soldi. Dopo un’ora faccio la visita con il senologo, un uomo gentile, preparato, che mi parla in tono rassicurante.
Entra la mia amica per il responso. Probabilmente è un tumore, ma devo fare una biopsia per capirne la natura. Me la fissa lui e anche l’appuntamento con l’oncologa, però in via Ripamonti, dove l’ecografa mi aveva già detto che potevo usufruire della sanità pubblica.
Qualche giorno dopo faccio la biopsia. L’esame più specifico ed importante per capire la tipologia del tumore e fare le cure più appropriate è a pagamento. Ancora una volta la mia amica è lì, presente e di supporto.
L’esame è fastidioso e un po’ lungo…finalmente quando esco scoppio a piangere… non tanto per l’esame in sé ma perché mi rendo conto che è l’inizio del tutto… se tutto fosse andato per il meglio anni di esami, cure invalidanti, controlli, conseguenze fisiche e non solo… proprio no, non volevo!
E (questo è uno dei pensieri che ho dovuto imparare a cambiare sulla mia pelle) anni di sofferenze che le persone che mi volevano bene.
Non potevo, non volevo permetterlo.
Dovevo riuscire a fare in modo che mio fratello, mio padre, i miei nipoti e le persone che mi volevano bene non soffrissero per causa mia. A tutti i costi.
Ero allenata in questo. Sono sempre stata il punto di riferimento per mia madre, in ogni esperienza tremendamente difficile che abbiamo passato.
Non avevo paura del tumore. Ma del contorno.
Ho resistito bene all’operazione e dopo, fino a circa metà chemio del primo tipo.
Continuavo a fare come niente fosse, soprattutto con mio padre e i miei nipoti.
Avevo paura che mio padre non reggesse il colpo e non volevo che i miei nipotini crescessero di colpo per colpa mia.
La perdita dei capelli è stata la goccia che ha innestato il mio crollo psicologico. Odiavo la parrucca, pagatami dall’altra mia amica, che nel frattempo avevo messo a conoscenza e mi stava vicino, anche se non sempre in presenza, ma sapevo che era sempre con me.
Sono riuscita ad andare alla cresima della mia prima nipote e fare finta di niente con la mia parrucca odiosa.
L’inizio del crollo ormai era evidente.
Non riuscivo più a pensare, a razionalizzare perché avevo troppi pensieri che combattevano con la mia scarsissima forza fisica.
Avevo paura di perdere il lavoro, che mio padre impazzisse dal dolore, che i miei cuccioli venissero a sapere che ero malata in modo serio, non riuscivo più controllare la paura di non riuscire ad uscire dal tunnel che mi stringeva la gola e i pensieri.
Era troppo lungo il tempo delle cure davanti a me e non sapevo come fare ad andare a Treviglio a fare la radio tutti i giorni per 6 settimane… volevo riprendere la mia vita di lavoro, piccole cose, visite ai miei cuccioli…
Una telefonata di mia cognata ha scalfito la mia resistenza nel non voler disturbare nessuno… è intervenuto mio fratello (l’unico che poteva avere successo), una psichiatra e un po’ di tempo e pazienza.
Io sono stata fortunata, perché ho avuto familiari, amici, colleghi, conoscenti che mi sono stati vicini.
Stavo per fondere per tutti i pensieri e le convinzioni instillate dai miei (anche se a fin di bene) e da questa società…oltre al mio carattere severissimo con me stessa.
Mi imbarazzava il fatto che non riuscivo a decidere come vestirmi, che non ero più all’altezza della situazione, che avevo bisogno di aiuto, che non ero nei clicet della società.
Quanto stavo perdendo per un mucchio di idee standardizzate e inutili!
Ormai sono già cinque anni da quando ho scoperto il tumore.
Ringraziando il cielo le cure in questi anni sono migliorate in maniera strabiliante.
Sono sempre in follow up, ma la mia vita è ripresa.
Sono ancora seguita dalla psichiatra e prendo i farmaci che mi hanno permesso di stare bene.
Una cosa è sicura. Ovviamente era meglio non incontrare il tumore, ma ora riesco a vedere molte cose sotto un’altra prospettiva.
Ho capito che anche pelata, sono sempre io.
Che se chiedo aiuto non muore nessuno.
Che io sono importante esattamente come gli altri.
Che se penso anche a quello che fa piacere a me non sono una brutta persona…soprattutto adesso più ci penso meglio è. Che non vuol dire essere egoisti, anzi, magari riuscire ad essere migliori anche con gli altri.
A volte la vita può essere una vera schifezza, ma ogni giorno val la pena di darle la possibilità di dimostrarci che non è sempre così, e che cose molto semplici, come un sorriso, un tramonto o una canzone sono la vera felicità di questa vita.